L'azienda sta anche cominciando con limitati quantitativi dalla Sicilia, benché i tempi per una piena maturazione del prodotto siano ancora da venire: "Secondo me servirebbero almeno 15 giorni ancora; purtroppo molti s'improvvisano coltivatori di melone e tendono a raccogliere un prodotto immaturo, immettendolo poi su un mercato senza alcuna programmazione, per venderlo non si sa a chi".
Don Camillo lavora da anni con partner siciliani di fiducia, come l'azienda Candiano, ma per il controstagione ha scelto, dopo accurate indagini, le forniture dal Senegal. E il mercato sta accogliendo positivamente il prodotto, di elevata qualità e gusto: "Complici anche temperature già estive - testimonia Ettore - i consumi sono stati anche superiori rispetto allo stesso periodo del 2015, con prezzi in linea rispetto all'anno scorso".
Per quanto attiene ai trapianti delle produzioni italiane di melone, si registra al momento un anticipo di 7-10 giorni; se esso sarà mantenuto, però, dipenderà strettamente dalle condizioni meteo dei prossimi mesi. "La cosa positiva - sottolinea Ettore - è che non abbiamo avuto troppa umidità e dunque anche la pressione da parte delle fitopatia sembra al momento bassa; sempre clima permettendo".
Ottima accoglienza, poi, per i programmi di fornitura relativi al Melone Mantovano IGP, ora che l'OP lombarda ha recentemente aderito al Consorzio di Tutela : "Abbiamo riscontrato molto entusiasmo da parte di alcuni gruppi distributivi, che vedono nell'IGP un modo efficace per connotare e caratterizzare l'offerta di melone italiano".
Migliaia di ettari senza programmazione
Sebbene dunque ci siano tutte le premesse per un'impostazione positiva della campagna meloni, il presidente della Don Camillo mette in guardia il settore dal suo vero tallone d'Achille: "In Italia si contano almeno 18mila ettari coltivati a melone, di cui però almeno 8mila senza programmazione. Con ciò voglio dire che si tratta di produzioni altamente frammentate e fuori controllo, che costituiscono la vera debolezza del settore e rendono il melone più fragile perfino rispetto alle produzioni destinate alla trasformazione industriale, come il pomodoro".

"In paesi più lontani da noi, come la Costa Rica, solo l'anno scorso 14mila ettari di melone erano gestiti da 17 imprese; oggi la medesima superficie è controllata da 9 aziende... loro ci sono riusciti a organizzarsi meglio, noi ancora no! Poi ci lamentiamo della Spagna... ma se il mondo italiano del melone non si parla, è chiaro che non abbiamo modo di competere".
Ettore Cagna conclude invitando gli operatori al dialogo: "Questa è la mia visione e il mio parere sulla situazione. Con ciò non voglio certo imporre la mia idea ad altri. Lancio però un appello al confronto; se lo desiderate, risponderò a chiunque vorrà mettersi in contatto e interpellarmi".

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