Come si legge da una sintesi del Rapporto 2016 delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche mondiali, l'acqua costituisce una componente essenziale delle economie nazionali e locali, oltre a essere necessaria per creare e mantenere posti di lavoro in tutti i settori dell'economia. La metà della forza lavoro a livello mondiale è occupata in otto settori industriali strettamente dipendenti dall'acqua e dalle risorse naturali: agricoltura, settore forestale, pesca, energia, industria manifatturiera ad alta intensità di risorse, riciclaggio dei rifiuti, edilizia e trasporti.

Un intervento sul nesso acqua-lavoro, in particolare attraverso investimenti e politiche coordinate, costituisce quindi un prerequisito dello sviluppo sostenibile nei paesi industrializzati così come in quelli in via di sviluppo.
Il settore agricolo è il più grande utilizzatore di acqua. L'uso agricolo comprende sia l'irrigazione sia l'allevamento. L'agricoltura irrigua, in particolare, rappresenta la maggiore pressione sulla risorsa idrica in Italia, che è uno dei paesi europei che maggiormente fa ricorso all'irrigazione.
Secondo i dati Istat, nell'annata agraria 2012/13 l'irrigazione è stata effettuata dal 49% delle aziende agricole: 720.335 le aziende che irrigano una superficie di 2.917.649 ettari (+16,2% rispetto al 1982). La propensione regionale all'irrigazione è più elevata in Lombardia, con il 62,4% della SAU irrigata, seguono Veneto (53,4%) e Friuli-Venezia Giulia (50,6%). In Sardegna, di contro, si registra la minore propensione all'irrigazione, con solo il 5% della SAU irrigata.

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Per alcuni tipi di colture l'irrigazione completa praticata su tutta la superficie coltivata è un elemento distintivo. In altri l'irrigazione è di tipo supplementare ed è generalmente utilizzata per migliorare la produzione nei periodi secchi. Nel 28,5% dei casi la superficie irrigata è coltivata a mais da granella. I gruppi colturali più rappresentati sul complesso della superficie irrigata sono, inoltre, erbai e altre foraggere avvicendate (14,4%), colture ortive e piante ornamentali a piena aria (11%) e l'insieme di fruttiferi e agrumi (10,8%).
Acqua e occupazione nel settore agroalimentare
Il numero di occupati del settore agroalimentare è di difficile valutazione, poiché la produzione alimentare assume significati diversi secondo le tipologie di lavoratore. Solamente il 20% degli addetti all'agricoltura è considerato occupato come lavoratore salariato (World Bank, 2005), mentre tutti gli altri addetti sono considerati lavoratori autonomi o persone operanti in imprese familiari in circa 570 milioni di aziende agricole di tutto il mondo. I redditi delle aziende agricole e i salari dell'agricoltura rappresentano tra il 42% e il 75% del reddito rurale nei paesi a forte vocazione agricola e tra il 27% e il 48% nei paesi in via di trasformazione e di urbanizzazione (World Bank, 2007b).

La crescente pressione causata dall'aumento della domanda alimentare e dai cambiamenti climatici contribuirà ad aggravare le sfide relative al degrado delle terre, allo sviluppo industriale e all'ampliamento continuo delle città (IFPRI, s.d.). Il sostegno alle piccole aziende agricole prevalentemente a carattere familiare, ai pescatori e alle imprese della lavorazione alimentare potrebbe permettere di assorbire la crescente forza lavoro proveniente da aree rurali attraverso una migliore gestione della produzione ad alta intensità di lavoro, agevolando al contempo la transizione consistente nella progressiva uscita dal settore agricolo (Losch et al., 2012).
L'Africa sub-sahariana costituisce la principale priorità degli investimenti nelle risorse idriche e acquacoltura, poiché presenta i livelli più bassi di irrigazione del settore agricolo (appena il 5% delle superfici coltivate rispetto a oltre il 40% in Asia e a una media globale leggermente superiore al 20%), mentre appena un terzo del potenziale di irrigazione della regione viene effettivamente sfruttato (FAO/WWC, 2015).