Secondo Suglia, il convegno è risultato di notevole interesse, con aperture dei Sindacati nei confronti del ruolo e del valore che il settore agricolo esprime: "Abbiamo sentito parole di umanità e saggezza sul fatto che l'Italia presenta una realtà agricola ricca e variegata e che i casi di caporalato rischiano di compromettere settori nobili".
Tra le raccomandazioni indicate durante il Forum per contrastare il caporalato in agricoltura, vi sono le seguenti:
- Introdurre dei meccanismi di premialità per le aziende che operano nella legalità, escludendo dalla competizione le imprese "non certificate".
- Istituire un registro dei trasportatori (istituito presso un organismo pubblico, come la Prefettura o la Direzione territoriale del Lavoro) con precise garanzie, legate alla onorabilità e alla assenza di condanne per reati correlati alla materia del lavoro, e con l'obbligo di comunicare, a cadenze mensili il numero dei lavoratori trasportati e i fondi presso cui gli stessi hanno operato.
- Gestire con più attenzione gli ingressi per lavoro stagionale e, soprattutto, prima del rilascio del nulla osta effettuare, anche avvalendosi degli organi di vigilanza, ulteriori accertamenti sulle effettive necessità dei datori di lavoro.
- Rendere fruibili gli incentivi economici per gli imprenditori agricoli che utilizzano i contratti di lavoro in somministrazione al fine di aumentare le tutele per i lavoratori e mitigare i fenomeni elusivi e le pratiche illegali che caratterizzano in larga parte il lavoro nei campi, soprattutto nel Mezzogiorno.

Pur plaudendo ai numerosi tentativi di riscrittura della Pac-Politica agricola comunitaria, ai fenomeni di sviluppo dell'aggregazione e, infine, alle sanzioni previste dall'art. 62, Odorizzi è del parere che: "Nulla servirà, se non si risolve il problema delle differenze tra costi orari dei lavoratori europei".
Presente al Forum anche l'imprenditore pugliese operante nel settore dell'uva da tavola Giuseppe Liturri, il quale ha preso la parola durante l'assemblea per esprimere il proprio punto di vista: "I requisiti per definire legalmente ed eticamente in regola un'impresa devono trovare un punto intermedio di equilibrio. I mercati ortofrutticoli, infatti, sono contesti di competizione aperta, dove però la forbice esistente nel costo della manodopera può andare dai 50-70 euro/giorno qui da noi, ai soli 6 euro/giorno dei paesi nordafricani. Per fare solo il caso dell'uva da tavola, dietro ogni tonnellata di frutta ci sono 8-10 giornate/uomo di manodopera (che comprendono il lavoro necessario per tutte le fasi colturali dell'uva, dalla potatura invernale fino alla raccolta e confezionamento.)".

"Detto questo - conclude Liturri - è chiaro che nel settore agroalimentare italiano operano aziende di eccellenza, in grado di competere, nonostante il divario nei costi della manodopera rispetto ad altri paesi. Ciò significa che riescono a difendersi con le armi della qualità e della professionalità. Non possiamo però pretendere che tutte le piccole-medie imprese del settore abbiano le stesse possibilità di rimanere sul mercato a costi simili. Qui il Legislatore deve decidere: vogliamo recuperare taluni segmenti produttivi alla legalità o gettarli in galera?".