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Il cambiamento climatico: la sfida numero uno per i produttori di domani

I cambiamenti climatici sono una delle maggiori sfide per ogni produttore agricolo, melicoltori compresi. Ma cosa significa questo per i produttori dell'Alto Adige? e nel mondo? Dell'argomento si è parlato sabato 22 novembre 2014, all'Interpoma di Bolzano, durante la terza sessione del convegno internazionale "La Mela nel Mondo".

Reinhold Stainer, del centro per la Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, ha presentato la situazione altoatesina e come questa sia cambiata negli ultimi 40 anni.

Le temperature in Alto Adige
Dal 1965 al 2013 a Laimburg (221 metri su l livello del mare), dove si trova il centro di ricerca, il numero di ore annue di sole è cresciuto di 570 ore. Dal '65 la temperatura media annuale non è cresciuta tanto da essere percettibile, ma la situazione cambia se invece della media annuale si entra nel dettaglio mensile. Ad aprile le temperature medie sono cresciute di 1°C, ma se saliamo a Latsch (630 mslm), dal '73 al 2013 la temperatura media, sempre ad aprile, è salita di 3,6°C (in maggio +3,5°C). Da notare poi l'andamento delle temperature di notte: sempre a Latsch, dal '73 al 2013, la temperatura media notturna ad aprile è salita di 4,3°C (ad agosto lo stesso dato è di un aumento di 2,9°C), a Laimburg di appena 1°C. A Marienberg (1310 mslm) l'escursione termica è invece scesa di 2,3°C.

Da qui scaturisce logico il dato seguente, quello sulle giornate di fioritura: -13 a Laimburg e -12 a Latsch. Così in alta quota aumenta il rischio di danni da gelate tardive, mentre nel fondovalle tali situazioni sono più rare e a rischio ci sono invece le varietà a germogliamento precoce e quelle più suscettibili alla ruggine. Con temperature maggiori, poi, i singoli frutti sono di dimensioni maggiori, ma la colorazione è inferiore a causa delle alte temperature e della minore escursione termica tra il giorno e la notte.


Aumentano i casi di colorazione insufficiente (Presentazione: Stainer).

Sostanzialmente costante il numero di giornate di gelo, con temperature minime sotto lo 0, a Laimburg. Mentre è di -33 il numero di giornate di gelo (temperature massime sotto lo 0) a Latsch; lo stesso dato a Laimburg è di -2,7, dove il numero di giorni senza gelo è salito di 16. Inverni particolarmente miti comportano il diffondersi di malattie batteriche, microplasmi, cancro delle piante, maggiolini e afidi, oltre che portare a un maggiore esaurimento del suolo. La diffusione di insetti può inoltre determinare la propagazione di malattie.

Si veda anche la temperatura del suolo (a 20 cm da terra), che dal '79 al 2013 a Laimburg è cresciuta di 1,4°C, un dato che schizza a +2,3°C, +2,5°C e ben +3,5°C se consideriamo i soli aumenti registrati rispettivamente a ottobre, novembre e dicembre. L'aumento della temperatura del suolo porta a una lignificazione incompleta, a danni invernali alle parti della corona e all'aumento della crescita delle radici.

Altri dati interessanti presentati da Stainer sono il numero di giornate estive, tropicali e quelle di gelo e di ghiaccio. A Laimburg, dal '63 al 2013, il numero di giornate estive (con temperatura oltre i 25°C) è cresciuto di 38 giornate, mentre quelle tropicali (temperatura oltre i 30°C) sono salite di 38. A Latsch l'aumento è stato rispettivamente di 31 e 16 giornate.

Le radiazioni solari
Dati questi che vanno di pari passo con quelli relativi alle radiazioni solari: cresciute in media del 21% dal '77, del 20% se consideriamo solo luglio e del 17% limitatamente ad agosto. Questo ha portato al cambiamento dello spettro della luce: un aumento dalla componente UV-B porta alla "bruciatura" del frutto, all'ingiallimento delle foglie, a un aumento dell'evaporazione al suolo (e tutto quello che ne consegue, come i temporali), una maggiore fotosintesi.


Cresce pure l'impatto della ruggine (Presentazione: Stainer).

E se si parla di eventi estremi il primo pensiero va alla grandine. Nel '69 si coltivavano 15mila ettari, di questi 2mila (il 13%) venne colpito da grandine. Da allora al 2013 sono sì cresciuti gli ettari coltivati, arrivando a 18.500, ma sono altrettanto aumentati quelli grandinati: 3.800 ettari, ben il 20% del totale.

Le precipitazioni
Nel periodo 1965-2013 stabili a Laimburg le precipitazioni annuali, eppure il numero di giorni di pioggia è aumentato di 32. Questo in virtù di una diversa distribuzione delle precipitazioni: calano lievemente i mm di pioggia in primavera, mentre sono più marcate le piogge in inverno. Crescono in estate, così come, e pure di molto (+80mm), in autunno. La prima e più diretta conseguenza di questa nuova situazione è l'aumento delle malattie fungine. Da maggio a settembre infine l'evaporazione totale è cresciuta di 180mm.


L'aumento delle precipitazioni in autunno dal 1965 al 2013 (Presentazione: Stainer).

La risorsa acqua
Il tema delle precipitazioni ci porta a un altro aspetto collegato: quello delle riserve idriche a disposizione dei produttori. In Val Venosta il volume di ghiaccio nei ghiacciai è in rapida diminuzione e si stima che nel 2030 sarà la metà di quello del 2000. In media ogni anno i ghiacciai si ritirano di 1 metro e la fornitura di acqua risulta in calo.

Nella sua relazione Stainer ha posto l'accento sulla diminuzione di disponibilità di acqua e sul suo maggiore fabbisogno da parte delle piante alle prese con l'aumento delle temperature; di qui la necessità di un maggiore risparmio idrico (anche grazie a tecnologie migliori) e all'uso di colture che abbiano bisogno di meno acqua per vivere e crescere.


Nel 2030 i ghiacciai altoatesini saranno la metà di quelli del 2000 (Presentazione: Stainer).

Pure il ricercatore di Laimburg ha segnalato come sia possibile, data la situazione attuale, puntare a coltivazioni a quote ancora più elevate, in particolar modo per le ciliegie (fino a 1200 mslm) e per le drupacee in generale, perché richiedono meno ore di freddo e quindi il rischio di germinazione precoce negli inverni più caldi è minore.

Nel mondo
Il cambiamento climatico tuttavia non riguarda solo l'Alto Adige, bensì tutto il globo, come ha evidenziato nel suo intervento Jeffrey A. Andersen, del dipartimento di Geografia della Michigan State University (Stati Uniti). Difficile ad oggi dire quello che sarà il futuro, è tuttavia possibile fare delle previsioni più o meno probabili.

Pare una certezza che in futuro aumenteranno, sia in numero che in portata, i picchi di caldo, mentre al contempo diminuiranno quelli di freddo. Molto Probabile l'aumento della lunghezza, della frequenza e dell'intensità delle ondate di calore, così come crescerà il livello dei mari. E' ritenuto probabile l'aumento di precipitazioni pesanti e il loro rapporto rispetto a eventi di minore intensità.


Come sono aumentate le temperature nel mondo, dal 1901 al 2012 (Presentazione: Andersen).

Per Andersen questo avrà effetti diversi sulle produzioni, a seconda delle zone climatiche. Nelle aree temperate ci saranno meno giornate di gelo e la produzione tenderà a spostarsi verso i poli. Nelle zone subtropicali invece il rischio è che manchino le ore di freddo, portando a stress da calore e alla riduzione (se non alla mancanza) di sincronia tra la fioritura e gli impollinatori; pure crescerà la presenza di anidride carbonica, aumenterà il fabbisogno idrico, gli eventi meteorologici estremi e varierà la distribuzione dei parassiti. In queste zone il rischio è di una produzione agricola limitata o fortemente altalenante.


Come, si stima, aumenteranno le temperature. Clicca qui per vedere l'immagine ingrandita (Presentazione: Andersen).

La soluzione potrebbe arrivare, ha concluso il ricercatore, dallo sviluppo di cultivar ad hoc, dall'assicurazione delle produzioni, dall'uso di materiali per ridurre le temperature nei frutteti, da nuove tecniche e tecnologie di coltivazione e di controllo dei parassiti, così come dallo sviluppo di nuove metodiche per il sequestro di carbonio e azoto.