La mela, indiscussa protagonista delle tavole autunnali, possiede molte proprietà salutari note, tanto da essersi guadagnata un proverbio tutto per sé. Oggi un nuovo studio suggerisce che non solo mangiare una mela al giorno può tenere lontano il medico, ma anche il sovrappeso e l'obesità – con i suoi numerosi e seri disturbi associati.
Ad aver condotto questo nuovo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Food Chemistry, sono stati i ricercatori della Washington State University. Qui, la prof.ssa Giuliana Noratto – autore principale dello studio – e colleghi hanno per la prima volta valutato i composti presenti nella mele coltivate, in questo caso particolare, nel nord-ovest del Pacifico.
"Sappiamo che, in generale, le mele sono una buona fonte di questi composti non digeribili, ma ci sono differenze tra le varietà – ha spiegato la dott.ssa Noratto – I risultati di questo studio aiuteranno i consumatori a distinguere tra le varietà di mele che possono aiutare nella lotta contro l'obesità".
Tra le varietà di mele oggetto dello studio, che i ricercatori hanno valutato vi erano Granny Smith, Braeburn, Fuji, Gala, Golden Delicious, Red Delicious e McIntosh.
Tra le diverse varietà, quella che è risultata più efficace nel contrastare l'obesità, grazie alla più elevata presenza di composti non digeribili, è stata la Granny Smith – di colore tipico verde. Questi composti, hanno un'azione benefica sulla crescita di batteri buoni nel colon: il motivo principale, come detto, sono i composti non digeribili, tra cui fibre e polifenoli, e infine un basso contenuto di carboidrati disponibili. Nonostante il processo di masticazione, il passaggio negli acidi dello stomaco e gli enzimi digestivi, questi composti rimangono intatti quando raggiungono il colon. Una volta lì, fermentano grazie ai batteri nel colon – tutto questo favorisce la crescita di batteri nell'intestino.
"I composti non digeribili delle mele Granny Smith – sottolinea Noratto – hanno in realtà cambiato le proporzioni di batteri fecali provenienti da topi obesi facendoli divenire simili a quelli dei topi magri".
La scoperta, secondo gli scienziati, potrebbe aiutare a prevenire alcuni dei disturbi associati con l'obesità come l'infiammazione cronica che, tra gli altri, può portare al diabete. Questo deleterio processo avviene perché il saldo delle comunità batteriche nel colon delle persone obese è disturbato, fa notare la ricercatrice. Tutto ciò, infine, si traduce in sottoprodotti microbici che portano all'infiammazione e a disturbi metabolici associati con l'obesità.
Ristabilire un sano equilibrio dei batteri nel colon stabilizza i processi metabolici che influenzano l'infiammazione e la sensazione di pienezza, o sazietà. "Ciò che determina l'equilibrio di batteri nel nostro colon è il cibo che consumiamo", conclude Noratto.


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