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Crescono le esportazioni del made in Italy. La strada per il futuro e' segnata da innovazione e meccanizzazione

L'asparago protagonista del convegno anteprima di Macfrut

In attesa dell'apertura ufficiale di oggi, 24 settembre 2014, della fiera ortofrutticola Macfrut, ecco un piccolo antipasto, dedicato all'asparago. Ieri infatti si è svolto a Cesena il convegno "Asparago: una coltivazione che guarda al futuro".

"Era un po' che in Italia non parlavamo di asparago – ha esordito Luciano Trentini dell'Areflh e moderatore del convegno - ed era giunto il momento di farlo ora, soprattutto dopo un'annata positiva come questa."

Difatti questa è stata un'annata positiva per il prodotto italiano. La stagione è partita con una decina di giorni d'anticipo ma quand'è stato il momento di passare al prodotto di campo aperto, la stagione era invece in ritardo. Questo ha allungato la finestra commerciale ed evitato picchi di produzione, garantendo prezzi buoni e costanti.


Un momento del convegno. A sinistra, sul palco, Luciano Trentini dell'Areflh.

Non è però tutt'oro quel che luccica, perché, come ha spiegato Trentini, "questa coltivazione è una di quelle che hanno visto meno innovazioni", nel corso del tempo. Ma veniamo agli interventi del convegno.

Tutto sull'asparago mondiale
Primo relatore a salire sul palco è stato Tomas Bosi, del CSO, il quale ha fornito alcuni dati sulla situazione mondiale e italiana di questa orticola. "Nel mondo – ha spiegato Bosi - la produzione si concentra in tre aree principali: Europa, Asia e America, e qui leggasi soprattutto Messico e Perù. La coltivazione in Europa è sostanzialmente stabile da un decennio, mentre in America è in crescita, così come in Asia."


Tomas Bosi del CSO. Al convegno dedicato all'asparago ha presentato i dati italiani e mondiali di questa coltura.

In Asia, il 60% dell'asparago coltivato è bianco, il 70% della produzione viene destinata al consumo fresco e per il 70% risponde alla domanda interna. In Europa, invece, è il 70% della produzione ad essere costituita da asparago bianco, il 90% del totale va al consumo fresco e l'80% è per il consumo interno. In America è solo asparago bianco, il 90% è per il consumo fresco, mentre la percentuale dedicata all'export è nettamente superiore che negli altri continenti, attestandosi al 55%.

Veniamo ai produttori mondiali. In vetta al ranking mondiale dei produttori c'è solitaria la Cina, con l'88% della produzione globale (d'altro canto è pure il consumatore numero uno di asparagi). Segue, e di molto, il Perù, secondo produttore mondiale che è passato dal 4% di quota sulla produzione globale al 5% dell'anno scorso. Il Messico, terzo maggiore produttore ha una quota dell'1%, a pari merito con la Spagna che è in ripresa dopo le flessioni degli ultimi anni. In questa classifica l'Italia si colloca all'ottavo posto.

Ma se la Cina è il primo produttore, è invece il Perù ad essere il maggiore esportatore, grazie a un clima che gli permette di avere prodotto per 365 giorni all'anno. Esporta soprattutto verso gli Stati Uniti ed è il primo fornitore dell'Europa, con spedizioni soprattutto verso Spagna, Germania e Paesi Bassi.

Nell'UE-28 la produzione è stabile a 250mila tonnellate all'anno, in leggero aumento negli ultimi anni. Il paese che è cresciuto di più è stata la Germania, che progressivamente ha raddoppiato il proprio peso in Europa e ora è produttrice del 40% degli asparagi del Vecchio Continente. La Spagna è scesa al 20% nonostante una timida ripresa, mentre ai primi del 2000 era il produttore numero 1 a livello europeo. In lieve flessione anche la Grecia.

Cosa accade in Italia
Venendo all'Italia, la produzione è concentrata nel Veneto, con 1.600 ettari dedicati soprattutto all'asparago bianco, nell'Emilia-Romagna, con 700 ettari soprattutto verdi, nell'alto Lazio e nella bassa Toscana con 700 ettari e la Puglia con 2.000 ettari, di cui 1.700 solo nel foggiano. Infine la Campania con 1.200 ettari soprattutto sotto serra e precoce. Da notare il balzo della Puglia che così è diventata la prima regione produttrice italiana col 26% del totale, seguita dal Veneto e dalla Campania con rispettivamente il 24% e il 18%.

Negli ultimi anni è cresciuto molto l'export italiano, passando dalle 1.000 tonnellate/anno a oltre 5.000 del 2013; e già nei primi 6 mesi del 2014 si può dire infranto il record registrato nel 2013. Spedizioni soprattutto verso la Germania, l'Austria, la Svezia e la Danimarca.

Stabili le importazioni in Italia (5.000 tonnellate l'anno), ma cambiano leggermente le quote dei paesi fornitori: primo fornitore è la Spagna, che però vede calare la propria quota; flessione pure per la Francia, mentre aumentano le importazioni da Germania e Grecia. Stabili quelle dal Perù, che fornisce soprattutto un prodotto in controtendenza, fuori stagione.


Sala piena ieri per il convegno anteprima di Macfrut 2014 e dedicato all'asparago.

Una delle prime note dolenti per l'asparago italiano vengono dai consumi. Da aprile a maggio gli asparagi coprono l'1,4% degli acquisti di ortaggi e l'indice di penetrazione (il numero di famiglie che dichiara di averli acquistati almeno una volta nel corso dell’anno) è del 38%, un dato piuttosto basso se si considera che ci sono prodotti che raggiungono anche il 98%. Inoltre il dato della spesa rivela che in un anno ogni famiglia acquista in media 2,3 chili di asparagi, per una spesa di 10,60 euro all'anno. "Dal 2000 al 2007 – ha concluso Bosi - si era registrata una crescita nei consumi di asparagi, ma negli ultimi anni è in flessione. Riteniamo tuttavia che l'asparago abbia retto alla crisi più di altre orticole, che hanno visto cali ben peggiori. Per incentivare i consumi serve incentivare la qualità, allungare il periodo di commercializzazione e aumentarne la penetrazione."

La difficile (e al verde) strada dell'innovazione varietale
Come avviene per tutte le altre orticole, anche per l'asparago si parla molto di innovazione varietale, ma in questo caso la strada sembra essere più in salita che in altri casi. A spiegare il perché ci hanno pensato ieri Augusto Flavigna e Tea Sala, del CRA-ORL, Unità di Ricerca per l'Orticoltura di Montanaso Lombardo (LO).

"Oggigiorno – ha spiegato Falavigna - sono abbandonate le varietà a impollinazione libera in favore degli ibridi, soprattutto derivanti da 'supermaschi', capaci di generare piante solo maschili, più produttive del 30% rispetto a quelle femminili. Il futuro va verso questa direzione, ma la strada è difficile. Si pensi che al CRA-ORL sono stati testati 450 ibridi, ma di questi solo 11 sono arrivati a una fase commerciale." Difatti non esiste un ibrido perfetto e tutti presentano almeno uno di questi problemi: suscettibilità alle malattie, scarsa precocità, un basso contrasto nei colori, un produzione bassa o non costante nel tempo.

La difficoltà nel miglioramento genetico così com'è stato fatto finora sta, come hanno spiegato i ricercatori, sia nei lunghi tempi necessari, che nell'insufficiente variabilità genetica per dare all'ibrido delle caratteristiche importanti. "Nel tempo - ha precisato Falavigna - abbiamo assistito a un restringimento drammatico della variabilità genetica e questo non ci permette di fare un salto di qualità. L'implementazione dei metodi usati finora con quelli di genetica avanzata è l'unica via che in prospettiva potrà permettere di raggiungere traguardi di miglioramento genetico attualmente impraticabili."

"I cinesi – ha concluso il ricercatore - hanno capito che il futuro è nella ricerca, così sono quelli che ci investono più di tutti. Noi, come CSO, abbiamo collaborato col progetto mondiale di sequenziamento del genoma dell'asparago, ora concluso con la mappatura completa. Ma se non sosterremo ancora, anche economicamente, la ricerca puntando sull'innovazione varietale saremo tagliati fuori."


Agostino Falavigna (nella foto) è stato premiato ieri per la sua carriera dedicata allo sviluppo di nuove e migliori varietà di asparago.

Durante il convegno, Falavigna è stato inoltre premiato alla carriera per gli anni di ricerca dedicati proprio allo sviluppo di nuove varietà di asparago.

Un nuovo surgelato
A fronte di un prodotto che, dati alla mano, è snobbato da molti consumatori italiani, c'è chi punta al cliente finale proponendo un prodotto italiano, di qualità e capace di superare la stagionalità. Vedi la Orogel, che ieri ha relazionato sul proprio "progetto asparago Orogel".

"Per tanti anni – ha spiegato Silver Giorgini della Orogel di Cesena - abbiamo guardato all'estero per l'approvvigionamento, soprattutto a Perù e Cile, ma 3 anni fa abbiamo iniziato a studiare che cosa fare a livello nazionale, perché nel tempo è cresciuta la sensibilità sull'impronta ambientale dei prodotti, vedi in questo caso l'impatto dei trasporti, e sulle caratteristiche organolettiche, perché un asparago estero ha un gusto e un sapore diverso da uno italiano. Stando a diversi studi e panel che abbiamo effettuato, oggi il consumatore chiede un prodotto sicuro, italiano, verde, calibrato tra i 10 e i 13 mm, alto 18 centimetri dal turione e infine salutare."

Dopo uno studio di 2 anni, il gigante dei surgelati si è presentato sul mercato con un nuovo formato di asparagi sotto zero: in busta, tutta filiera italiana, varietà selezionate, tecniche innovative per la trasformazione da fresco a surgelato e avanzate tecniche di confezionamento. "Nel 2014 – ha continuato Giorgini - siamo arrivati a 400 tonnellate di questo prodotto e stiamo registrando un aumento nella richiesta da parte dei nostri clienti e della Gdo."

Da notare la filiera che, oltre ad essere italiana è anche di prossimità, con gli stabilimenti di trasformazione collocati a non più di 200 chilometri dai campi di coltivazione. Tutto per accorciare il lasso di tempo che intercorre tra la raccolta e la lavorazione: "Questo – ha spiegato il rappresentante della Orogel - mantiene l'alta qualità del prodotto appena raccolto. Questo vale per tutti gli ortaggi, ma ancor di più per l'asparago, perché si tratta di un vegetale che va rapidamente in disidratazione. Con il surgelato si supera la stagionalità del prodotto, che si presenta di altissima qualità e privo di conservanti. Per limitare il deperimento post-raccolta abbiamo dovuto vagliare alcune tecnologie innovative, studiando anche attrezzature che prima non esistevano."

Ecco i prodotti della nuova linea: prodotto verde intero alto 18 centimetri e accuratamente calibrato in busta, un prodotto da industria a con punte e gambi tagliati per poi essere usati nella ristorazione, e infine i preparati, come le vellutate.

Nel settore però non è solo la Orogel a fare innovazione; come loro anche in tanti altri, ognuno nel proprio settore. Lo si è dimostrato nel pomeriggio, con gli interventi delle aziende sponsor del convegno, che hanno presentato le loro proposte e innovazioni per la campagna di commercializzazione del 2015.

Il futuro dell'asparago
"Il futuro dell'asparago – ha concluso Trentini – passa attraverso la meccanizzazione e l'innovazione. L'automazione sarà una strada necessaria se vorremmo scendere a un costo di raccolta di 10-15 centesimi di euro per chilo, se vorremo ridurre il rischio di scarsa manodopera, se vorremo allungare il ciclo produttivo e la sua conservazione: dargli 20 giorni di vita in più significa ampliarne la finestra di commercializzazione, eliminando i picchi."

Nei dati presentati da Trentini, la differenza tra una lavorazione manuale e una meccanica dell'asparago è evidente: a mano si raccolgono 8-14 chili all'ora, con delle macchine agevolatrici 20-30 chili all'ora. Mentre la lavorazione (selezione, confezionamento e così via) viaggia dai 25-40 chili orari se fatta a mano ai 180-250 all'ora se fatta a macchina.