
"Anche grazie a una maggior attenzione da parte del consumatore, la coltivazione del mirtillo in Italia sta riscuotendo un crescente interesse, che ha portato a un incremento delle superfici investite, passate dai circa 50 ettari dei primi anni '90 agli attuali 350 - illustra Faedi - La produzione è concentrata in tre regioni settentrionali: Piemonte, con circa 200 ettari, Trentino Alto Adige, un centinaio di ettari, e Lombardia, 30 ettari, perlopiù in aree di montagna caratterizzate da terreni a pH acido."
"La coltura - prosegue il direttore del CRA-FRF - si sta diffondendo, però, anche in areali non tradizionali e non solo pedemontani, in contesti di crescente specializzazione. Una diffusione resa possibile dal perfezionamento della tecnica colturale, con l'impiego di ammendanti e correttivi del terreno, e dalla razionalizzazione dei sistemi irrigui e delle tecniche di fertirrigazione."

Faedi sottolinea anche l'importanza dell'innovazione varietale, che ha contribuito in modo determinante a tutto questo grazie al licenziamento di nuove cultivar più adatte alle diverse condizioni pedoclimatiche, come quelle con piante a minor fabbisogno in freddo invernale, in grado di consentire la coltivazione anche in aree centro-meridionali. Attualmente, lo standard varietale è molto ampio e comprende Duke, ma anche Blue-crop, Brigitta Blue, Elliot, Lateblue e le più recenti Draper, Aurora e Liberty.
L'interesse crescente verso questa coltura è stato sostenuto anche da alcune ricerche che hanno evidenziato gli effetti benefici del mirtillo e dei suoi trasformati, soprattutto nella protezione del sistema nervoso e cardiovascolare, nella reversione del declino delle funzioni neuronali e cognitive e nel fornire protezione antiossidante. In particolare, indagini comparative volte a verificare il potere antiossidante di frutta, ortaggi e altri alimenti, hanno evidenziato la posizione di assoluto rilievo dei mirtilli come potenziale fonte di composti nutraceutici di elevato valore dietetico e chemio-preventivo.
"Una possibilità per incrementare ulteriormente la coltura - prospetta Walther Faedi - potrebbe essere fornita dal perfezionamento delle tecniche di coltivazione fuori suolo che consentirebbe di superare il fattore limitante costituito dalla reazione sub-acida del terreno."

I risultati di un quadriennio di prove
Osservazioni e rilievi condotti nel periodo 2008-2012 hanno permesso di constatare come, grazie a opportune tecniche, sia possibile una valida coltivazione del mirtillo in vaso anche nell'area cesenate, dove la specie non è mai stata coltivata. Le produzioni raccolte, nonché i caratteri biometrici e carpologici dei frutti hanno infatti raggiunto valori comparabili con quelli ottenuti nei suoli delle aree più vocate per la coltura. A livello produttivo, la produzione media ad ettaro (circa 8.300 piante) è passata da 2,8 ton/ha alla terza foglia a 12,2 ton/ha alla settima foglia, con valori per le varietà più produttive superiori anche alle 16 ton/ha.
"L'aspetto più critico riguarda l'elevata acidità dei frutti, influenzata, oltre che dalle condizioni pedo-climatiche, dalle necessarie fertirrigazioni - sottolinea Faedi - Come è risultato dalle osservazioni condotte, con un affinamento della tecnica di gestione e distribuzione dei composti acidi è stato però possibile abbassare la componente acida delle bacche fino a valori comparabili con quelli riportati in bibliografia."
"I risultati complessivi - che riuniscono dati produttivi e caratteristiche dei frutti - consentono di esprimere un giudizio positivo per le varietà Berkeley, Brigitta, Coville, Darrow, Elizabeth e Lateblue, tutte con epoca di raccolta medio-tardiva o tardiva."

"Nel periodo precoce, che sarebbe piuttosto interessante per l'area cesenate, la varietà che ha avuto la maggior dolcezza dei frutti è risultata Earlyblue, purtroppo una delle meno produttive - conclude Walther Faedi - La coltivazione della varietà Bluetta consentirebbe di iniziare la raccolta fin dai primi di giugno, ma il basso peso medio dei frutti e le limitate caratteristiche qualitative non la rendono interessante per questa area. Duke, infine, presenta un buon comportamento produttivo nel periodo precoce, ma le caratteristiche qualitative dei frutti non sono elevate."
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