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Italia: nel 2013, oltre 50.000 aziende agricole a rischio chiusura

Per l'agricoltura italiana suona l'allarme. La situazione per le imprese è sempre più difficile e i produttori sono ormai sull'orlo del collasso. Costi (produttivi, contributivi e burocratici) pesanti, prezzi non remunerativi, redditi tagliati, mancanza di interventi incisivi e di politiche realmente propulsive. E a questi si aggiunge l'Imu sui fabbricati rurali e su terreni agricoli, un'imposta ingiusta che penalizza beni strumentali per lavorare. Con la prospettiva di una riforma della Politica agricola comune quanto mai incerta.

La denuncia è arrivata dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori durante l'Assemblea nazionale dei Gie-Gruppi di interesse economico svoltasi a Roma sul tema "Più agricoltura, più reddito: si può fare insieme", che è stata conclusa dal presidente confederale Giuseppe Politi.

I bilanci aziendali - è stato affermato durante l'Assemblea Gie-Cia - sono "in rosso". Nel 2013, senza immediati e straordinari interventi a sostegno degli agricoltori, oltre 50.000 aziende possono chiudere i battenti (già nel primo trimestre più di 13.000 sono uscite dal mercato) e più di 2 milioni di ettari di terreni coltivati sono in grave pericolo.

Non solo. Si potrebbero verificare un "taglio" deciso all'occupazione e pesanti conseguenze anche del "made in Italy". "Negli ultimi dieci anni - ha detto il presidente della Cia Politi, nelle sue conclusioni all'Assemblea - circa 500.000 imprese agricole, in particolare quelle che operavano in zone di montagna e svantaggiate, hanno chiuso i battenti. Solo nel 2012 più di 25.000 sono andate fuori mercato. Il rischio è che nei prossimi quattro anni, altre 250.000 aziende rischiano di cessare l'attività. Senza interventi mirati e straordinari sarebbe una tragedia per l'intero settore."

"Siamo in una situazione non più tollerabile. Vogliamo che sull'agricoltura si riaccendano i riflettori della politica. Al nuovo governo inviamo un preciso appello: attendiamo un drastico cambio di marcia, una strategia veramente mirata alla crescita e alla competitività. Vogliamo che al totale disinteresse si sostituiscano atti concreti".

"Dobbiamo capire che - ha rimarcato Politi - un Paese senza una valida agricoltura non ha futuro. In altri Stati europei i problemi agricoli vengono affrontati in maniera diversa e certamente più incisiva. Non si può continuare a ignorare un grande patrimonio per l'Italia, quale è quello agricolo e rurale. Dobbiamo fare in modo che questa ricchezza non vada dispersa e si frammenti ulteriormente. Le conseguenze sarebbero devastanti non solo per il settore, ma anche per l'intera economia".

D'altronde, oggi l'agricoltura italiana vive in un grande momento di scelte politiche: dalla definizione della nuova Pac a Bruxelles a un nuovo settennato di programmazione Psr e non solo, alla necessità di avviare una politica economica orientata alla crescita e all'occupazione.

"Bisogna, quindi, ridare certezze e prospettive a un settore che ora - ha sottolineato ancora il presidente della Cia - rischia di subire ulteriori effetti negativi da una crisi che si sta rivelando una delle più complesse e difficili degli ultimi trent'anni. E' urgente una politica orientata alle imprese, nelle loro diverse articolazioni, aggregazioni e rapporti con il mercato. Obiettivo prioritario è quello di collocare le aziende agricole nelle dinamiche dello sviluppo per contribuire e partecipare all'auspicabile ripresa economica del Paese."

Negli ultimi 12 anni - è stato rilevato nel corso dell'Assemblea dei Gie-Cia - i redditi delle aziende sono diminuiti del 25%. La perdita di competitività dell'agricoltura è molto antecedente alla crisi economica, anche se, con il crollo della domanda e il blocco del credito, si è fortemente acuita.
Data di pubblicazione: