Il Progetto - promosso dalla Regione Emilia-Romagna e coordinato dal CRPV (vedi notizia su FreshPlaza del 04/11/2011) - coinvolge da un punto di vista scientifico i più qualificati Centri di ricerca nazionali e, da un punto di vista operativo e finanziario, numerose e importanti aziende e istituzioni del territorio romagnolo.
FreshPlaza ne ha parlato con Giampiero Reggidori (presidente di CRPV), Alberto Contessi (responsabile del Servizio fitosanitario regionale) e con l'assessore all'agricoltura della Regione Emilia-Romagna, Tiberio Rabboni.

"Ecco perché il progetto ha puntato molto sul circoscrivere vari temi che vanno dalla maggiore e migliore conoscenza dell'epidemiologia del batterio stesso, allo scoperta e allo studio dei potenziali antagonisti naturali, passando per lo studio delle corrette pratiche agronomiche limitanti la diffusione, alla buona pratica vivaistica per allevare piante sane."
"Il progetto è partito da un tavolo comune di ricercatori con varie specializzazioni, appartenenti a diverse istituzioni scientifiche, che insieme a un gruppo di tecnici del settore frutticolo hanno predisposto il progetto e ne seguono i lavori tramite stati d'avanzamento continui. Questo permette di unire sforzi comuni su una tematica che, già in partenza, tutti sapevano non essere affrontabile e risolvibile su un unico aspetto. Un caso simile ha riguardato il colpo di fuoco batterico del pero, Erwinia amilovora."

"L'incontro del 22 marzo - spiega Reggidori - è una divulgazione, a metà percorso, del progetto che in un periodo di soli due anni cercherà di dare varie risposte ai quesiti posti in partenza, primo fra tutti come allentare l'aggressione e ridurre la diffusione della batteriosi."
"Il progetto e i suoi componenti esecutori sono parte integrata di un sistema a rete di altri progetti in materia e lavori in corso, in varie parti d'Italia e del mondo, al fine di unire e discutere tutte le conoscenze che vari studi stanno realizzando su scala internazionale. In questo modo si vuole sopperire alla mancata realizzazione di un indirizzo comune a livello nazionale, che si doveva perseguire negli studi fin dalla nascita del problema."
"Alla fine dell'attività progettuale, nel prossimo inverno, si tireranno le somme dei due anni di lavoro. Dovessimo confermare, come prevedibile, che con la batteriosi si dovrà convivere, speriamo almeno di aver fatto molto per circoscriverla e ridurne i pericoli. Di pari passo ai nostri studi, comunque, avanzano anche le ricerche su nuove selezioni di kiwi, se non resistenti, almeno tolleranti alla batteriosi", conclude Giampiero Reggidori.
Nell'ambito dello stesso incontro, il Servizio fitosanitario ha fatto il punto sulla presenza della batteriosi sul territorio regionale, a partire dal 2009 - anno del primo ritrovamento della malattia in Emilia-Romagna - per arrivare ai circa 600 ettari interessati nel 2012 (quasi il 18% della superficie totale regionale).

"I vari ricercatori che si sono alternati sul palco – continua Contessi - hanno presentato i primi risultati della ricerca: innanzitutto, il batterio può penetrare nelle piante attraverso aperture naturali (lenticelle, stomi, peli) o artificiali (ferite); inoltre, può sopravvivere come epifita all'esterno delle piante e, una volta penetrato, vivere al loro interno in forma latente, senza provocare sintomi. Tutto il materiale di moltiplicazione, compreso il polline, può essere poi veicolo di diffusione della malattia e la recente normativa europea prevede appunto che debba circolare con il passaporto delle piante, a garanzia che sia stato prodotto da vivaisti autorizzati, sotto il controllo dei Servizi fitosanitari."
Sotto l'aspetto agronomico, infine, è stata data l'indicazione di ridurre le concimazioni azotate, di effettuare le potature lontani dalla ripresa vegetativa, prima che la pianta "pianga" (cioè che cominci a mostrare il tipico essudato derivante dalla contaminazione da batteriosi) e in assenza di pioggia.
"Dal settore della difesa - prosegue il responsabile del Servizio fitosanitario - pur essendo ancora in una fase iniziale, è stato confermato che, per ora, non ci sono prodotti curativi, ma è solo possibile fare una prevenzione, e i prodotti che si sono dimostrati maggiormente efficaci allo Pseudomonas sono quelli a base di sali di rame, che non ha mostrato alcuna fitotossicità. Discreta azione ha dimostrato anche un induttore di resistenza, mentre scarsa o nulla efficacia hanno avuto i così detti prodotti disinfettanti."
"In sintesi, occorre che gli agricoltori individuino precocemente le piante infette, estirpandole immediatamente o eliminando le parti colpite, riducendo il più possibile l’inoculo dall'ambiente. Bisogna poi proteggerle con trattamenti con prodotti rameici, in particolare dopo gli interventi di potatura o di diradamento dei frutti, in previsione di forti piogge o dopo una grandinata, e in autunno dalla raccolta dei frutti alla completa caduta foglie", ha concluso Alberto Contessi.
Dall'incontro di Faenza si è usciti convinti che – grazie all'impegno delle istituzioni, dei ricercatori, dei tecnici, dei produttori agricoli e delle loro organizzazioni – sia possibile mettere a punto strategie che consentiranno di convivere con questo problema e salvaguardare la filiera e il reddito dei produttori di kiwi.
