
Una governance di filiera, che sia organizzata e che metta in campo una strategia per la gestione del prodotto e del mercato, integrata con politiche di marketing/branding; il tutto affiancato all'azione delle singole imprese produttrici, che già offrono un prodotto di qualità. Questa la ricetta giusta per l'Aglio bianco polesano Dop (Denominazione d'origine protetta), secondo il Prof. Corrado Giacomini, ordinario di economia agroalimentare all'Università di Parma.

Se ne è parlato ieri (20 febbraio 2013), al convegno "Essere Dop: attese e prospettive… la filiera dell'aglio bianco polesano Dop a confronto", che si è svolto presso la Camera di commercio, con l'organizzazione del Consorzio di tutela Aglio bianco polesano Dop e dell'Azienda mercati ortofrutticoli di Lusia e Rosolina, cui hanno partecipato produttori, confezionatori, distribuzione, ristorazione locale, consumatori e associazioni di categoria. I lavori sono stati coordinati da Rossella Gigli, caporedattore di FreshPlaza.

Al centro dei lavori, quell' "oro bianco" del Polesine, unico aglio veneto con la certificazione d'origine europea, prodotto in 29 comuni con una superficie investita di 70 ettari, ma con una potenzialità complessiva di 350 ettari.

L'Aglio bianco polesano Dop si distingue per il profilo aromatico e l'ottima serbevolezza. I bulbi si presentano di colore bianco brillante uniforme.
Nella sua relazione introduttiva, il Prof. Giacomini ha esaminato in dettaglio le novità introdotte in ambito di denominazioni a marchio DOP, IGP e STG dal cosiddetto "Pacchetto Qualità", cioè dalle linee guida del Parlamento Europeo e del Consiglio relativamente ai sistemi di qualità applicabili ai prodotti agricoli e alle derrate alimentari. Quello che appare chiaro è che la nuova normativa risulta più sbilanciata sul fronte della difesa e protezione dei marchi di qualità che non sul fronte della loro effettiva promozione commerciale.

Oltre cento i partecipanti all'evento.
"Il marchio Dop, come quello Igp o Stg – ha sottolineato Giacomini – è solo un istituto giuridico. Per determinare il successo di un prodotto a marchio, come nei casi di Melinda o Marléne, occorre che il marchio del Consorzio di tutela diventi una "marca": qualcosa che esiste nella mente del consumatore e che si afferma indipendentemente dal riconoscimento del segno distintivo della territorialità (tant'è che Melinda e Marléne erano già marche note prima ancora di ottenere la Dop o l'Igp)."

Il Prof. Giacomini durante la relazione introduttiva ai lavori della tavola rotonda.
"Ecco alcuni elementi essenziali del successo – ha affermato il professore – Uno: il prodotto deve avere una specifica connotazione qualitativa, cioè delle caratteristiche che lo rendano subito distinguibile dal consumatore; due: la comunicazione al mercato di destinazione deve essere chiara e univoca; tre: occorre un'efficace organizzazione dell'offerta; quattro: occorre una politica di branding."

La parola è passata poi alla tavola rotonda, costituita dai vari attori della filiera, grande distribuzione in primis. Claudio Gamberini, responsabile nazionale acquisti ortofrutta di Conad Italia, ha specificato: "Avere a che fare con una filiera organizzata per noi è un vantaggio in termini di costi e di programmazione degli acquisti. Noi siamo una catena radicata nei territori e che dunque prospera solo se i territori stessi sono economicamente in buona salute. Per la promozione a livello nazionale delle tipicità territoriali abbiamo creato il nostro marchio "Sapori & Dintorni", che risponde ad una fascia di consumatori che ricerca l'alta gamma. Inseriremmo senza problemi l'aglio polesano sotto questo marchio, ma teniamo presente che l'aglio per noi è già una nicchia e un aglio Dop è la nicchia della nicchia."

Claudio Gamberini.
"Abbiamo già inserito l'aglio di Voghiera Dop nell'assortimento "Sapori & Dintorni" e non possiamo includerne tanti tipi distinti, per cui sarebbe necessario fare un progetto comune con il rispettivo consorzio per entrare sugli scaffali assieme, nel segmento aglio. Bisogna comunque partire dalla comunicazione al consumatore. Nell'ortofrutta, ragionare solo in termini di prezzo – ha concluso Gamberini - non sempre significa fare qualità. Noi, con le nostre operazioni su prodotti specifici, ad esempio le arance rosse di Sicilia, vendute ad 1,30 euro, abbiamo dimostrato che si può fare alta qualità al giusto prezzo."
Sono seguiti gli interventi dei diversi attori della produzione e della commercializzazione dell'aglio polesano, con un gradito apporto anche di due ospiti dell' "ultim'ora": Luciano Trentini (responsabile relazioni esterne ed europee del CSO di Ferrara) e Sergio Trevisan, direttore commerciale del Gruppo Mazzoni.

Sergio Trevisan ha portato come testimonianza la sua esperienza con la commercializzazione dell'aglio di Voghiera Dop.
Massimo Tovo, presidente del Consorzio di Tutela dell'aglio bianco polesano Dop ha ricordato alcune tappe storiche: "Come Consorzio siamo nati nel 2010 con 20 soci, fra produttori e confezionatori. Oggi siamo una trentina. Nel 2011 abbiamo prodotto 200 quintali, nel 2012 siamo saliti a 1.750. Oggi il nostro prodotto comincia ad entrare nella distribuzione ed è il momento giusto perché tutto il territorio faccia un investimento comune per portare l'aglio al successo presso il consumatore, anche perché i primi panel test (prove di assaggio) effettuati denotano l'apprezzamento del prodotto."

Massimo Tovo.
Utili e costruttivi gli interventi delle ditte commercianti ed esportatrici di aglio, rappresentate nella tavola rotonda da Lucio Duoccio della Duoccio srl, Matteo Suriani di Suriani srl e Piergiorgio Fava della Cervati Import Export srl.

Lucio Duoccio.
Duoccio ha paragonato l'aglio polesano ad un bambino che sta muovendo i primi passi nel mondo, dove già altri si sono insediati in questo segmento e ha avvertito circa gli ostacoli che ancora precludono la strada delle esportazioni per il prodotto locale: prima di tutto l'assenza delle certificazioni richieste dagli importatori, come ad esempio l'ormai immancabile GlobalGAP, non sostituibile dalla denominazione Dop. La ditta Duoccio aderisce al Consorzio Dop già da un anno e ha riscontrato una buon riconoscimento del prodotto nelle aree del nord-est e nord-ovest dell'Italia e in parte anche al centro Italia.
A sua volta, Matteo Suriani ha portato all'attenzione della tavola rotonda alcune esperienze europee di aglio a marchio, per evidenziare le strategie più o meno riuscite che sono in atto altrove.

Matteo Suriani.
"L'aglio rosso di las Pedroñeras (Spagna) - ha esemplificato Suriani - soffre una mancata caratterizzazione dovuta al fatto che il prodotto rientrante nell'area geografica protetta risulta di fatto indistinguibile rispetto a quello raccolto nel resto del territorio; un caso di successo è invece quello dell'aglio rosa di Lautrec (Francia), che ricomprende sotto l'Igp tutti gli ettari produttivi e che per questo riesce a connotarsi in modo efficace presso i consumatori europei." Suriani ha concluso notando i rischi che il recente riconoscimento dell'Igp europeo all'aglio cinese potrebbe comportare per i marchi italiani, dati gli ingenti volumi che la Cina, come primo paese produttore, è in grado di movimentare.
Richieste dall'estero per l'aglio bianco polesano sono state invece registrate dall'azienda Cervati, come riferito da Piergiorgio Fava, secondo il quale i principali problemi riscontrati nel soddisfare tali richieste consistono nella pezzatura del prodotto locale (inferiore rispetto a quella alla quale i mercati esteri sono abituati) e nell'attuale carenza di volumi, non ancora in grado di rispondere ad ordinativi ingenti.

Piergiorgio Fava.
Fava ha anche sottolineato come l'azienda Cervati stia guardando con molto interesse alle iniziative del Consorzio di Tutela dell'aglio polesano, con il quale già collabora.

I portavoce delle principali ditte commerciali di aglio.
Sulla caratterizzazione dell'aglio locale è intervenuto Claudio Salvan, presidente della coop "Il Polesine" (tra gli artefici dell'iter di riconoscimento della Dop) il quale ha osservato come l'indicazione commerciale di "aglio italiano" non basta più a proteggere e tutelare il prodotto e la sua specificità: "Con l'arrivo della catena del freddo, i mercati sono stati infatti invasi da merce di altri paesi produttori, ben più rappresentativi dell'Italia in termini di volume", ha sottolineato Salvan.

Claudio Salvan durante il suo intervento.
"Per questa ragione, già dieci anni fa, abbiamo avviato l'iter per il riconoscimento del marchio Dop all'aglio polesano, interpretandolo come un primo necessario passo di distinzione e caratterizzazione sul mercato. Noi non possiamo e non dobbiamo competere con le 13 mila tonnellate di prodotto della Cina, che è più bianco e più grosso del nostro, ma non ha sapore e si conserva solo grazie all'invenzione delle celle frigo. E neppure possiamo competere sul prezzo con Corea del Sud ed Egitto, perché hanno bassissimi costi di produzione. Possiamo difenderci dalla concorrenza solo se riusciremo a vendere non solo aglio, ma anche tutto il territorio che c'è dietro."
Concorde con questa impostazione si è detto Pierino Romagnolo, dell'omonima azienda agricola. "Aderisco con convinzione al Consorzio di Tutela. Noi produciamo con passione e rispetto dell'ambiente. L'attenzione alla qualità ci guida in tutte le fasi della lavorazione, che si svolge con cura certosina. E' questo amore della terra che vorremmo arrivasse come messaggio al consumatore finale. Grazie alla collaborazione tra produzione e commercializzazione confido che potremo solo crescere."

Pierino Romagnolo.
Sono seguiti gli interventi di Vasco Sileni Chiarion, titolare della trattoria Degli Amici di Arquà Polesine e di Sergio Taurino, in rappresentanza dell'associazione di consumatori ADOC di Rovigo, i quali hanno portato le loro testimonianze in merito alle iniziative di degustazione ed educazione alimentare rivolte ai consumatori, per renderli maggiormente consapevoli circa le eccellenze gastronomiche del territorio, tra cui l'aglio polesano.

Foto sopra: Vasco Sileni Chiarion. Sotto: Sergio Taurino.

A sua volta, il presidente di Azienda Mercati, Vitaliano Bressanin, ha posto l'accento sul tema della sicurezza che sta alla base del processo di certificazione e che offre garanzie aggiuntive al consumatore, qualificando al contempo l'offerta della grande distribuzione, quando essa inserisce prodotti Dop/Igp nel proprio assortimento.

Vitaliano Bressanin.
"Quello che però non possiamo delegare alla GDO - avverte Bressanin - è il processo comunicativo e informativo nei confronti del consumatore. Gli attori di questa partita siamo noi; pertanto dobbiamo farci artefici in prima persona della promozione del prodotto, con iniziative e proposte che possano coinvolgere tutti i partner interessati."

La coordinatrice dei lavori, Rossella Gigli (nella foto qui sopra) ha infine coinvolto nel dibattito anche Luciano Trentini, il quale ha lanciato una proposta: "Secondo me - ha detto - ci sono le condizioni per lanciare un progetto per l'Aglio Italiano a livello nazionale, per evitare di farci concorrenza tra di noi sul mercato, quando potremmo invece unire le forze, pur mantenendo ciascuno la propria specificità. Non dimentichiamo infatti che le problematiche relative a questo prodotto hanno dimensione addirittura europea, come testimonia anche l'esistenza del comitato misto ispano-franco-italiano."

Luciano Trentini.
"Ritengo - ha concluso Trentini - che il nostro obiettivo debba essere quello di accrescere i volumi di aglio nazionale, dato che al momento siamo del tutto deficitari rispetto al nostro stesso fabbisogno interno."
In conclusione dei lavori sono intervenuti anche i rappresentanti di Coldiretti, Cia e Confagricoltura, i quali hanno ricordato come l'aglio polesano potrebbe fare da traino anche ad altre eccellenze del territorio, ai due Mercati di Lusia e Rosolina e all'intera economia, anche turistica, della zona.
Sotto: una foto di gruppo al termine dei lavori.
