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"Rapporto Coop-Nielsen "Consumi & Distribuzione": come cambia il mercato alimentare in Italia"

Coop, la prima catena della grande distribuzione in Italia ha diffuso in versione integrale, dopo l’anteprima digitale dello scorso settembre, il Rapporto "Consumi & Distribuzione", redatto in collaborazione con Ref Ricerche e Nielsen.

Il rapporto evidenzia che il 2012 fa segnare la più ampia contrazione dei consumi delle famiglie italiane dal dopoguerra (-4%) e per il 2013 si stima un ulteriore calo del -1,3%.

Dopo sei anni di crisi, i consumi degli italiani torneranno dunque, in media, indietro di ben 17 anni: ai livelli del 1996. Rimarranno in grande difficoltà gli alimentari (la spesa deflazionata procapite più bassa dagli anni '60), l'auto (valori tornati al 1974), l'abbigliamento (1984). In arretramento anche i viaggi (1994) e la ristorazione (1999). A causa del forte aumento dei prezzi non cambia invece significativamente la spesa per carburanti, utenze, mutui e affitti.

Inattesa vitalità delle vendite della grande distribuzione sotto l'albero di Natale: dopo mesi di gelata dei consumi e un inizio dicembre molto difficile, le famiglie hanno concentrato gli acquisti di cibo e regali in iper e discount nell'ultimissimo scorcio d’anno (+5% nelle ultime 2 settimane).

Qui di seguito, estrapoliamo alcuni dati pubblicati nel rapporto e relativi al settore alimentare.

I consumi alimentari
Un fenomeno nuovo nel quadro attuale è rappresentato dal fatto che l’ultima crisi ha inciso in maniera sostanziale anche sugli acquisti di prodotti alimentari, che tradizionalmente evidenziavano una domanda relativamente stabile nel corso del ciclo.

La spesa si sta riducendo soprattutto perché le famiglie hanno in parte rinunciato agli acquisti dei prodotti più cari, optando in parte per una struttura della spesa più economica.


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I consumatori stanno orientando i loro acquisti verso prodotti a minore costo unitario, modificando tipologie e brand dei prodotti, e in parte riorientando le preferenze per i formati distributivi, ad esempio frequentando in misura sempre maggiore i discount.

Dietro tale cambiamento nei comportamenti vi sono diverse spiegazioni, anche di carattere culturale, ma evidentemente pesa la pressione della crisi sui redditi medio-bassi, sui quali i consumi di base incidono in misura preponderante.

L'alimentare: le tendenze di medio-lungo

Circa il 14% dei consumi complessivi è costituito dalla spesa alimentare, una quota considerevole seppure in ridimensionamento rispetto al suo peso in passato. Negli ultimi anni questa voce di spesa ha sperimentato una flessione; è da tempo, d'altronde, che la spesa alimentare sta mostrando un'evoluzione piuttosto debole e inferiore all'andamento della spesa complessiva.


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Stanno cominciando a pesare i mutamenti demografici e sociali. L'invecchiamento della popolazione italiana si traduce difatti in minori consumi alimentari: con il crescere dell'età media, che si aggira ormai attorno ai 43 anni, si riducono le necessità caloriche medie mentre, sull'altro versante, aumentano le esigenze di salute.

A ciò si aggiungono i mutamenti sociali legati alla femminilizzazione del mercato del lavoro, al crescente pendolarismo e al cambiamento negli orari, con la crescente diffusione di pause brevi durante la giornata lavorativa, che stanno portando ad un cambiamento dei modelli dell'alimentazione, con un incremento della frequenza dei pasti fuori casa e uno spostamento degli acquisti dai generi alimentari ai servizi di ristorazione offerti da esercizi pubblici, come trattorie, bar e tavole calde.

Sebbene la spesa alimentare risulti meno sensibile di altre voci all'andamento del ciclo, il prolungato deterioramento delle condizioni economiche complessive potrebbe aver comportato anche un mutamento nei comportamenti di consumo, con una maggior attenzione agli sprechi ed un effetto complessivo di riduzione dei volumi acquistati.

Lo scenario di previsione è caratterizzato da una prosecuzione della debolezza dei consumi alimentari, la cui flessione non si arresterebbe prima del 2014. Tra le diverse voci, le flessioni più marcate, nella media del periodo, sono previste per gli “Olii e grassi”, per i prodotti di pasticceria (“Zuccheri, marmellate ecc”) e nei capitoli “Carne” e “Pesce”, frutto probabilmente sia di un mutamento delle abitudini alimentari (a favore di una dieta più sana), che di tentativi di contenere la spesa a parità di apporto proteico, cioè preferendo alimenti più economici. Contrazioni più contenute sono previste difatti per i latticini e le uova, la frutta e la verdura.


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La spesa alimentare delle famiglie
La tipologia familiare più diffusa (la coppia con figlio minore) ha una spesa media mensile pari a circa 2.400 euro, valore sostanzialmente allineato a quello registrato a livello medio nazionale (2.453 €/mese).

La principale voce di spesa è quella per il soddisfacimento del bisogno di alloggio che da solo assorbe quasi il 30% del budget complessivamente a disposizione. I 700 euro spesi mensilmente per soddisfare tale bisogno sono destinati infatti al pagamento del canone di affitto o della rata del mutuo, delle utenze e dei beni e servizi per la cura e la manutenzione dell’abitazione stessa.

Dopo la casa, altro bisogno essenziale per le famiglie è il nutrimento, tanto che la spesa per l’alimentazione rappresenta più del 20% del budget complessivo.

La coppia con figlio minore spende circa 500 euro/mese per acquistare prodotti alimentari, tra cui principalmente carne (115 euro/mese), cereali, ovvero pane e pasta (75 euro/mese), e latticini, principalmente latte e formaggi, (75 euro/mese); più contenuto il budget destinato a frutta e verdura, complessivamente 80 euro/mese, equamente distribuiti, e per i prodotti ittici, appena 40 euro/mese, valore che suggerisce, considerato l’elevato costo unitario, un consumo ancora ridotto.

Le bevande considerate nel loro insieme, alcoliche e analcoliche, assorbono ulteriori 45 euro/mese, a cui vanno aggiunti circa 15 euro/mese per olii e grassi, che rappresentano quindi una quota residuale.

La ristorazione è sempre più take away
Gli italiani non rinunciano volentieri al fuori casa, tuttavia, dopo aver tagliato gli altri consumi iniziano a rinunciare anche a pranzi e cene al ristorante.

Nel primo trimestre 2012 si registra una contrazione sia delle visite ai locali della ristorazione (-1,4% ) sia della spesa (-0,6%). Guardando al trend degli ultimi 12 mesi il mercato appare piatto con una crescita nulla. Tale riduzione è
la prima in valore assoluto del comparto.

Nel 2011, infatti, il calo della ristorazione era stato compensato da una crescita del servizio veloce (bar, fast food e affini) a discapito dei locali con servizio al tavolo. Cresce il consumo al di fuori dal luogo di acquisto (più 5,6% rispetto all'anno precedente) con pasti che vengono consumati in casa o all'aperto.


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Una piccola sorpresa positiva: in Italia i consumi alimentari più alti d'Europa

Negli ultimi anni le abitudini alimentari delle famiglie italiane sono dunque profondamente cambiate. La spesa per l'alimentazione, che per tradizione è considerata tra le componenti della spesa per consumi la meno esposta alle fluttuazioni del ciclo economico, ha mostrato nell'ultimo lustro una inedita e superiore risposta alla discesa del reddito disponibile, con una intensità della caduta che è risultata seconda solo a quella del mercato dell'auto.


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Per avere una dimensione del fenomeno basti pensare che ai ritmi attuali nel 2012 i consumi alimentari delle famiglie espressi a valori concatenati (ossia depurati per l’andamento dei prezzi) torneranno sui livelli della seconda metà degli anni Novanta. Se poi si considera che la popolazione residente italiana conta oggi circa 5 milioni in più di unità si può concludere che in termini pro capite i consumi alimentari si attestano su valori ancora inferiori, cioè in prossimità dei livelli dei primi anni ottanta: la caduta degli ultimi cinque anni riporta la lancette dell’orologio dei consumi alimentari indietro di circa trent’anni.


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Nella difficile congiuntura attraversata dalle famiglie italiane l'alimentare si conferma l’epicentro della crisi dei consumi

D'altro canto, anche se l'incidenza dei consumi di generi alimentari sul totale continua a ridursi, gli italiani si confermano, tra gli europei, il popolo con la spesa alimentare pro capite più elevata. Gli italiani spendono per il cibo ogni anno 2.300 euro a testa, i tedeschi 1.800, gli inglesi 1.500. In questo senso, gli italiani hanno il modello alimentare più evoluto a livello europeo e probabilmente mondiale.


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Pur essendo oramai lontani dai vertici europei per livello totale dei consumi, siamo, invece, in Europa il paese con la spesa alimentare procapite più elevata. Su un totale di 15.700 euro che ogni italiano ha speso nel 2010 ben 2.300 euro sono stati impiegati per l’acquisto di prodotti alimentari, un dato che supera del 28% la media dell'Unione Europea. In Europa solo i francesi eguagliano questo livello di spesa ma a fronte di una dimensione dei consumi totali significativamente più alta della nostra.


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Gli italiani sono invece di gran lunga i cittadini europei più attenti all’origine (88%) e alla marca (68%) del cibo che comprano.

Per le famiglie italiane il cibo non è solo un importante impegno di spesa ma appare, anzi, una componente importante del proprio benessere e della stessa identità collettiva di appartenenza. E' elevatissima la componente degli italiani che dichiara che qualità e prezzo sono importanti nella scelta dei prodotti alimentari, in maniera peraltro non dissimile dagli altri consumatori europei.