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Il resoconto della prima giornata

XVI Incontro nazionale sulla Patata: dati produttivi e opportunita' commerciali della pataticoltura italiana

Ieri, 8 novembre 2012, si è tenuta la prima delle due giornate del XVI Incontro nazionale sulla Patata, che il CePa - Centro di documentazione per la patata di Bologna – ha voluto organizzare all'interno di Eima, l'Esposizione internazionale delle macchine agricole in corso dal 7 all'11 novembre proprio a Bologna.


Da sinistra: Luciano Torreggiani, presidente del CePa, Davide Paolini e Massimo Pirazzoli, presidente dell'Unione nazionale Italpatate.

Una scelta indovinata, visto che la manifestazione bolognese offre grande visibilità a tutta la filiera pataticola italiana: dalle organizzazioni di produttori alle aziende sementiere, dalle ditte di agrofarmaci e mezzi tecnici alle industrie meccaniche, fino agli organismi di certificazione e alle società di trasformazione e commercializzazione.

Condotto da Davide Paolini, "gastronauta" di Radio24, l'incontro ha offerto una panoramica completa sulla pataticoltura italiana. Un comparto che vale 1,7 milioni di tonnellate ottenuti su circa 60.000 ettari, come ha esordito il professor Carlo Pirazzoli (nella foto sotto) dell'Università di Bologna il quale, coadiuvato da Alessandro Palmieri, ha ricordato che in Italia produrre un chilo di patate costa mediamente di più rispetto ad altri paesi del Nord Europa: i costi di produzione italiani sono più alti di 6-10 centesimi di euro al kg e anche i costi industriali sono più alti del 20-30% rispetto ai grandi produttori europei.


Da sinistra, l'assessore all'Agricoltura della Provincia di Bologna Gabriella Montera, Luciano Torreggiani, Davide Paolini e Carlo Pirazzoli.

Se, però, i costi di produzione mostrano una tendenza al rialzo, il raccolto italiano di patate fa invece registrare una diminuzione, scendendo dagli oltre 2 milioni di tonnellate di dieci anni fa agli attuali 1,7 milioni di tonnellate, per una produzione lorda vendibile pari a circa 1 miliardo di euro. Un quantitativo insufficiente a soddisfare la domanda interna che si attesta sui 2,1 milioni di tonnellate per un consumo pro capite annuo stabile attorno ai 38-40 chilogrammi.

"Il settore pataticolo italiano è piccolo ma di qualità", ha aggiunto il professor Pirazzoli, insistendo sulla necessità di aumentare la quota di produzione organizzata all'interno di strutture in grado di migliorarne efficienza e competitività, quali le organizzazioni di produttori, le unioni nazionali di produttori, ecc. "E' impensabile competere con un prodotto indifferenziato, quindi risulta fondamentale differenziare e innovare continuamente la gamma di prodotti offerti, sia nel fresco che nell'industria".

Proseguendo, il professor Giorgio Prosdocimi Gianquinto (nella foto accanto) dell'Università di Bologna ha affrontato gli aspetti agronomici legati alla produzione del tubero, con particolare riguardo alle tecniche irrigue e all'innovazione per una patata di qualità.

Il professor Domenico Carputo (nella foto sotto) dell'Università di Napoli Federico II ha illustrato le più interessanti e diffuse strategie utilizzate nel miglioramento genetico per produrre variabilità genetica e per effettuare una selezione efficiente di genotipi superiori di patata.


Sopra: Davide Paolini e Domenico Carputo. Sotto: l'assessore provinciale all'agricoltura Gabriella Montera premia Mario Pasquali.



Roberta Chiarini della Regione Emilia-Romagna ha descritto la realtà regionale, particolarmente attiva nel settore, basti dire che qui si trovano due organizzazioni di produttori, il Cepa, il consorzio Patata di Bologna Dop e il Consorzio Patata italiana di qualità, la Borsa patate, ecc.

L'Emilia-Romagna è la prima regione produttrice con quasi 6.000 ettari coltivati e una produzione totale di oltre 2,2 milioni di quintali.

Secondo Mario Schiano Lo Moriello (nella foto accanto) dell'Ismea, la produzione italiana di patate vanta un livello qualitativo elevato - conseguenza sia della grande vocazione dei territori che delle moderne tecniche di coltivazione - ma soffre per la crescente concorrenza del prodotto proveniente da altri paesi europei e nord africani.

Per superare questa situazione è necessario migliorare la competitività della filiera, puntando sulla valorizzazione e l'aggregazione dell'offerta, l'innovazione di prodotto e di processo, la riduzione dei costi di produzione e la comunicazione verso il consumatore.

La patata offre infatti numerosi spunti che ben si prestano a valorizzarne il consumo: contenuto di servizi, territorialità e tipicità, sicurezza (tracciabilità), contenuti salutistici, diversificazione degli utilizzi e una gamma innovativa.

Il professore Pier Andrea Tosetto (nella foto accanto), dell'Università Milano Bicocca, ha presentato gli interessanti risultati di un'indagine sull'acquisto di patate condotta nell'hinterland milanese che ha messo in evidenza come il consumatore sia alla ricerca di maggiori informazioni relative al prodotto (assortimento varietale, valore nutritivo, conservazione, ecc.) e ai suoi utilizzi in cucina.



Infine, Fabio Tacchella (nella foto sopra) della Nazionale italiana cuochi ha ricordato che ogni ristorante italiano utilizza più di 60 chili di patate alla settimana per un totale di oltre 30 quintali all'anno. "Per poter valorizzare ulteriormente questo prodotto e creare un rapporto sempre più stretto e soddisfacente tra produzione e ristorazione – ha concluso Tacchella – sarebbe però auspicabile poter contare su una fornitura regolare di pezzatura omogenea, così da favorire la realizzazione delle molteplici e differenti ricette".


Foto di gruppo per i relatori, tutti premiati con una "patata d'argento".



Accanto al convegno, era possibile visitare anche un'interessante mostra pomologica (nella foto sopra) e vedere da vicino alcuni antichi attrezzi ora conservati presso il Museo della Patata di Vedrana di Budrio (BO).

Qui sotto: Aratro per patate, costruito da Mastro Lucio Orsoni in Vedrana di Budrio (BO) nel 1903.