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La strategia dell'azienda Minguzzi

In frutticoltura, per mantenere un margine occorre ridurre ulteriormente i costi di produzione

Durante l’ultima edizione di Macfrut, Anna Maria Minguzzi (nella foto accanto) della Minguzzi Spa Consortile di Alfionsine (RA) (vedi notizia FreshPlaza del 22/10/2012), ha presentato un'interessante relazione relativa ai costi di produzione in frutticoltura. FreshPlaza ne riporta le parti essenziali. 

"Presente in Romagna da oltre 50 anni, la nostra azienda abbraccia tutti i settori della filiera ortofrutticola del fresco: dalla produzione, alla lavorazione del prodotto finito, fino alla consegna diretta alla GDO. Come la maggior parte delle aziende del nostro settore, abbiamo iniziato lavorando e vendendo il prodotto ai mercati all'ingrosso che, a loro volta, rivendevano al distributore finale, fosse questo il negozio di varia tipologia e dimensione piuttosto che il mercato rionale". 

"Il prezzo di vendita cambiava secondo la pezzatura, la stadio di maturazione e i difetti di buccia o di polpa del frutto. Questo modo di lavorare permetteva a tutti gli attori della filiera, pur essendo numerosi, di guadagnare", ha affermato Anna Maria. 

"La PLV (produzione lorda vendibile) variava solo in funzione dell'eventuale mancanza di produzione o dei difetti del frutto e l'azienda agricola, che aveva una maggior certezza del prezzo di vendita, poteva programmare gli investimenti negli anni successivi, sulla base delle proprie risorse".

Dalla fine degli anni '80, però, due nuovi trend, in particolare, hanno determinato un progressivo cambiamento del settore: una accresciuta attenzione per la salute e la corretta alimentazione e, in contemporanea, l'avvento e il repentino imporsi sul mercato della Grande distribuzione organizzata (GDO).

"Questi due fattori – ha continuato Anna Maria Minguzzi - hanno portato, da una parte, a maggiori esigenze di qualità e salubrità da parte del mercato e del consumatore e, dall'altra, a una sempre più marcata forza economica e contrattuale della GDO, la parte che, di fatto, oggi definisce il prezzo finale del prodotto". 

"Il prezzo, infatti, viene determinato tenendo conto delle esigenze e programmazioni della GDO, piuttosto che dei costi dell'intera filiera, tanto che - soprattutto per alcune categorie - il prezzo destinato al produttore risulta spesso decisamente inferiore al puro costo di produzione". Per Anna Maria Minguzzi, quindi, il problema del prezzo non può dunque imputarsi esclusivamente alla lunghezza della filiera, essendo essa, al contrario, più corta rispetto agli anni precedenti.

Impianto di Pink Lady dell'Azienda Minguzzi SpA ad Alfonsine (RA).

L'esigenza di un prodotto sempre più sicuro e rispondente alle richieste del consumatore ha portato alla definizione - da parte della stessa GDO e degli organismi che controllano e organizzano la parte produttiva - di disciplinari di produzione ben definiti, indicanti le metodologie di coltivazione del frutteto, le caratteristiche organolettiche e i residui minimi che devono essere rispettati nel prodotto, con la prospettiva di trovare uno sbocco economicamente più soddisfacente a fronte di costi di produzione maggiori, seppur attenuati dai contributi europei.

"Negli anni - ha proseguito Anna Maria - i disciplinari definiti dalla GDO sono diventati la condizione sine qua non per essere inseriti nella lista dei suoi possibili fornitori, ma senza certezza e tanto meno senza avere il surplus economico promesso inizialmente. Contemporaneamente, i contributi comunitari a supporto del settore si sono fatti sempre più esigui ed erogati con eccessivo ritardo".

"La mia azienda ha seguito la linea tracciata dalla GDO, dalla Comunità europea e dalla Regione Emilia-Romagna e riesce ad offrire il prodotto con i requisiti richiesti dalla GDO a un prezzo superiore, seppur di poco, al costo di produzione. Ma prezzi livellati o addirittura inferiori ai costi di produzione - ha avvertito Anna Maria - causano ingenti perdite nella gestione annuale delle aziende agricole e obbligano i produttori a utilizzare linee di credito sempre più onerose, per realizzare rinnovi e investimenti".


Impianti di Pink Lady.

"A fronte di questa situazione, ormai assestata su prezzi troppo bassi, la Minguzzi ha deciso di investire sulla realizzazione di impianti frutticoli che consentano una maggiore omogeneità produttiva e l'uso di metodologie di coltivazione mirate a un abbassamento dei costi di produzione", ha puntualizzato Anna Maria.

Questo programma ha portato l'azienda Minguzzi innanzitutto ad adottare impianti a sviluppo verticale: il Fusetto al posto del Vasetto per quanto riguarda le drupacee, lo Spindel invece della Palmetta classica e la Palmetta in volume per le pomacee. 

Inoltre, è stato preferito l'utilizzo di macchine e attrezzature che consentano un più razionale impiego della manodopera, quali: 
  • carri da raccolta al posto delle scale
  • atomizzatori concentrati fino a 10 volte al posto dei normali atomizzatori, con un risparmio di circa il 30% sul costo della lotta: da 6 a 4 centesimi nelle drupacee e da 12 a 15 centesimi nelle pomacee 
  • trenini per la raccolta (nella foto sotto), al posto dei normali carretti, con un risparmio dei costi di raccolta del 25% per la pera Abate, da 200 a 250 kg/h, con un risparmio medio di raccolta pari a 5 centesimi al chilo
  • macchine per la raccolta meccanizzata dei prodotti indirizzati all'industria: fino al 50% dei costi nella raccolta dell’uva da vino 
  • Darwin per il diradamento meccanico.


"La macchina Darwin, usata quest'anno nella maggior parte dei nostri appezzamenti di pesche e nettarine, ha consentito un risparmio medio del 20% del costo totale e l'ottenimento di un prodotto di pezzatura maggiore, in quanto l'operazione viene effettuata in tempi notevolmente anticipati, rispetto a un diradamento completamente manuale", ha avuto modo di spiegare Anna Maria, aggiungendo: "Con impianti più adatti alla meccanizzazione, il risparmio potrebbe essere ulteriormente incrementato fino al 50%, corrispondente mediamente a circa 3 centesimi al chilo".

"All'interno delle nostre aziende - ha concluso Anna Maria Minguzzi - abbiamo anche fatto alcune prove di potatura meccanica. Sono certa che nei prossimi anni dovremo perseguire questa tecnica per ottenere un risparmio, rispetto alle operazioni manuali, di oltre il 70% del costo attuale e corrispondente a circa 6-7 centesimi al chilo".