
La vendita al dettaglio sta organizzandosi in modo elastico ed efficiente per incontrare le nuove tendenze di consumo (specialità, sostenibilità, produzioni locali, biologico, fair trade, etc..); lo scenario che si profila indica chiaramente comeil mondo produttivo sarà sempre più dipendente dalla rete capillare dei retailer, ormai presenti con proprie piattaforme anche nell'e-commerce (leggi qui) e nelle modalità innovative di acquisto virtuale "a distanza" (come la spesa attraverso smartphone nella metropolitana, ad esempio).

I retailer più avanzati stanno inoltre risolvendo le problematiche derivanti dalle forniture elaborando loro stessi i propri programmi di coltivazione (leggi qui), con approvvigionamenti diretti (leggi qui) presso produttori che lavorano praticamente in esclusiva per una determinata insegna (leggi qui) e dietro sue precise indicazioni. Il passo verso la costituzione di fattorie di proprietà privata dei retailer (dopo il "boom" delle private label) appare davvero molto breve.

Indicativo è anche il ruolo attivo di alcune catene britanniche nella sperimentazione e introduzione commerciale di nuove cultivar (leggi qui) o di nuove modalità di imballaggio per i prodotti freschi (leggi qui) o di nuove linee di prodotti salutari (leggi qui), in grado di attrarre il consumatore e/o di fidelizzarlo. In tale tendenza gioca ovviamente un ruolo importante la vivace competizione esistente tra le diverse insegne: investire in ricerca e innovazione (anche nel food) diventa dunque un fattore determinante di successo.

In un mondo nel quale "il polso" del consumatore (locale, ma anche globale) è sempre più nelle mani della grande distribuzione, è facile intuire da che parte potranno arrivare le risposte più efficaci alle esigenze di un mercato che cambia e anche dove prenderanno forma le nuove domande. Una produzione ortofrutticola che si organizzi per interloquire adeguatamente con i retailer avrà dunque tutto da guadagnare.
