A settembre 2012 i prezzi dei prodotti alimentari hanno fatto registrare l'aumento congiunturale più alto (+0,6%) dopo quello dell'istruzione, dovuto per lo più a fattori stagionali. Gli alimentari continuano a mantenere, dunque, un profilo inflativo vivace nonostante la difficile situazione dei consumi messa in evidenza dai più recenti dati sulle vendite al dettaglio. In cinque anni le famiglie hanno tagliato il budget destinato alla spesa alimentare di 11 miliardi di euro, al netto della dinamica dei prezzi.
Gli ultimi dati sul commercio al dettaglio danno conto di una situazione di forte sofferenza delle vendite nel nostro Paese che non risparmia neppure i consumi alimentari. È quanto si legge in una elaborazione del centro studi Fipe, la federazione italiana dei pubblici esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l'Italia, sui prezzi al consumo del mese di settembre pubblicati dell'Istat. La riduzione ha interessato tutte le categorie merceologiche a cominciare dal binomio pane-pasta, carne e formaggi scesi rispettivamente del 10%, dell'8% e del 9,9%. Solo su queste tre voci i tagli valgono oltre 6,6 miliardi di euro.
Anche i prodotti "salutistici" come frutta e vegetali sono stati colpiti pesantemente dalla crisi. Nel primo caso la riduzione è di 759 milioni di euro, nel secondo di 835 milioni di euro. E neppure acqua, bibite e succhi escono indenni da questo tsunami dell'agroalimentare, forse per una riscoperta dell'acqua del sindaco che, sebbene continui a non essere proprio economica, permette ancora di fare economie.
Nei consumi fuori casa la perdita è di 313 milioni, significativa ma pur sempre contenuta rispetto a quanto si registra all'interno delle mura domestiche e tuttavia sufficiente a smontare la tesi che vorrebbe un recupero del consumo domestico a scapito dell'extra-domestico.
Sulla base dei dati fin qui disponibili per un confronto della dinamica dei consumi alimentari in Europa a cavallo della crisi si rileva che la situazione italiana costituisce, insieme al Regno Unito, un'eccezione. Tra il 2007 ed il 2010 mentre nei paesi dell'area euro i consumi alimentari in casa crescevano ad un tasso medio dello 0,2, da noi calavano del 2%. Nei consumi fuori casa, seppure in un contesto di generale contrazione, risultiamo i più virtuosi con un decremento medio annuo dello 0,5% a fronte di un valore che nell'area euro è stato del -2%. A livello di singoli Paesi registriamo il -4,6% della Spagna, il -2,1% del Regno Unito e il -0,8% della Francia.


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