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Campania: nelle aziende agricole cresce il management femminile, ma rimane scarsa l'innovazione

Nel settore agricolo della Regione Campania aumentano le aziende di medie dimensioni, ma continua a prevalere il modello dell'impresa a gestione familiare. Cresce il numero delle donne a capo di azienda, al di sopra della media italiana. Ma resta ancora troppo basso il livello di informatizzazione e non si accelera il processo di ricambio generazionale. Questa la fotografia relativa alla Campania che emerge dal VI Censimento generale dell'agricoltura stilato dall'Istat.

I cambiamenti legati allo scenario socio-economico hanno modificato la struttura del tessuto produttivo. Dal 2000 al 2010 il numero delle aziende campane di settore si è ridotto del 41,6%, con un aumento della loro dimensione media, che passa da 2,5 a 4 ettari di Superficie agricola utilizzata (Sau), anche se resta alto il gap con la media nazionale (8 ettari). "Resta lo 'zoccolo duro' delle aziende a gestione familiare (97,2%) - spiega Franco Lorenzini della Direzione censimenti Istat - ma è evidente il processo di ricomposizione fondiaria. Le altre forme di conduzione, come le società o le cooperative, evidenziano tassi di crescita del 158,5%, con un aumento del lavoro salariato".

Il settore zootecnico si ristruttura seguendo la domanda dei consumatori e si concentra su produzioni ad alto valore aggiunto. La percentuale di capi azienda campani con almeno 65 anni di età si attesta al 31%, evidenziando un lento ringiovanimento. "In realtà - fa notare Lorenzini - la Campania resta stabile, mentre il dato medio nazionale passa da 60-64 anni a 55-59, allineandosi a quello campano". Anche sull'informatizzazione "ci aspettavamo di più sia a livello nazionale che regionale".

Radicata la presenza delle donne capo azienda, che in Campania rappresentano il 37,7%, rispetto al 30% del dato italiano. Solo il 5,8% dei titolari campani è laureato; di questi il 9,7% ha scelto un indirizzo agrario. Il 38%, invece, ha un livello di istruzione pari o inferiore alla terza media. Gli effetti della crisi influiscono anche sul numero delle giornate lavorative, che calano del 38,1% nell'ultimo decennio.

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