La frutticoltura caratterizza il territorio e l'economia del Saluzzese, nella fascia di altipiano e collina ai piedi delle Alpi che va da Cuneo fino a Pinerolo, arrivando a interessare verso la pianura il Fossanese e il Saviglianese. C'è poi la frutticoltura di collina, che, intarsiata tra i vigneti, modella i sistemi collinari di Roero e Monferrato, fino alle vallate dell'Alessandrino: la Val Curone con Volpedo e Viguzzolo.
Il comparto è composto da una rete di aziende molto specializzate che offrono prodotti di elevata qualità, grazie alle favorevoli condizioni pedoclimatiche, all'elevato grado di professionalità degli imprenditori, nonché all'applicazione di tecniche di produzione integrata e biologica.
Oltre il 60% della produzione piemontese è esportato nell'Unione europea e nei Paesi d'oltremare. Il Piemonte ha anche la fortuna di avere uno dei migliori centri di ricerca in Italia, il CReSO, che va fortemente sostenuto stante la sua funzione strategica.
I prodotti della frutticoltura piemontese non sono però adeguatamente remunerati dal mercato. Il comparto ha attraversato in quest'ultimo decennio periodi di crisi molto pesanti. Nel 2011 la caduta dei prezzi è stata addirittura vertiginosa.
La campagna frutticola 2012 sembra invece essersi avviata sotto auspici migliori rispetto al "disastro" del 2011: alcune produzioni, come le mele e le pere, hanno conseguito risultati perlomeno "dignitosi". Le retribuzioni di pesche, nettarine, susine e albicocche sono cresciute. Per il kiwi non si possono effettuare paragoni con le annate precedenti stante i quantitativi esigui ( 80 % in meno del 2011) a causa delle gelate primaverili.
Rispetto ad un anno fa la situazione è migliorata, ma i produttori temono che ciò sia da ricondursi a motivi contingenti, soprattutto la rilevante diminuzione di prodotto in molti Paesi dell'Europa occidentale (Francia, Spagna, in primis) e la analoga flessione in Trentino, Veneto e Friuli, e guardano con molta preoccupazione al loro futuro.
Per fornire prospettive di sviluppo certe al comparto occorre affrontare e risolvere alcuni nodi strutturali. In primo luogo occorre procedere sulla strada della maggiore organizzazione e concentrazione dell'offerta, lavorando per aggregare la più ampia quota possibile della frutta che ancora oggi non è organizzata, puntando su Organizzazioni di produttori vere, autentiche che gestiscono realmente il prodotto.
E' necessario poi attivare un fondo mutualistico per affrontare le crisi e sviluppare le polizze multi rischio, con il concorso della nuova PAC a cui va chiesto di varare un dispositivo che assicuri ai frutticoltori, in caso di grave crisi di mercato, un indennizzo simile a quello che li assiste in caso di calamità atmosferiche.
Occorre inoltre migliorare la trasparenza della filiera commerciale, arginando lo strapotere della grande distribuzione organizzata.
Non è più tollerabile che i prodotti agricoli facciano registrare dalla produzione al consumo dei rialzi abnormi e che la grande distribuzione organizzata si appropri di gran parte del valore, lasciando agli agricoltori le briciole.
Bisogna infine rilanciare i consumi di frutta attraverso forti campagne promozionali. Oggi, in Italia si consuma circa il 25 per cento in meno di frutta e verdura rispetto a dieci anni fa. Il dato è preoccupante per l'economia del comparto, ma ancor più impressionante se si pensa alla ricaduta sulla salute pubblica e bisogna anche agire in fretta perché è difficile arrestare i mutamenti dei costumi alimentari quando hanno messo delle radici profonde.
Igor Varrone
Direttore Cia Cuneo


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