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Chiarimenti sulla vicenda delle piante transgeniche presso l'Universita' della Tuscia: la ricerca messa al rogo non fa bene a nessuno

E' di qualche giorno fa la notizia della denuncia presentata dalla Fondazione Diritti Genetici di Mario Capanna ai Ministri dell'Ambiente e dell'Agricoltura e alla Presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, circa una situazione definita, dallo stesso Capanna: "di illegalità, grave quanto prolungata, circa i campi sperimentali di ciliegi, kiwi e olivi transgenici ospitati nell'Azienda Didattico-Sperimentale dell’Università della Tuscia di Viterbo".

"La sperimentazione in questione - sottolineava Capanna - era stata autorizzata per dieci anni a partire dal 1998, e la richiesta di estensione della ricerca, presentata dal Prof. Eddo Rugini nel 2009, è stata respinta per impossibilità di ottemperare alla normativa vigente in merito al confinamento dei campi transgenici". Pertanto, la Fondazione Diritti Genetici chiedeva alle istituzioni destinatarie della sua lettera di denuncia di: "voler comunicare alla scrivente Fondazione la Vs. posizione in merito, nel termine di 15 giorni dalla ricezione", riservandosi, in caso contrario, "di percorrere le vie legali adeguate".

FreshPlaza ha raccolto la testimonianza, su tale vicenda, del Prof. Eddo Rugini, chiamato in causa proprio dalla Fondazione di Mario Capanna. Il ricercatore rassicura innanzitutto di aver sempre lavorato "nell’assoluto rispetto dei protocolli di sperimentazione (peraltro da noi attentamente studiati e successivamente proposti al Ministero delle Politiche agricole, come modello) e stiamo continuando a farlo, contrariamente a quanto si legge nella lettera di Capanna".


Il campo sperimentale presso l'Azienda Didattico-Sperimentale dell’Università della Tuscia di Viterbo.

"I ciliegi che avete visto in fiore - prosegue il ricercatore - non hanno necessità di essere coperti, perché non sono transgenici. Accanto a questi, i ciliegi transgenici (che sono portinnesti), prima di essere stati sottoposti a manipolazione genetica erano completamente sterili (cioè non producevano nemmeno un granulo di polline perché triploidi) e tali sono rimasti allorché divenuti transgenici, per cui non c’è alcuna possibilità di diffusione di polline e quindi non necessitano di protezione".

"Gli olivi (transgenici per la riduzione della mole dell’albero e quelli modificati per aumentare la resistenza a malattie fungine) non hanno prodotto finora alcun fiore e purtroppo nemmeno quest’anno fioriranno, a causa di un ringiovanimento delle piante subìto durante la permanenza in vitro, sebbene derivate da materiale maturo di una varietà di pregio".

"Le uniche piante che fioriscono e che producono polline sono quelle appartenenti all'actinidia maschio, alle quali annualmente vengono eliminati i fiori prima della loro schiusura (per la stagione in corso abbiamo finito pochi giorni fa il lavoro di eliminazione e sterilizzati in autoclave). Le piante femmina (trangeniche per riduzione vigoria e transgeniche per resistenza a malattie) non producono polline e vengono impollinate artificialmente con polline di piante controllo per far produrre frutti da sottoporre a test in laboratorio, per verificarne la resistenza all'attacco dei funghi durante la conservazione, e successivamente distrutti, come da protocollo".

La richiesta di proroga... caduta nel nulla
A causa di condizioni sfavorevoli - quali la mancata fioritura degli olivi transgenici, le condizioni metereologiche che hanno impedito la raccolta dei dati scientifici sulla resistenza a siccità, già precedentemente osservata dai ricercatori, e soprattutto l'assoluta assenza di risorse finanziarie - non è stato possibile confermare con certezza la maggior parte dei risultati precedentemente raccolti in serra o in campo (per es: resistenza nel tempo alle malattie, resistenza alla siccità o al freddo, modifiche di proteine, eventuale allergenicità, etc.). Questi inconvenienti hanno indotto i ricercatori a chiedere alla Regione Lazio e al Ministero dell'Ambiente una proroga per raccogliere ulteriori dati, con la speranza sempre viva di trovare nel frattempo un finanziamento.

"Dopo la comunicazione da parte della Regione e del Ministero dell’Ambiente di dismettere la sperimentazione in corso - prosegue Rugini - questa Università ha chiesto di riconsiderare l'intera materia, al fine di adottare un provvedimento favorevole alla prosecuzione delle sperimentazioni de quibus, al fine non solo di portare a compimento l'attività sperimentale e giungere a risultati concreti nell’ambito della ricerca iniziata molti anni fa, ma anche per evitare un ingiustificabile spreco di denaro pubblico. Siamo ancora in attesa di un positivo cenno di riscontro sia da parte della Regione che del Ministero, nell’assoluto rispetto dei protocolli adottati e l’impossibilità di diffusione del polline per le ragioni sopra descritte".

Paradossalmente, dunque, la lettera di denuncia della Fondazione dei Diritti Genetici di Mario Capanna "ci ha ridato speranza - osserva Rugini - perché il desiderio di approfondire le indagini per capire e a fugare i dubbi di qualsiasi genere è evidentemente sempre vivo, e questo non è altro che quello che vogliamo noi ricercatori, che non abbiamo posizioni precostituite e siamo interessati solo a capire e conoscere i fenomeni".

A cosa servirebbe la ricerca?
"Farci proseguire le ricerche - commenta Rugini - servirebbe per difenderci attivamente da coloro che, senza scrupoli, ci obbligheranno (forse già lo fanno) a nostra insaputa a servirci di piante e cibi di cui non si conosce la natura o la genesi e noi, a causa della sospensione delle attività di ricerca, non siamo né saremo in grado di riconoscerli. In questo caso noi ricercatori, che da tempo lanciamo appelli in questo senso, non potremo essere certo considerati responsabili.

"Il campo sperimentale di piante di cui si chiede oggi la distruzione, proprio per la sua caratteristica di ospitare piante poliennali potrebbe costituire un’ottima fonte di informazioni. Se da parte della Fondazione Diritti Genetici c'è un vero interesse a conoscere ulteriori risultati scientifici, come mi sembra di desumere dalla sua lettera, confidiamo nella sensibilità del Ministero dell’Ambiente a non farci sacrificare subito le piante, altrimenti i risultati interessanti che potrebbero scaturire da indagini faranno la stessa fine (vanificati) di quelli relativi alla sperimentazione sulle fragole distrutte dai 17 "no global", successivamente condannati dal Tribunale di Viterbo".

L'espianto fissato il 12 giugno: lo Stato contro la ricerca pubblica
Insomma, un campo sperimentale che esisteva da oltre 10 anni, proprio a causa della natura delle piante arboree (che non sono insalata); un campo che avrebbe rappresentato una fonte di informazioni molto interessante; sarebbe bastato fare una deroga alle attuali leggi - assai discutibili - sulla sperimentazione in campo: la cosa non avrebbe comportato alcun pericolo, considerato anche la tipologia di vegetali usati. Ma la cattiva volontà, il pregiudizio e la disinformazione scientifica che impera sovrana a tutti i livelli hanno prevalso.

Il primo giugno 2012 è giunta presso l'Università della Tuscia una lettera da parte del Ministero dell'Ambiente con l'intimazione a spiantare "al più presto". Il giorno 11 giugno 2012, un ispettore della Regione Lazio si recherà presso l'Università a fare un sopralluogo. Dal 12 giugno in avanti inizieranno le pratiche per l'espianto (trattamento con disseccante); poi l'estirpazione vera e propria.

Doversi difendere dallo Stato, che prima paga la ricerca pubblica per fare il suo dovere e poi le volta le spalle al primo stormir di fronde, è quanto di peggio possa accadere.

La posizione e le proposte della comunità scientifica italiana su questa vicenda
La comunità scientifica, nella figura del Presidente della SOI (Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana), Prof. Paolo Inglese, considera estremamente grave il dover procedere con l'eliminazione di un campo sperimentale, al di là di ogni ragione formale. Ritiene questo gesto non degno di un Paese capace di riflettere e di prendere decisioni ponderate, lontane da contenuti meramente ideologici e che, al contrario, di fatto impediscono la raccolta di dati scientifici capaci di chiarire le reciproche posizioni.

L'idea del direttore della Fondazione Diritti Genetici, dott. Fabbri, di analizzare le piante da morte, è del tutto priva di senso. Senso avrebbe, invece, profittare della presenza, poliennale, del campo, per verificare de facto quali e quanti siano gli effetti sull'ambiente circostante. Abolire il campo significa non consentire verifiche di compatibilità ambientale, importantissime e chiarificatrici, e forse è proprio questo l'obiettivo: non consentire di dimostrare alcunché e continuare al mantenimento di un status quo tanto prepotente quanto oscurantista.

Paolo Inglese condivide pienamente, a tal proposito, l'invito rivolto dal Prof. Scaramuzzi, Presidente dell'Accademia dei Georgofili, alla Fondazione Capanna, a cogliere questa occasione per dimostrare che i loro presunti "danni da inquinamento" collegati alle piante transgeniche esistono veramente.

La comunità scientifica propone anzi di effettuare ricerche "in forma partecipata e trasparente" sulle piante coltivate nei dintorni del campo sperimentale. Se si dimostrasse, almeno una volta, che esistono pericolosi "inquinamenti", e soltanto allora, si potrebbe prendere in considerazione la validità di una richiesta, quale quella di smantellare un campo sperimentale ed il lavoro avviatovi da tanti anni, anche su piante longeve come l'olivo.

"Questa posizione è saggia, trasparente e propria di chi fa ricerca senza pregiudizi di alcun genere - conclude il Prof. Paolo Inglese - Perciò chiediamo ai Ministri interessati di non negare l'urgente prolungamento della concessione alla sperimentazione in atto, le cui risultanze sarebbero di capitale importanza per tutti".