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A cura di Pierluigi Santoro

Focus su: colture fuori suolo e pomodoro da mensa (seconda parte)

Continua dalla prima parte (vedi).

Le serre migliori per coltivare pomodoro da mensa sono le strutture multiple a padiglione, con tetto semicircolare a doppia campata con apertura di colmo laterale (vedi figura sotto).



La scelta di questa volumetria è molto importante nel caso di pomodoro a ciclo lungo perché la pianta sviluppa un’altezza considerevole, vicina ai 4 metri.

Per distribuire il calore nelle serre si utilizzano tubi/rotaia che corrono lungo le file delle piante in prossimità del substrato. Il riscaldamento nella zona basale permette di accelerare lo sviluppo della coltura grazie al microclima favorevole e ottenere un significativo risparmio energetico, in quanto il riscaldamento è localizzato dove vi è maggiore necessità. Gli stessi tubi servono anche per mobilizzare i carrelli utilizzati nella meccanizzazione dell’azienda (vedi foto sotto).



La coltivazione in sacco
Per la produzione fuori suolo di pomodoro da mensa la tecnica più utilizzata è la coltivazione in sacco. Sviluppata nel 1960 in Olanda, Belgio, Danimarca, Regno Unito, con sacchi di torba e sistemi di irrigazione a goccia, è stata successivamente perfezionata con l’impiego di substrati inerti (lana di roccia, perlite, poliuretano, pomice, ecc.) che risultano più facili da gestire perché non interferiscono con la soluzione nutritiva.

La movimentazione dei sacchi è facilitata dalla leggerezza dei substrati e non richiede particolari interventi strutturali in serra, se non il livellamento e la pacciamatura del terreno con la predisposizione di canalette per lo scarico o la raccolta della soluzione drenata.

La soluzione nutritiva è distribuita a ciclo aperto con vari interventi al giorno, mediante impianto di irrigazione a goccia e fertirrigazione, in modo da compensare i fabbisogni idrici della coltura e le perdite che avvengono per drenaggio.

Nel ciclo aperto, pertanto, i volumi irrigui corrispondono all’acqua evapotraspirata dalla pianta, più una quota che consente un minimo drenaggio, indispensabile per evitare aumenti di salinità all’interno del sacco. La coltura in sacco a ciclo aperto limita la diffusione, all’interno del singolo modulo, di eventuali malattie a livello di radici e colletto.

Le condizioni da soddisfare per formulare una corretta soluzione nutritiva comprendono il rispetto delle esigenze fisiologiche della pianta (disponibilità e facilità di assorbimento di tutti gli elementi indispensabili) e la stabilità della soluzione stessa (assenza di precipitazioni).

Importante è il controllo del pH della soluzione, che nella generalità dei casi risulta ottimale quando è compreso tra 5,5 e 6,2, ma che può essere anche più alto (fino a 6,5) o più basso (fino a 5) in relazione alle esigenze specifiche.



Tecnica culturale e produttività
Le piantine di pomodoro cherry arrivano in serra alla terza o quarta foglia vera, sistemate a coppia su un cubo di lana di roccia. La densità di coltivazione è di 2,5 piante/mq.

La forma di allevamento del pomodoro in fuori suolo è simile a quella effettuata su terreno in serra, con impiego di tutori (spaghi di plastica) collegati alla struttura della serra, e posti sotto il cubetto delle piantine al momento dell’impianto. L’allevamento è quello a stelo unico, con asportazione di tutti i getti laterali. Il ciclo utilizzato è quello lungo tipo olandese, da marzo fino a gennaio (11 mesi). Non si effettua la cimatura e si adottano dei tutori allungabili per poter abbassare le piante man mano che vengono raccolti i grappoli.



Con il ciclo lungo si pratica anche la sfogliatura basale, al di sotto dell’ultimo grappolo raccolto o anche sopra i grappoli ancora da raccogliere, per favorire la colorazione, specialmente in inverno.

In seguito la parte improduttiva, già privata dei grappoli e delle foglie, viene abbassata a livello del substrato, portando così ad "altezza uomo" la parte produttiva. Nel ciclo lungo la pianta ha sviluppo indeterminato, quindi questa operazione si ripete più volte man mano che si raccolgono i vari palchi.

Altro intervento importante è l’allegagione, nel periodo invernale primaverile. A questo scopo vengono utilizzati insetti pronubi del genere Bombus, che risultano molto efficienti con temperature superiori a 9-10º C.

Tra una coltura e la successiva viene effettuato un lavaggio accurato di tutta la superficie pacciamata della serra, con disinfezione finale della stessa prima del trapianto per il nuovo ciclo di coltivazione.

La qualità
Le produzioni ottenibili nella coltura condotta con l’impiego di substrati sono condizionate, oltre che della correttezza degli interventi tecnici, dall’insieme delle condizioni ambientali nelle quali si svolge il ciclo. A parità di queste condizioni, le produzioni ottenute in coltura senza suolo sono senza dubbio più elevate e di migliore qualità commerciale.

Nel caso di ciclo lungo - con serre ad elevata cubatura, riscaldamento efficiente, soglie termiche superiori ai 10 ºC - si ottengono produzioni di 30-35 Kg/mq. In prove parcellari sono state ottenute anche produzioni vicine ai 50 Kg/mq, analogamente a quanto rilevato in Olanda.

Da considerare che questo tipo di tecnica fuori suolo è l’unica che ci rende competitivi nei confronti dei paesi emergenti per pomodoro, peperone, melanzana, cetriolo, melone, anguria, zucca da zucchini, lattuga, ortaggi da foglia e fragola.

Per maggiori informazioni:
Dott. Pierluigi Santoro
Agronomist - Expert in bio-energy, horticultural and floricultural soilless
The Netherlands
Tel (estero): +31 629 123 560‬
Tel (Italia): +39 347 5463593‬
Email: pierluigi.santoro@gmail.com