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A cura di Pierluigi Santoro

Focus su: colture fuori suolo (prima parte)

Le "colture fuori suolo" sono rappresentate da tutte le coltivazioni condotte in assenza di terreno agrario, impiegando substrati o particolari sistemi di coltivazione, in cui le piante traggono per intero il loro fabbisogno in acqua ed elementi minerali da una soluzione nutritiva opportunamente calibrata. In assenza di substrato, le radici delle piante sono direttamente immerse nella soluzione nutritiva (colture idroponiche) o vengono nebulizzate con essa, con una certa frequenza (colture aeroponiche).

La diffusione di questo metodo di coltivazione nel nostro Paese sta avvenendo in modo graduale e oggi si possono stimare circa 700 ettari di colture idroponiche, con netta prevalenza della tipologia con substrato. Una superficie ancora piuttosto limitata rispetto agli altri paesi del nord Europa, ma vale la pena ricordare che venti anni fa riguardava solo una cinquantina di ettari.

Le regioni maggiormente interessate sono quelle per tradizione dedite alla ortofloricoltura: Sardegna, Lazio, Sicilia, Veneto, Campania, Toscana e Liguria.

Vantaggi e limiti
Tra i principali vantaggi offerti dalle moderne colture fuori suolo va segnalata la possibilità di produrre anche in aree marginali, altrimenti non utilizzabili in agricoltura, e il superamento di fenomeni negativi quali la "stanchezza del terreno" e gli attacchi di patogeni e parassiti conseguenti all'elevato livello di specializzazione colturale che caratterizza le produzioni in serra. Considerate le limitazioni introdotte per legge all'impiego del bromuro di metile, la risoluzione di questo vincolo si rivela decisiva.

È inoltre possibile migliorare le rese unitarie e le caratteristiche qualitative e salutistiche delle produzioni, grazie rispettivamente a un ottimale apporto idrico-minerale e alla minor presenza di residui tossici.

Non effettuando lavorazioni del terreno, letamazioni o concimazioni di fondo, è anche possibile attuare rapide successioni dei cicli colturali, adottare soluzioni che comportano risparmio energetico, quali il riscaldamento della zona radicale, e raggiungere elevati livelli di meccanizzazione.

È possibile poi ridurre i consumi idrici, di fitofarmaci e fitoregolatori e attuare strategie di difesa integrata.Infine, lo sviluppo di questo tipo di coltivazione consente un’espansione dell’indotto produttivo a supporto/servizio del mondo della produzione.

La coltivazione fuori suolo presenta anche degli svantaggi, quali la carenza di conoscenze specifiche, la necessità di una conduzione rigorosa degli impianti con frequenti controlli dei diversi parametri colturali e la parziale dipendenza da consulenti esterni per la gestione degli impianti.

Infine, le quote di ammortamento annuo piuttosto elevate degli impianti - che hanno mediamente una durata di cinque anni - vanno a gravare sul costo di produzione.

Segue nella seconda parte.

Per maggiori informazioni:
Dott. Pierluigi Santoro
Agronomist - Expert in bio-energy, horticultural and floricultural soilless
The Netherlands
Tel (estero): +31 629 123 560‬
Tel (Italia): +39 347 5463593‬
Email: pierluigi.santoro@gmail.com