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L'insana tentazione del protezionismo serpeggia nell'agricoltura italiana

Nonostante il G7 economico, cioè la riunione dei ministri dei paesi più industrializzati del mondo, con i loro governatori e con i rappresentanti delle istituzioni internazionali si sia appena pronunciato per un chiaro "no" al protezionismo, il Ministro dell'Agricoltura Luca Zaia (nella foto), intervenendo ad una trasmissione su Canale 5, ha invece dichiarato che "L'agricoltura italiana ha bisogno di essere 'protetta', mediante l'introduzione di misure protezionistiche come i dazi".

Riteniamo che una simile tentazione alla chiusura nei confronti dell'interscambio di prodotti agricoli tra i diversi paesi possa essere assai deleteria e configurarsi come una sorta di "boomerang", che finirebbe per recare più danni che benefici. Come lo stesso Ministro riconosce: "Certamente è vero che il PIL relativo all'agricoltura è cresciuto, ma è altrettanto vero che gli agricoltori italiani guadagnano meno".

Se i nostri agricoltori guadagnano meno, la prima cosa sulla quale interrogarsi dovrebbe essere il "perché" di questo minore guadagno: si scoprirebbe forse che le variabili in gioco sono molteplici e che i sistemi che si vorrebbero affrontare con approcci semplicistici, sono invece caratterizzati da un elevato grado di complessità e di interazione reciproca.

E' impensabile parlare di protezionismo in un Paese da sempre vocato all'esportazione delle proprie eccellenze; il rischio è quello di amare e ben più costose ritorsioni nei confronti dei nostri prodotti nazionali. Un momento di crisi e di difficoltà come questo richiede accortezza, competenza, diplomazia e una maggiore assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori coinvolti a livello decisionale. Procedere tentando di riportare indietro l'orologio della storia e dell'economia è l'ultima delle strade da seguire.