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Settore agricolo: Uncai chiede buonsenso nella zona rossa di Lodi

Un trattore con un operatore in cabina non trasmette alcun virus

Problemi quotidiani nella zona rossa in provincia di Lodi. E, se da un lato il primo blocco per evitare il diffondersi del coronavirus è stato doveroso, non si capisce perché ora le persone sane e che non hanno avuto contatti con quelle risultate colpite debbano rimanere recluse. Specie se possono svolgere il proprio lavoro in perfetta solitudine e senza venire a contatto con nessuno.

E' il caso di cinque contoterzisti della zona di Lodi. "Chi è riuscito a spostare le macchine - spiega Aproniano Tassinari, presidente Uncai - fuori dal territorio comunale prima che fosse posto in quarantena, riesce a portare avanti l'attività, impartendo indicazioni ai dipendenti per telefono, ma si trova nella situazione di non poter usare il gasolio agricolo. Chiedo di tutelare le aziende agromeccaniche, garantendo dei varchi sicuri tra zona rossa e gialla per gli operatori agromeccanici".

Nei comuni lodigiani classificati "zona rossa" ci sono cinque aziende agromeccaniche, a Vò, il comune padovano in quarantena, nessuna. Le cinque aziende lodigiane hanno adottato ogni misura atta a prevenire, per quanto possibile, il rischio di contagio e collaborano con i militari posti ai confini dell'area di contenimento. Tuttavia, sono stretti in una morsa.

La loro attività è dimezzata, potendo svolgere lavorazioni agromeccaniche solo sui terreni all'interno della zona rossa. Alla perdita di commesse e di fatturato, si aggiungono altre due difficoltà. I dipendenti residenti al di fuori della zona rossa non possono raggiungere il luogo di lavoro; inoltre, in caso di cambiali o rate dei mutui in scadenza, la chiusura delle banche rischia di mettere in gravissima difficoltà le aziende.

L'attività si era fermata già in autunno, a causa delle piogge abbondanti, poi è arrivato l'inverno. Solo nei giorni scorsi, grazie alle belle giornate, i contoterzisti avevano ripreso a lavorare con continuità.

"Occorre preparare i terreni per la semina - conclude Tassinari -  spargere il liquame, trasportare il digestato e, fra non molto, iniziano i trattamenti fitosanitari, operazione che un terzista deve eseguire su tre o quattro province".

In altre parole... un operatore sano, dentro alla cabina del proprio trattore, non infetta nessuno.