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Pesche e nettarine: consumi stabili, esportazioni crollate

I recenti impianti di nettarine, dal 2014 al 2016, sono per l'83% di tipologia dolce. Solo il 17% acida. Per le pesche, i nuovi impianti nello stesso lasso di tempo sono stati di tipologia dolce per il 52% e 48% per quelli acidi. Sono alcuni dei dati emersi dal Forum Peschicoltura europea tenutosi al Macfrut la scorsa settimana (cfr. FreshPlaza del 10 maggio 2018) con la regia del Cso di Ferrara.



E, a leggere i dati del Cso, il cosiddetto crollo dei consumi di pesche e nettarine, fra i consumatori italiani, non c'è mai stato: se ne consumavano 249mila tonnellate nel 2008, se ne sono consumate 271mila tonnellate nel 2017. Nel mezzo, valori intermedi sempre attorno alle 250mila tonnellate. Il prezzo medio pagato dal consumatore è variato fra 1,61 euro/kg nel 2008 e 1,57 euro/kg nel 2017. I due estremi sono stati 1,56 euro/kg nel 2009 e 1,80 euro/kg nel 2012.



Il vero crollo sta nelle esportazioni: erano 326mila tonnellate nel 2008 scese a 252mila nel 2017, pari al 26% di perdita. E' un circolo vizioso: le esportazioni sono diminuite, per lo più a vantaggio della Spagna che ha occupato le quote di mercato italiane, il prezzo pagato ai produttori cala, i produttori abbattono e piantano meno. E di conseguenza: i vivaisti lavorano meno, così pure chi vende mezzi tecnici. Tutto sommato i magazzini possono ovviare importando e rivendendo merce estera, ma il territorio si impoverisce.



Nel dettaglio, gli ettari persi in 10 anni sono stati 9800 di pesche, in Italia, con forte diminuzione al nord (-47%) e al centro (-51%), mentre più contenuta al sud (-9%). Per le nettarine, gli ettari persi in 10 anni sono stati 7400, tutti al nord e al centro; al sud sono aumentati di 180 ettari. In definitiva, nel 2008 le superfici di pesche, percoche e nettarine erano pari a 77055 ettari, crollati a 58110 nel 2017, vale a dire 19mila ettari in meno, pari al 25%.