Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber

Il sequenziamento del genoma di Drosophila suzukii, la nuova specie invasiva dannosa alle colture di piccoli frutti

Un team multidisciplinare di ricercatori della FEM-Fondazione Edmund Mach ha sequenziato e reso pubblico il genoma di Drosophila suzukii (vedi notizia), il famigerato moscerino che sta destando preoccupazione tra i produttori di piccoli frutti in Trentino e in tutto il mondo.

Drosophila suzukii, originaria del sud-est asiatico, negli ultimi 4 anni si è diffusa contemporaneamente negli Stati Uniti e in Europa. A differenza dei comuni moscerini della frutta (Drosophila melanogaster) che troviamo nelle nostre case, questo insetto predilige un'ampia varietà di piccoli frutti freschi, soprattutto fragole e lamponi, ma anche alcune varietà di uva. Le femmine utilizzano un ovopositore robusto e seghettato per inserire l'uovo direttamente nella polpa dei frutti sani prima che essi giungano a completa maturazione, portandoli al disfacimento in pochi giorni (vedi anche precedente scheda).


Esemplari femmina (a sinistra) e maschio (a destra) di D. suzukii. Gli adulti di D. suzukii misurano dai 2-3 mm e presentano occhi rossi; il maschio si riconosce agevolmente per le due macchie scure sulle ali, mentre la femmina si distingue per la presenza di un robusto ovopositore denticolato che permette l’inserimento delle uova nei frutti ancora prima della maturazione.

Finora l'efficacia dei trattamenti chimici è risultata insufficiente; un gruppo di lavoro composto da ricercatori del Centro Ricerche e Innovazione e del Centro di Trasferimento Tecnologico della FEM è già ora impegnato in numerose indagini volte ad individuare mezzi di controllo sostitutivi o integrativi alla difesa chimica. Risultati incoraggianti si sono ottenuti per esempio utilizzando trappole e reti anti-insetto.

Promettenti per il futuro sono le tecniche biologiche che sfruttano l'azione di limitatori naturali o che operano interferendo con il comportamento riproduttivo e sul rapporto con le piante ospiti. L'efficacia e lo sviluppo di queste metodiche sono però fortemente legate alla conoscenza dettagliata della biologia dell'animale e del suo corredo genetico. Il genoma di D. suzukii è dunque un'opportunità per stabilire un ponte diretto tra la ricerca di base e quella applicativa. In particolare, il genoma di D. suzukii rappresenta il punto di partenza per lo sviluppo di biotecnologie mirate al controllo di questa nuova specie invasiva.

Non saranno solamente vari gruppi di ricerca in FEM a giovarsi del sequenziamento del genoma, come afferma il direttore del Centro di Ricerca e Innovazione della FEM, Roberto Viola: il "rilascio" pubblico del genoma consentirà a decine di gruppi sparsi per il mondo di avere un valido compendio per la ricerca e lo sviluppo di nuovi sistemi di lotta per quello che è un problema per l'agricoltura di molti paesi.


Danni causati da D. suzukii su diversi frutti (Foto A. Grassi).

L'avvento di moderne tecnologie consente oggi di sequenziare piccoli genomi come quello di D. suzukii a fronte di un minimo investimento. Mediante l'uso di macchine di calcolo, in parte fornite anche dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento e dall'Università di Edimburgo (UK), è stato possibile ottenere in tempi molto brevi questa prima “versione“ del genoma. Gli informatici del centro di Biologia Computazionale hanno poi lavorato in sinergia con i genetisti del gruppo di Ecogenomica e con gli entomologi del gruppo di Chimica Ecologica, che hanno guidato e coordinato il progetto.

Gianfranco Anfora, coordinatore del gruppo di Chimica Ecologica nel Dipartimento Agroecosistemi Sostenibili e Biorisorse, sottolinea sia la necessità di integrare i diversi sistemi di lotta per poter contenere l'insetto sia l'importanza del sequenziamento del genoma di D. suzukii in FEM come strumento di conoscenza per rendere più efficaci le tecniche di difesa contro questo moscerino.

L'analisi del genoma è appena iniziata nei laboratori FEM e si è concentrata inizialmente a capire dove e come si sia evoluta D. suzukii. Omar Rota Stabelli e Lino Ometto, che hanno guidato le analisi evolutive, dicono che l'areale di distribuzione della specie sia nel sud della Cina, a ridosso delle catene montane che confinano col Tibet, spiegando quindi il perché D. suzukii si sia ambientata così bene al clima trentino e sia possibile trovarla fino a 2000 metri.



Un valido approccio per utilizzare a fini applicativi le informazioni presenti nel genoma è la comparazione con altre specie. Parte del lavoro sarà infatti rivolto ad un’analisi comparata del genoma e delle reti di geni di D. suzukii con quelli del comune moscerino della frutta D. melanogaster.

Gli studi condotti da Ilaria Pertot e dal Centro di Biologia Computazionale si concentreranno sul definire quali reti di geni siano associate all’olfatto, al comportamento e allo sviluppo dell’organo ovopositore e come questi differiscano fra D. melanogaster e D suzukii. Duccio Cavalieri, coordinatore del Centro di Biologia Computazionale, afferma che dallo studio comparativo dei network genici e dei pathway metabolici si potranno individuare alcuni bersagli specifici per i metodi di lotta integrata, andando per esempio ad interferire con le capacità olfattive di D. suzukii o riducendone la fertilità.

Per la realizzazione dell'articolo si ringraziano:
Il Direttore del Centro Ricerche e Innovazione della Fondazione Edmund Mach, Roberto Viola, che ha supportato il progetto. Il lavoro è stato svolto nell’ambito delle attività del Dipartimento "Agroecosistemi Sostenibili e Biorisorse", coordinato da Ilaria Pertot. L’idea progettuale è stata proposta da Gianfranco Anfora e Omar Rota Stabelli e supportata dal gruppo di ricerca di "Chimica Ecologica" guidato da Gianfranco Anfora. Il sequenziamento è stato fisicamente effettuato presso l’Università di Edinburgo (Marc Blaxter). Le analisi bioinformatiche sono state curate dal Centro di Biologia Computazionale della Fondazione Edmund Mach coordinato da Duccio Cavalieri e in particolare da Alessandro Cestaro, Marco Moretto e Paolo Fontana. Le analisi evolutive sono state svolte in collaborazione con il gruppo di ricerca di Ecogenomica di Claudio Varotto, con il fondamentale contributo di Lino Ometto.