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Scheda: l'agricoltura nell'area vesuviana

Il Vesuvio, come viene impropriamente chiamato il complesso vulcanico del Somma-Vesuvio, è l’elemento caratterizzante la morfologia del golfo partenopeo, anzi il suo stesso emblema.

La caratteristica del vulcano, unico ancora attivo nell’Europa continentale, è l’avere 2 cime che, partendo da una base comune, si differenziano a circa 700 metri s.l.m.: da un lato il monte Somma, la cui punta più alta (Punta Nasone) raggiunge i 1132 metri, dall’altra il Vesuvio propriamente detto la cui altezza attuale è di circa 1277 metri.

Il complesso del Somma Vesuvio è un vulcano a recinto, vale a dire un vulcano nato sui resti di un suo antico "predecessore": l’antenato in questione è il Somma, il cui sprofondamento fu causato da una catastrofica eruzione di età preistorica. Da quell’evento si formò il recinto, ovvero la "caldera" dove in seguito nacque il cono del Vesuvio.


Una splendida foto del Vesuvio, della fascia pedemontana e di Napoli con il suo golfo.

Storia dell’agricoltura vesuviana
La storia della agricoltura vesuviana affonda le sue radici in epoche lontanissime, così come antichissimi sono gli insediamenti umani alle pendici del monte Somma-Vesuvio.

Una storia segnata dalla presenza affascinante e "viva" del Vesuvio: il vulcano, da più di 60 anni addormentato, ha visto un gran passaggio di popoli nonostante la sua forza distruttrice; qui l’uomo è sempre ritornato per ricostruire e ricoltivare, attratto dalla straordinaria fertilità dei luoghi legata proprio all’attività eruttiva del Vesuvio.


Il Parco nazionale del Vesuvio visto dal satellite.

Oggi giorno è ancora possibile leggere il territorio vesuviano in funzione della diffusione di questa o quella coltura agricola, introdotta in tempi più o meno recenti, ovvero presente da millenni.

Verso le basse pendici, ricche di silicio e potassio, permane la zona orticola, con pomodorini, fave, piselli, zucchine, cavolfiori, carciofi, broccoli, finocchi; vivo è l’antico culto latino per il vino, con la vite che domina fino ai 400-500 metri sul livello del mare. Ma quel che più caratterizza la ricchezza dell’agricoltura vesuviana è la frutticoltura, sia per le qualità organolettiche dei frutti, sia per la sopravvivenza di tante antiche varietà.


Albicocche del Vesuvio, chiamate localmente Crisommole.

Per secoli l'agricoltura vesuviana una delle più ricche d'Italia
Per secoli e secoli l’agricoltura vesuviana è stata una delle più ricche d’Italia. Purtroppo negli ultimi cinquant’anni si è assistito ad una progressiva perdita delle superfici agricole, a vantaggio di una selvaggia e sregolata pratica edilizia.

La pressione demografica ha avuto gioco facile su di una agricoltura che non garantiva più redditi soddisfacenti agli agricoltori. La proprietà contadina è stata smembrata e parcellizzata per costruire prime e seconde case, regolarmente abusive (nella foto a destra: alberi da frutto nella fascia pedemontana vesuviana).

Oggi, l’agricoltura in queste zone vive una profonda crisi strutturale, perché gli alti costi di produzione propri di un'agricoltura di montagna non sono compensati da una remunerazione sui mercati adeguata all’indiscutibile qualità organolettica dei suoi prodotti tipici.

Tra le cause di tipo agronomico vanno elencati anche i maggiori costi di produzione dovuti alla natura accidentata dei terreni, che rende difficile la meccanizzazione delle operazioni colturali.

La frammentazione della proprietà contadina impedisce di realizzare economie di scala
Tra le cause della crisi di tipo macro economico endogene, la principale è senz’altro rappresentata dalla frammentazione della proprietà contadina che impedisce la realizzazione di economie di scala e frena gli investimenti in opere di miglioramento fondiario e nell’acquisto di attrezzature.

Inoltre, la dimensione troppo piccola delle aziende impedisce loro l’adozione di politiche di commercializzazione e di comunicazione adeguate alle esigenze odierne del mercato. Infine, la mancanza di strutture idonee per lo stoccaggio, la conservazione e il confezionamento dei prodotti impedisce agli agricoltori di saltare i passaggi dell’intermediazione e di accorciare la filiera.

Tra le cause di tipo macro economico esogene vanno citate la globalizzazione del mercato agroalimentare e la conseguente offerta sui mercati, anche locali, di prodotti ortofrutticoli a prezzi più bassi e meglio confezionati di quelli vesuviani, ancorché di qualità inferiore sul piano organolettico.

Per queste ragioni, la recente politica di valorizzazione dei prodotti tipici, sostenuta dagli enti pubblici, ma poco partecipata dai produttori, che sta portando al riconoscimento della IGP (Indicazione Geografica Prodotte) per l’Albicocca vesuviana e della DOP (Denominazione di Origine Protetta) per il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, già conseguita nel 2010.

Sebbene meritevole, questa politica di valorizzazione produttiva e commerciale di questi prodotti agricoli, non è sufficiente, da sola, a invertire la tendenza all’abbandono delle campagne e a garantire il ricambio generazionale, considerato che l’età media degli agricoltori vesuviani è di oltre cinquanta anni.