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Le angurie del Salento destinate all'estinzione?

Un grido di dolore giunge dalla Puglia, in particolare dal Salento, principale areale per la produzione di angurie estive, e giunge proprio all'inizio di luglio, quando i consumi, complice pure il turismo, dovrebbero essere ai massimi storici e i produttori dovrebbero trovare soddisfazione. Così non è.

La testimonianza di un operatore locale non lascia dubbi circa la sproporzione tra costi di produzione e offerta da parte dei distributori. "Stiamo parlando di 2,5 centesimi al chilo per il prodotto in campo, contro costi di produzione doppi se non tripli. Mentre per la stagione del melone retato abbiamo visto una ripresa delle quotazioni grazie a una carenza di prodotto, le angurie e le mini angurie sono fuori da ogni possibile quotazione realistica".



La lotta fra i vari gruppi della grande distribuzione organizzata, secondo l'operatore, rischia di far scomparire un intero comparto produttivo. "Si parla tanto di favorire il prodotto locale e il consumo non manca, pure se sta orientandosi su tipologie di angurie di peso e dimensioni più contenute. Se il prodotto non si consumasse per nulla, capirei che non sarebbe vendibile a nessun prezzo. E invece, guarda caso, a noi si chiede di consegnarlo a 10 centesimi (f.co piattaforma) invece che magari a 20 o a 30, quotazioni che non farebbero alcuna differenza per l'acquirente finale, ma che consentirebbero alla filiera di sostenere i costi".

Tra i produttori serpeggia scoraggiamento, se non amarezza: "La Grecia - spiega ancora l'operatore - ha registrato una campagna tutto sommato positiva, con quotazioni tra i 20 e i 24 centesimi al chilo, e anche per la Sicilia la campagna è stata discreta. In Puglia, invece, che dispone dei volumi più ingenti, tanto l'annata 2017 quanto la stagione attuale rischiano di risultare catastrofiche".

Anche lavorare con i clienti all'estero sembra non costituire una via di salvezza: "Ormai gli acquirenti sono a conoscenza, quasi in tempo reale, dei prezzi offerti e pure quelli virtuosi si allineano verso il basso. Sui mercati all'ingrosso ancora si riesce a difendersi, soprattutto per la merce di alta qualità".

"Il rischio - conclude l'operatore - è quello di subire la stessa sorte delle patate novelle della zona di Lecce. Sono praticamente sparite. E neppure l'attribuzione del marchio DOP-Denominazione di origine protetta è bastata a scongiurarne il fallimento".