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Il progetto deve essere locale e affidato ai Mercati o alle Op del territorio

Frutta spagnola nelle scuole, e' inutile scandalizzarsi

Negli ultimi giorni è tornata alla ribalta la questione della frutta spagnola distribuita nelle scuole italiane nell'ambito del progetto "Frutta nelle scuole". Ma è inutile scandalizzarsi. Prima di tutto perché non è una novità: già lo scorso anno se ne parlò ampiamente (cfr. FreshPlaza del 26/05/2017) e anche se può sembrare un'anomalia, il tutto rientra in un progetto condiviso.



Non è che l'Europa può stare bene solo quando manda i contributi dell'Ocm, di cui fanno ampio uso le Op per chiudere i bilanci e qualcosa arriva pure agli agricoltori, talvolta, mentre se fa circolare la frutta a livello comunitario dà fastidio. Fermo restando che la frutta, secondo il Regolamento, potrebbe arrivare da tutto il mondo (cfr. FreshPlaza del 1/06/2018).

E' proprio l'intero progetto a fare acqua, perché le lamentele sulla scarsa qualità sono arrivate su referenze anche italiane, non solo straniere. Il progetto è centralizzato: organizzare milioni di vaschette non è semplice e occorrono fornitori organizzati e in grado di fornire grandi quantitativi di prodotto. Per le albicocche, ad esempio, la produzione italiana appare troppo frammentata per garantire la fornitura.

Ciò non significa che sia normale che ci sia frutta spagnola nelle scuole italiane. Il primo aspetto negativo è che questa frutta spagnola non è buona, al pari di quella italiana. Di questo ci si dovrebbe preoccupare. E non è buona perché la logistica e l'organizzazione impongono di doverla raccogliere a uno stadio di maturazione non da consumo, ma da trasporto: è la solita storia, la solita causa che sta dietro il calo dei consumi.

La soluzione, allora, è solo una, se si vogliono educare i bambini a consumare la frutta e proseguire nell'esperienza. Il progetto deve essere locale e affidato ai Mercati o alle cooperative e Op dei territori. Oppure ad agricoltori organizzati. In questo modo si possono raccogliere frutta e verdura il giorno prima e consegnarle alle scuole al giusto punto di maturazione. Almeno per fragole, albicocche e ciliegie. Al sud d'Italia anche per pesche e nettarine.

Non è una cosa impossibile, non ci vogliono 4 lauree per arrivarci. Basta il buon senso. In questo caso, quando c'è di mezzo l'educazione dei bambini, non è importante fare i grandi numeri e sbandierare di aver raggiunto milioni di alunni. Meglio raggiungerne meno, ma dare un effettivo prodotto di qualità. Il Ministero avrà il compito di coordinare e di pagare coloro che si impegneranno.

Ma agli alunni del paesino delle colline di Imola (Bologna) non devono arrivare albicocche spagnole. Piuttosto, è meglio accompagnarli una mattina a fare un giro in in azienda dall'agricoltore facendo loro assaggiare le albicocche appena staccate dalla pianta. Questo vuol dire educare.