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L'Arancia Rossa siciliana fa colpo sulle etichette dei succhi: ma dati certi sulle forniture non ce ne sono

Di arance rosse siciliane e della loro indiscussa bontà se ne parla in tutto il mondo. Che siano utilizzate dai maggiori marchi di bevande in tutto il mondo, super premiate e commercializzate anche negli Stati Uniti gratifica molto gli imprenditori del settore. Meno gratificante la circostanza che non ci sia nessuna garanzia a tutela del consumatore sulla provenienza e sulla composizione dei succhi che arrivano sulle tavole dei consumatori.



Di fatto, quando si parla del brand Sicilia in relazione al comparto agrumicolo - peraltro una delle voci più importanti del PIL isolano - c'è sempre da dirimere questioni che attengono a un settore frammentato dove la parola chiave sembra essere la "deregulation" che, di fatto, penalizza tutta la filiera.

Tutto chiaro invece per la Nataliès Orchid Island Juice Company, l'azienda agricola con sede in Florida (USA) che in questi giorni lancia la linea di spremute fresche di arancia rossa siciliana vincitrice del FABI Award 2017 (vedi notizia correlata).

Anche in questo caso vige l'assoluta genericità dell'informazione perché, sebbene l'azienda dichiari di "selezionare" i migliori frutti freschi siciliani destinati alla spremitura, non entra però in ulteriori dettagli. Forse è sbagliato anche i termine "selezionare", in quanto solitamente la partita di arance che poi va al mercato del fresco o all'industria la "seleziona" il produttore, non il trasformatore.



Sembra pura metafisica la possibilità di avere dati in chiaro persino dalle Istituzioni, che spesso non sono in grado di fornire cifre concordanti sui flussi produttivi di prodotto fresco e succo di agrumi.

Ancor più remota la possibilità di istituire tavoli di confronto in cui gli imprenditori siciliani possano ragionare insieme – come avviene per altri comparti più evoluti del nord Italia- sulla reale produzione di arance, limoni, pompelmi.

Senza voler confondere le cause con gli effetti, la questione che attanaglia il comparto è soprattutto legata al vuoto normativo che non prevede la tracciabilità del prodotto lungo la filiera.



Ciò vuol dire che, non esistendo un albo con i dati relativi alla quantità di prodotto trasformato e a quella di prodotto ottenuto, è chiaro che qualsiasi succo di agrume può diventare prodotto siciliano e ognuno può fare come vuole.

Ne consegue che non sappiamo quasi nulla sulla qualità, quantità e prezzo degli agrumi da destinare alla produzione di succhi 'Made in Sicily' con materie prime certificate provenienti dalle campagne siciliane.

Ne Parliamo con Salvatore Imbesi (in foto a destra) general manager di Agrumi-Gel, azienda di Barcellona Pozzo di Gozzo (ME) da sempre impegnato sulla controversa vicenda che ha dato origine a un'interrogazione al Parlamento europeo, presentata dall'europarlamentare Giovanni La Via alla quale si è avuta risposta ufficiale, anche questa tuttavia poco chiara, proprio in questi ultimi mesi (cfr. FreshPlaza del 23/02/2017).

"Ritengo che il nostro settore necessiti sia fatta luce sulle dinamiche del mercato: questo potrà avvenire solamente quando verrà creato un sistema che permetta di tracciare e avere totale evidenza circa le quantità di agrumi coltivati, raccolti, commercializzati e trasformati".

"E' fondamentale mettere a disposizione di chiunque queste informazioni. Di fatto, oggi, allo stato dell'arte, se andiamo ad analizzare i dati in possesso di diverse Istituzioni, troviamo persino dati discordanti tra di loro. Credo che la soluzione migliore sia quella di avere un unico database dove possano confluire tutte queste informazioni, con dati in chiaro e di facile lettura, consultazione e interpretazione per tutti".



"Questo farebbe sì che il mercato globale possa avere un'idea chiara di quali siano i flussi produttivi del nostro paese. Non possiamo più permettere che sullo scaffale si presentino in bella mostra dei prodotti che nella loro lista di ingredienti presentano - tra decine di elementi - magari solo uno di quelli provenienti dalla nostra terra e che, solo per questo, sia legittimo esporre in etichetta la dicitura Succo di Arancia Rossa".

"Ritengo che questa sia, in primis, un'offesa nei confronti del consumatore che viene ingannato, in quanto è convinto di acquistare un prodotto con determinate caratteristiche legate al territorio, ma che in effetti non è esattamente quanto gli viene presentato".

 "Un danno che riguarda anche gli attori del mercato, a partire dal produttore che vede sminuito il valore della sua attività, nella quale pone impegno e sacrificio. Mi viene da pensare che la chiara regolarizzazione nell'utilizzo dei prodotti e loro presentazione in etichetta diventi indistintamente una condizione scomoda, per tutte le aziende di imbottigliamento, dalle grosse multinazionali ai produttori di nicchia".

"Se dovessi fare un giro tra gli scaffali di qualunque catena di supermercati al mondo – sottolinea l'imprenditore- riempirei un carrello intero di prodotti con immagini e scritte ingannevoli che abusano dell'utilizzo della dicitura Arancia Rossa di Sicilia perché,oltre alla visibilità, si fanno buoni affari associando il brand Sicilia agli agrumi".

Interrogarsi sul fatto che, di questo splendido succo, in realtà non abbiamo grandi volumi produttivi, perlomeno non tali da giustificare la pluralità di prodotti in commercio, sembra non interessare nessuno. Da anni sono promotore di questo progetto sensibile al desiderio di giustizia della parte agricola".

"Lungo il percorso ho trovato l'appoggio di diversi attori, piccoli produttori, cooperative e istituzioni, ma con immensa amarezza non nascondo che alcuni di questi, nel tempo, per vicissitudini varie, hanno abbandonato tale progetto.
La logica deduzione – sottolinea Imbesi - è che si tratti di un progetto scomodo, soprattutto per i poteri forti,attenti più alle logiche di mercato e al business che ne deriva che non ai bei discorsi".

"Resto comunque del parere che per noi siciliani sia un bene fare chiarezza e che nel breve/lungo periodo, con il sostegno di operatori consapevoli e illuminati, fare un bilancio tra costi e benefici sulla tracciabilità di filiera gioverà tantissimo a dare slancio al settore per migliorare le prospettive per le generazioni future".

"In Italia ci sono esperienze virtuose che interessano altri comparti agricoli, non credo sia stato scontato farlo, forse c'è bisogno di tempo? Certamente il fatto che esistano brand italiani che mostrano sull'etichetta informazioni tanto dettagliate sul percorso di filiera dei loro prodotti è la dimostrazione di come, al di là del vuoto normativo, delle multinazionali e quant'altro, si possano fare avanzamenti anche in maniera autonoma".

Imbesi conclude: "Tornando all'articolo dell'azienda americana Nataliès Orchid Island Juice Company, leggere che in Florida: "Il succo di arance rosse viene confezionato artigianalmente a partire dalle migliori arance fresche siciliane; il Nataliès Blood Orange è un prodotto trattato in misura minima e privo di conservanti, aromi, concentrati e ingredienti artificiali" mi riempie davvero di gioia e di stupore al tempo stesso".
 
Contatti:
Agrumi-Gel S.r.l.
C.da Girotta
98051 - Barcellona Pozzo di Gotto (ME)
Tel.: (+39) 090 9707329
Fax: (+39) 090 9797967
Cell.: (+39) 347 3830904
Email: imbesi.salvatore@agrumigel.it
Web: www.agrumigel.it