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69ma Assemblea Fruitimprese

Innovazione e competitivita' in ortofrutta: scenari e opportunita' in Cina, Europa e Italia

Il convegno dal titolo "Innovazione e competitività nel mercato internazionale" ha aperto i lavori della 69ma Assemblea Fruitimprese ieri, 19 aprile 2018, a Roma presso l'Hotel Ambasciatori di Via Veneto. Con i significativi contributi dei relatori e con il bilancio della situazione italiana nel 2017 da parte del presidente Fruitimprese Marco Salvi, tutti i partecipanti hanno potuto beneficiare di nuove chiavi di lettura.



L'analisi degli scenari in atto sul fronte del commercio internazionale parte da lontano, più precisamente dalla Cina, grazie alla relazione della Prof.ssa Alessia Amighini, associata di politica economica e co-direttrice dell'osservatorio Asia dell'ISPI-Istituto Studi Politica Internazionale.



Cina primo paese produttore, ma anche forte importatore
L'esperta ha messo in guardia contro una serie di luoghi comuni nella valutazione del mercato cinese, in particolare di quello frutticolo, che possono confondere le idee agli imprenditori che volessero affacciarsi a nuove sfide in Oriente. Nel decennio 2007-2017, una delle tendenze più rilevanti nel settore frutticolo globale è il significativo aumento delle importazioni di frutta fresca in Cina: una nazione cresciuta sia in termini di produzione, ma anche nell'import-export, diventando il quarto paese esportatore e il secondo importatore di frutta fresca al mondo.

"Se è vero - ha osservato Amighini - che la Cina rappresenta il principale produttore per molte tipologie di frutta, non per questo ciò significa che non abbia bisogno di importare volumi altrettanto, se non più, abbondanti. Spesso i grandi produttori sono anche grandi esportatori e importatori".

L'ortofrutta italiana cresce in Cina, ma non basta
Secondo gli ultimi dati statistici, a livello globale l'Italia figura tra i primi 10 esportatori di frutta nel mondo e la sua posizione in Cina, seppure quantitativamente poco incisiva, ha visto percentuali di crescita ben superiori a Paesi che storicamente già esportano frutta verso il gigante asiatico. Questo grazie alla logica cinese di diversificare i fornitori: i Cinesi vogliono superare la dipendenza dalle forniture statunitensi, integrando il parco fornitori con altri paesi alternativi.


I primi 10 paesi esportatori di frutta fresca del mondo, con il confronto tra fatturati 2006 (barra scura) e 2016 (barra chiara).

Tra il 2012 e il 2016 il tasso di crescita delle importazioni di frutta italiana in Cina ha segnato oltre il +60%, a riprova che il settore ha lavorato bene. Le esportazioni del made in Italy agroalimentare in Cina sono aumentate nel 2017 del 15%, con un valore di oltre 448 milioni di euro. Tutto questo però rappresenta solo il biglietto da visita in un ambito di azioni più ampie, che prevedono la costruzione di rapporti bilaterali, un'accorta diplomazia, e la sigla dei protocolli fitosanitari per l'autorizzazione all'esportazione dei prodotti. "Si pensi - ha sottolineato la docente - al caso dell'Australia che è riuscita a creare molte aperture per i propri prodotti sul mercato cinese, grazie ai buoni rapporti diplomatici intercorrenti tra due paesi".



L'importanza della logistica
I fattori che fin qui hanno trainato l'aumento delle importazioni frutticole cinesi sono i medesimi che si registrano anche in altre aree del pianeta. Tra questi: un migliore accesso al mercato, le mutevoli preferenze dei consumatori e un aumento del potere d'acquisto. Il tutto in combinazione con una logistica migliorata. Non va infatti dimenticato che la Cina è un paese di proporzioni gigantesche e che spesso i punti di approdo dei traffici navali sono enormemente distanti dai luoghi di potenziale consumo delle merci. Una migliorata gestione della catena del freddo e dello stoccaggio possono in questo senso favorire il trasporto di prodotti deperibili su percorsi più lunghi.

Tra le innovazioni utili, dal punto di vista logistico, c'è l'apertura di rotte ferroviarie, più rapide (seppure al momento molto più costose) rispetto a quelle marittime: interessante da questo punto di vista è l'esperimento di collegamento ferroviario diretto tra la località cinese di Chengdu, capoluogo del Sichuan, e Mortara (vicino Pavia), con la creazione di una via della seta ferroviaria che copre il tragitto in 16-18 giorni, contro i 45 giorni circa richiesti dal trasporto marittimo.

Tendenze
Sulle dimensioni del potenziale mercato cinese, la professoressa Amighini ha puntualizzato: "Non dobbiamo dimenticare che la classe media cinese rappresenta una popolazione di 100 milioni di abitanti, con un reddito medio pro capite ben superiore a quello italiano. Spesso non ci si rende conto del fatto che la Cina non può essere considerata un unico mercato, piuttosto è costituita da tante enormi piazze, affrontare le quali è possibile solo per le imprese più strutturate, perché sarebbe poi molto facile esaurire rapidamente i quantitativi disponibili, nel momento in cui i consumi aumentassero".

Da questo punto di vista, uno studio Rabobank conferma che il consumo medio procapite di frutta in Cina varia, in funzione del reddito, da 32 a 80 kg, valori ancora lontani dai livelli medi europei (in Italia si acquistano 132 kg procapite), ma in rapida crescita. Se le potenzialità sono dunque incredibili, è proprio la dimensione del mercato cinese ("è tutto fuori scala!", avvisa l'esperta) a determinare uno degli interrogativi più significativi per le aziende che fossero interessate all'esportazione. Prendiamo il caso delle mele, frutto preferito dai Cinesi con oltre un quarto della produzione di frutta locale: si prevede che i consumi complessivi raggiungeranno 25 milioni di tonnellate, pari a dodici volte il raccolto italiano!

Nei consumi alimentari dei Cinesi predomina una crescente ossessione per la salubrità del cibo, con la disponibilità a spendere prezzi anche notevolmente superiori pur di ottenere la garanzia di cibo sano, biologico o qualitativamente certificato. Tale tendenza interessa anche la fascia giovanile tra i 26 e i 35 anni. Considerata la bassa incidenza percentuale del prodotto biologico in Cina rispetto ad altri paesi si evince inoltre un incredibile potenziale per questo segmento. Anche gli acquisti di cibo effettuati online sono capillarmente diffusi, in Cina

Tra le altre tendenze indicate dalla professoressa Amighini come di interesse per il settore frutticolo globale nell'anno 2018 c'è da segnalare la crescita della domanda di frutta congelata, mentre il fresco cresce ma solo al di fuori dei paesi consumatori tradizionali. Si pensi che la domanda di frutta congelata, anche trainata dal segmento dei piccoli frutti (notoriamente premiato da una domanda interessata ai benefici salutistici di questi prodotti), cresce del 5% l'anno, contro una domanda praticamente piatta, su base globale, di altra frutta conservata (come in lattine, buste o bottiglie). E' inoltre triplicato il commercio di avocado e mirtilli (cosidetti superfood), segmenti sui quali la diffusione di informazioni attraverso i social media sembra aver avuto un ruolo decisivo.

Tra il dire e il fare
Pur se di sicuro interesse, il mercato cinese rischia però di non essere poi così abbordabile. Fatto sta - come ha puntualizzato Marco Salvi nel suo intervento - che le nostre negoziazioni sui protocolli fitosanitari con la Cina hanno subito un rallentamento per via dell'accorpamento del servizio fitosanitario cinese a quello doganale; una trasformazione tuttora in corso, di cui si ignora la tempistica.



Inoltre l'Italia, diversamente da altri Paesi (come la Spagna) non dispone al momento di risorse spendibili per azioni promozionali: nel 2017, infatti, nessun progetto italiano per l'ortofrutta è stato approvato nell'ambito dei piani di comunicazione a livello comunitario. Secondo il presidente, bisognerebbe uscire da una logica che si limiti alla sola promozione di frutta e verdura nei punti vendita, ragionando invece su come promuoverla in sinergia anche con altri settori produttivi.

I risultati del comparto ortofrutticolo italiano per il 2017 sono stati tutto sommato lusinghieri, con una tendenza all'aumento delle esportazioni (nel 2017 valore record di 4,9 miliardi di euro, con un +3% sull'anno precedente) e una bilancia commerciale in attivo (vedi slide qui sotto), ma rimangono ancora molti interrogativi aperti, cui spesso non basta la volontà delle imprese di innovare e investire per poter fornire una risposta.



Le ultime vicende geopolitiche, secondo Marco Salvi, dimostrano una relativa debolezza dell'Europa e una mancanza di autorevolezza di fronte a crisi internazionali tra superpotenze. Se l'embargo russo è costato finora danni quantificabili in miliardi di euro, i recenti allontanamenti di personale diplomatico russo dai Paesi occidentali, Italia compresa, non vanno certo nella direzione auspicata di un alleggerimento delle tensioni tra paesi occidentali e Russia.

Per quanto attiene il quadro macroeconomico, cominciano a giungere risultati positivi (il PIL italiano al +1,5% è il più alto dal 2010), il che fa sperare in una ripresa dell'economia in generale. Serve però, e in tempi rapidi, la formazione di un governo forte e autorevole, insieme a politiche di diminuzione del costo del lavoro e della pressione fiscale. Un rapporto di dialogo più intenso tra imprese e istituzioni dovrebbe inoltre avviarsi ai fini di uno snellimento del carico burocratico.



Marco Salvi saluta con favore la convocazione del primo tavolo ortofrutticolo nazionale, ritenendolo uno strumento strategico per segnalare le priorità di cui il settore ha bisogno: ad esempio l'aggiornamento dei catasti agricoli, o lo studio di misure volte all'internazionalizzazione e alla promozione.

Sul tema del convegno, cioè sul ruolo dell'innovazione, il presidente Fruitimprese ha indicato i vari aspetti che devono essere ricompresi sotto questo termine: innovazione varietale, tecnologica, logistica, ma anche di tipo organizzativo o rivolta a una migliore comunicazione. Vero è che, tradotta in soldoni, l'innovazione risulta piuttosto costosa. Marco Salvi ha indicato le varie voci che comporrebbero un progetto-tipo di sviluppo varietale su 100 ettari, segnalando che, alla fine dei conti, bisognerebbe impiegare 20 milioni di euro: "E stiamo parlando di soli 100 ettari - ha rimarcato - che, se paragonati alle realtà di talune cooperative spagnole, sono ben poca cosa!".



Ismea e le esigenze di credito delle imprese
L'accesso al credito, possibilmente a condizioni non troppo onerose, diventa dunque un elemento strategico, cosa per cui è stato calzante l'intervento del direttore generale dell'Ismea, Raffaele Borriello, il quale ha ripercorso le tappe recenti che hanno portato all'accorpamento tra Ismea e Isa, grazie al quale oggi Ismea può costituire un sostegno indispensabile per l'accesso al credito e anche per erogare garanzie che a loro volta, tutelando le banche, consentono una riduzione del costo dei prestiti.



Oltre ad aver ricordato le attività svolte per garantire l'accesso alla terra ai nuovi imprenditori agricoli e il sostegno al ricambio generazionale in agricoltura, il direttore ha esortato le imprese ortofrutticole ad accedere al sito web dell'Ismea, completamente rivisto per una maggiore trasparenza su cosa l'Istituto fa, come lo fa e sui tempi di risposta. Diversamente dalla precedente Isa, oggi Ismea può intervenire in vari momenti della filiera, dalla produzione alla trasformazione, dalla logistica alla distribuzione. Entro fine anno si prevede di mettere a disposizione delle aziende risorse per 100 milioni di euro.

Per quanto riguarda lo scenario internazionale, il direttore Borriello ha messo l'accento sul fatto che le nuove guerre commerciali tra Stati Uniti e Cina devono indurci a ritenere che siamo in un momento di crisi del modello di globalizzazione visto in precedenza, rimesso in discussione dalla crescita di molti nuovi attori che non sono più soltanto "paesi emergenti" bensì nazioni che stanno aggredendo in modo spietato il mercato e che stanno diventando sempre più importanti. Dire che da uno scenario protezionistico possano scaturire dei vantaggi per l'Italia o per l'Europa è senz'altro prematuro. Anche perché nella lotta si rischia di rimanere invischiati, cosa già vista nel caso dell'embargo russo: perdendo spazi di mercato, essi saranno difficilmente recuperabili in futuro. Più che la semplice formazione di un nuovo governo, servirebbe dunque - secondo il direttore Ismea - una classe dirigente che possa indicare all'Italia in che modo affrontare le sfide che provengono dalla crisi della globalizzazione.

L'Europa dopo la Brexit
Più ottimista sul ruolo che l'Europa potrà giocare nei nuovi assetti internazionali è sembrato l'On. Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo, commentando le ultime notizie in tema di Brexit. Presso la Camera dei Lord britannica il voto sul mantenimento dell'Unione doganale ha ottenuto la stragrande maggioranza, segno della netta differenza che passa tra il concetto di Brexit e la sua assai problematica applicazione pratica. Secondo De Castro, la Brexit è stata più un vaccino che non una possibile malattia virale, in quanto l'Europa ne è uscita rafforzata.



Che lo diventi ancora di più e che preservi le politiche a sostegno dei settori vitivinicolo e ortofrutticolo spetta però anche all'Italia, dove spesso si vive l'UE come un'imposizione calata dall'alto invece che una compagine di cui essere parte viva e attiva. "Sono sicuro che nessuno di voi - ha dichiarato l'europarlamentare - conosca i membri italiani in Commissione Agricoltura, mentre ad esempio gli Spagnoli sanno molto bene chi sono, come si chiamano, da dove vengono e come contattarli. Bisogna assumersi maggiori responsabilità, prepararsi per tempo e imparare a fare lobby".



Sulla riforma della PAC e sul cosiddetto Regolamento Omnibus, De Castro ha riconosciuto che l'Italia ha saputo dettare la linea (cosa non avvenuta, invece, in materia di biologico - cfr news correlata), potenziando il potere di OP e AOP nella definizione delle proprie politiche commerciali. Per quanto riguarda la riforma della PAC-politica agricola comunitaria, De Castro ha riferito che mancano i tempi tecnici per una possibile votazione, cosa per cui l'attuale dovrebbe rimanere invariata fino al 2020. Promettente invece la proposta di direttiva UE per frenare le pratiche commerciali scorrette tra le imprese della filiera agroalimentare, la cui approvazione è prevista entro l'anno. "Da quel momento, le norme dovranno essere applicate entro due anni", ha sottolineato De Castro, aggiungendo che la direttiva prevede anche la possibilità di raccogliere denunce anonime da parte dei produttori sull'esistenza di pratiche sleali.

A conclusione degli interventi, è seguita una tavola rotonda moderata dal giornalista Rai Franco Di Mare - con le testimonianze di primarie aziende del settore (Unitec, International Paper, New Factor, Rivoira e la catena REWE) in materia di innovazione e competitività.



Sono intervenuti Angelo Benedetti ("i prodotti vengono premiati se la qualità è riconosciuta e garantita; le nostre tecnologie Unitec costituiscono uno strumento strategico a tal fine"), Luca Molari ("oltre agli aspetti di protezione del prodotto e trasportabilità, l'imballaggio in cartone consente di veicolare il brand del produttore"), Alessandro Annibali (il quale ha ripercorso le tappe della storia di successo della promozione incentrata sulla frutta a guscio, sottolineando come "al centro dell'innovazione c'è un consumatore che cambia in maniera velocissima"), Marco Rivoira (presentando il nuovo stabilimento del gruppo e raccontando la storia della mela Ambrosia come paradigma di un'innovazione ben riuscita), Ulrich Spieckermann (intervenendo sul rapporto produzione-grande distribuzione e sul ruolo cruciale della qualità percepita nell'esperienza di acquisto - "il consumatore non accetta di essere deluso").



Fruitimprese
Costituita nel 1935 e assunta nel 1949 la forma di Associazione, Fruitimprese riunisce le imprese ortofrutticole italiane svolgendo un ruolo fondamentale per favorire lo sviluppo delle aziende impegnate nell'attività di export-import, in un settore che favorisce in maniera rilevante l'affermazione del made in Italy nel mondo. Oggi Fruitimprese associa 300 aziende che rappresentano 7 miliardi di fatturato, di cui 2 miliardi derivanti dall'esportazione.