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Intervista a Claudio Mazzini, responsabile Freschissimi di Coop Italia

Produzione e Gdo, insieme, invertano la rotta. Servono nuove strategie

Occorre mettere in discussione molte delle scelte operate fino ad oggi e ripensare il concetto di filiera. Dal produttore fino alla Gdo si possono cambiare abitudini e tecniche stereotipate e avvicinarsi di più alle esigenze del consumatore. Che non sempre cerca il prezzo stracciato a tutti i costi, anzi: spesso vuole solo un buon prodotto al giusto prezzo.

Claudio Mazzini
, responsabile commerciale Freschissimi di Coop Italia, ha il pragmatismo di chi è agronomo e per anni ha lavorato come tecnico di campagna. Conosce bene quindi i pregi della produzione e, allo stesso tempo, il "male della bestia". Non si può certo dire che non abbia a cuore il reddito dei fornitori, di coloro che per tanti anni ha visitato in azienda e ha consigliato per produrre con qualità e in maniera sostenibile. Lo stesso Mazzini, infatti, è stato fra i primi a caldeggiare la Produzione integrata.

Rapporto qualità e prezzo in ortofrutta, l'eterno dilemma: che ne pensa?
Penso che i consumatori vogliano mangiare un buon prodotto. Tutti siamo consumatori. Tutti noi cerchiamo il massimo della soddisfazione spendendo il giusto. E' vero, fino a qualche anno fa c'era la ricerca maniacale del prezzo più basso. Ora credo che stiamo assistendo a delle differenziazioni importanti.



Cosa intende?
Premesso che il reparto ortofrutta è l'unico in cui la fiducia viene messa in discussione ogni giorno, ad ogni acquisto, la fascia di consumatori che cerca il prezzo più basso si attesta attorno al 15-20%. Il restante 80% cerca qualcosa in più e noi dobbiamo essere in grado di darglielo. Ma sarebbe inutile se tale spinta venisse solo da un anello della filiera: occorre che dal produttore fino allo scaffale si remi tutti nella stessa direzione.

Al mondo della produzione, voi di Coop cosa chiedete?
Chiediamo un'inversione di tendenza. Mi spiego: il meccanismo fino ad oggi lo abbiamo creato per certi versi insieme, non voglio certo accusare la produzione di qualcosa. Tutti siamo corresponsabili, ed è per questo che, insieme, dobbiamo invertire la rotta. Fatta questa precisazione, alla produzione chiediamo delle varietà di frutta buone e non solo commestibili. Ma una varietà buona, di per sé, non basta: deve essere anche raccolta bene e non deve produrre troppe tonnellate all'ettaro. Poi sta a noi saper valorizzare queste produzioni, ad esempio con linee dedicate come la nostra 'Fior fiore'. Anche in questo periodo stiamo appurando che il prodotto 'Fior fiore' di qualità, come le arance Tarocco, seppur con un prezzo di 50 centesimi in più al kg, si vende molto bene. Anche perché 50 centesimi di differenza per un kg di arance non è basilare per la maggior parte dei consumatori.



Invece la qualità è ancora basilare?
Sì, e vi dirò di più. Una tendenza generalizzata è quella della perdita di quote per il segmento pomodoro. Se ne vende di meno. Io credo sia perché troppo spesso abbiamo pomodori da mensa riassumibili nel binomio buccia-acqua. Non hanno gusto. La produzione deve riappropriarsi della qualità e noi dobbiamo remunerarla.

Frutta sfusa o frutta confezionata?
Anche qui, generalizzando come Gdo, negli anni si è ragionato a rovescio: la frutta bella, la migliore, quella più succosa, l'abbiamo lasciata a libero servizio, sfusa, e così si rovina inesorabilmente. Le nettarine piccole, calibro B, dure come poche, sono spesso confezionate in cestini. Credo che la cosa più intelligente sarebbe invertire tale illogicità. E penso proprio che la tendenza vada verso il confezionamento del prodotto migliore e più delicato. Fra l'altro, tramite il packaging possiamo comunicare, informare sulla qualità, raccontare il prodotto. Inutile raccontare una nettarina di calibro B che, come ogni tecnico sa, non può essere buona non fosse altro per la posizione sulla pianta in cui si raccoglie.



Ma non si è sempre detto che il consumatore acquista con gli occhi?
Non è mica vero o, per lo meno, non lo è più. La gente oggi cerca un prodotto buono da mangiare. Per questo la qualità deve essere costante. Noi siamo tutti corresponsabili di questa spirale che ha messo al primo posto l'aspetto esteriore e la durezza della polpa: con tali caratteristiche la gestione era più facile per tutti. Invece occorre andare verso un maggiore equilibrio, se vogliamo far crescere i consumi.



L'abbiamo incontrata fra i padiglioni di Berlino: cosa ne pensa di Fruit Logistica?
E' una fiera che cresce ancora, e vi ho visto tantissime novità. Solo presentando prodotti nuovi, o con metodologie nuove di consumo, i produttori possono fare reddito. Poi ho visto che gli spagnoli, i sudamericani e altre nazioni si presentano come sistema Paese. In fiera c'era la Spagna e di conseguenza le aziende spagnole. Noi italiani invece siamo aziendalisti, ci presentiamo singolarmente e senza dei tratti distintivi unitari. Credo che dovremmo proporci in modo da mostrare al mondo il Made in Italy e non il mero prodotto aziendale.