Se la Pac venisse ri-nazionalizzata, per l'Italia sarebbe un caos
"Il problema della bassa redditività di certi comparti della nostra agricoltura, è complessa. Però per l'ortofrutta, ad esempio, non sempre è un problema di dimensione aziendale, bensì di capacità di organizzarsi. Ad esempio, il distretto delle mele in Trentino Alto Adige è emblematico. E' quello più efficiente e potente d'Europa. Ha un giro d'affari complessivo che sfiora il miliardo di euro. Eppure la superficie media aziendale è di 1,5 ettari. Ma la commercializzazione delle mele è accentrata e i marchi sono pochi e ben riconoscibili".
"L'export italiano agroalimentare è in crescita - ha aggiunto De Castro - ma è ancora inferiore ad altre nazioni come Germania e Spagna. Tutti copiano i prodotti italiani, pensiamo all'Italian sounding, eppure noi esportiamo meno di altri. Non ho mai sentito parlare di German sounding, ad esempio. Eppure loro esportano di più perché sono meglio organizzati".
Inoltre, c'è da mettere mano alla PAC-Politica Agricola Comunitaria. Occorrono riforme anche perché verranno a mancare, in generale, 12 miliardi di euro da parte della Gran Bretagna post-Brexit.
"Forzare la mano per riformare la PAC in pochi mesi - ha affermato De Castro in un suo recente intervento alla Commissione europea - è quanto meno azzardato: non c'è alcuna possibilità di giungere a un accordo entro questa legislatura e i rischi andrebbero da un forte taglio di bilancio per i nostri agricoltori alla ri-nazionalizzazione delle misure. E come potrebbero fare le nazioni che hanno un'organizzazione regionale, come l'Italia, a gestire un piano strategico nazionale? Di fatto c'è un forte rischio, come nel caso dell'Italia, di avere una ventina di Piani strategici nazionali".
Secondo De Castro non è possibile e non si deve forzare la mano, cercando di riformare tutta la PAC in meno di 18 mesi (che è il tempo rimasto a questa legislatura).