La peschicoltura si salva solo cambiando totalmente mentalita'
"Si parla tanto - dice Daniele Neri, vivaista - di puntare sulla qualità ma poi, alla resa dei conti, produciamo per fare massa e un prodotto indifferenziato. Lo scorso anno non c'è stata una grande differenza fra strutture cooperative o magazzini privati. L'unica discriminante è, almeno in parte, il calibro. E, in seconda battuta, la qualità organolettica".
Secondo Neri occorre quindi che l'imprenditore frutticolo alzi l'asticella. "Vanno abbandonati i vecchi schemi, le cose che si sono sempre fatte, le tradizioni, il considerarsi i più bravi di tutti. La gestione del pescheto parte dalla scelta varietale e poi da tutte le susseguenti operazioni colturali. Se il mercato paga cifre discrete per il calibro importante (da AA in su), occorre che l'agricoltore produca per lo più quei frutti. E se i discount tedeschi vogliono pesche e nettarine piccole, possono sempre rivolgersi a chi ha costi inferiori ai nostri come Spagna, Grecia e paesi del Nord Africa".
Anche nel 2017, con alte temperature, produrre frutti di grosso calibro è stato possibile e con soddisfazioni economiche (cfr. FreshPlaza del 30/08/2017). Ciò che conta è un'attenta gestione del frutteto e alcuni accorgimenti agronomici. In più, Neri afferma che il passo avanti andrebbe fatto tramite le coperture. "Per ottenere alti redditi, occorre proteggere l'impianto. La sola rete antigrandine credo che sia insufficiente. Se l'Italia vuole tornare ad essere competitiva sul fronte peschicolo, occorre che punti all'alta qualità organolettica, al calibro e a proteggere gli impianti con teli antipioggia".
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