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Alla scoperta dell'olio di semi di fichidindia coltivati in Sicilia

Secondo una recente ricerca, l'olio contenuto nei semi di fichidindia coltivati in Sicilia presenta qualità nettamente superiore rispetto agli oli contenuti nel frutti coltivati in altre regioni del Mediterraneo quali Algeria, Marocco o Tunisia. Lo rivela uno studio appena pubblicato sull'European Journal of Lipid Science and Technology da un team di ricercatori composto da chimici e agronomi del Cnr e degli Atenei di Palermo e Catania, nell'ambito delle prime attività di ricerca avviate dal costituendo Distretto del Fico d'India di Sicilia.


Un momento durante la presentazione del costituendo Distretto. Al centro, Carmelo Danzì.

Tra gli elementi di rilievo di questo studio c'è la dimostrazione di come la conversione di una tonnellata di frutti di scarto, considerati cioè non idonei a essere posti in commercio, consenta alle imprese di generare un reddito extra di oltre 1200 euro, contribuendo così in modo significativo alla sostenibilità economica, oltre che ambientale, della coltivazione del ficodindia in Sicilia.

L'olio contenuto nei semi dei frutti siciliani ha un profilo simile a quello coltivato in Tunisia, inclusa un'elevata quantità di acido vaccenico; ma a differenza dell'olio dei frutti del Paese nordafricano, quello siciliano presenta una quantità più elevata di altri acidi grassi insaturi a lunga catena, associati a diversi benefici per la salute; in particolare sulla composizione dei lipidi plasmatici con benefici sulla funzione cardiovascolare.

Già utilizzato in cosmesi per usi simili a quelli del più noto olio di Argan, l'olio di ficodindia ha proprietà nutraceutiche uniche, incluso un elevatissimo contenuto di vitamina E.


Carmelo Danzì

"Questo risultato - dice Carmelo Danzì, coautore del lavoro e coordinatore del costituendo Distretto - conferma non solo l'eccellenza della produzione siciliana, ma apre le porte a una valorizzazione economica dei frutti di scarto e dei residui di lavorazione del frutto, con notevoli benefici per le imprese del settore".


Avellone e Pagliaro
 
"Si tratta di un risultato conseguito in pochi mesi di collaborazione scientifica fra gli Atenei di Palermo e Catania - aggiungono Giuseppe Timpanaro della Facoltà di Agraria di Catania e Beppe Avellone di quella di Scienze a Palermo - ed è un'ulteriore dimostrazione di come la collaborazione fra i nostri Atenei possa portare a grandi benefici per tutta la Sicilia".


Timpanaro

"Il nuovo approccio bioeconomico all'agricoltura siciliana - conclude Mario Pagliaro, che rappresenta il Cnr nel nuovo Distretto - conferma tutte le proprie potenzialità e supporta ulteriormente la fondazione in Sicilia da parte del Cnr del nuovo Istituto per la bioeconomia e l'energia solare".