Ridurre gli sprechi senza fare nulla. Basta l'imballaggio attivo
Da sinistra, Claudio Dall'Agata, Francesca Patrignani, Rosalba Lanciotti, Vincenzo Castellone, Lorenzo Siroli
Il principio è semplice, anche se è costato oltre 5 anni di studi e ricerche. Gli imballaggi di cartone vengono irrorati con una miscela di componenti di olii essenziali naturali a lento e costante rilascio. Prove e verifiche effettuate in più anni hanno dimostrato che la carica microbica presente sugli imballaggi viene abbattuta dalle sostanze attive. Le conseguenze sono una riduzione degli scarti di frutta e verdura, una shelf life più lunga, una maggiore tenuta in caso di interruzione della catena del freddo.
La ricerca è stata voluta dal Consorzio Bestack ed è stata realizzata presso l'Università di Bologna - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari di Cesena. A coordinare il team, la professoressa Rosalba Lanciotti. I ricercatori sono Francesca Patrignani, Lorenzo Siroli e Vincenzo Castellone, Fausto Gardini. Da parte di Bestack, la spinta viene dal direttore Claudio Dall'Agata. L'imballaggio attivo è soggetto a brevetto.
"L'abbattimento della carica microbica - spiega Rosalba Lanciotti - è di 1-2 cicli logaritmici che, in termini al di fuori della microbiologia, può essere tradotto in una riduzione dal 90 al 99%. Un dato importante che, da prove svolte ad esempio lungo la filiera della fragola, ha fatto emergere un aumento della shelf life di un giorno e mezzo rispetto al medesimo prodotto confezionato in un imballo tradizionale".
Ma tutto questo ha una reale importanza se il beneficio per il consumatore è reale e percepito. A questo proposito, nel periodo di Pasqua sono state effettuate 400 interviste telefoniche ad altrettanti consumatori di alcuni punti vendita. A tutti coloro che compravano un cestino di fragole ne venivano regalati altri due, a patto che accettassero di lasciare il proprio numero di telefono per essere intervistati. In questo caso, il prodotto proveniva da Apofruit in Basilicata e la catena della Gdo era Dimar.
"I risultati sono stati confortanti - spiega Dall'Agata - in quanto i consumatori che avevano ricevuto le fragole in imballaggio attivo, hanno percepito una più lunga conservabilità. Lo scarto, fra le fragole nell'imballo tradizionale, è stato superiore in maniera significativa. Ora stiamo conducendo prove analoghe su albicocca con Granfrutta Zani e Rewe. Per il futuro, nel mirino abbiamo i piccoli frutti e l'uva da tavola".
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