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In ambito europeo

Uva da tavola: a far concorrenza all'Italia anche la Moldavia

In Inghilterra, Paesi Bassi, Polonia e Spagna vengono al momento esportate solo limitate "quote" di uva da tavola italiana. La Germania sembrerebbe disinteressata. Ci sarebbero poi problemi a livello qualitativo con le uve senza seme colorate.

"Ci riduciamo a fare quote, ossia partite limitate, perché è molto diffuso il problema delle nebbie/umidità che, condensandosi, bagnano l'uva. E se al mese di novembre il prodotto si bagna, basta qualche giorno per veder comparire prima una macchiolina, poi uno sbucciamento dell'acino. Da qui, un processo di fermentazione che, a contatto con acini sani, contagia anche loro".

A dichiararlo è Claudio Romano (foto a lato), responsabile commerciale dell'azienda barese Romaneuro, produttrice di uva da tavola e che dal 2000 si occupa dell'import-export di frutta e verdura nei più importanti mercati europei.

"Questo è il male più temuto per le uve, in questo momento, ma ancora più marcato lo è per quelle colorate, con o senza seme. Se sulle bianche, in un modo o nell'altro, il problema lo si gestisce perché visibile, sulle scure lo si ravvisa solo a giochi fatti e solo quando si scorgono le conseguenze più eclatanti".

Secondo Claudio, la maggior parte dei grandi esportatori di uva da tavola sta per terminare la propria stagione. "E' un peccato, perché il gusto è buono. Ma la tenuta del prodotto difetta. So di molte catene di supermercati che hanno proprio tolto l'uva dalla lista dei prodotti da vendere. Sicuramente perché non possono garantire al consumatore finale la conservabilità del frutto".

Infine, il responsabile commerciale segnala che la Moldavia potrebbe diventare un potenziale concorrente dell'Italia, nei prossimi anni. "Immaginavo che lavorasse con Russia e Polonia, ad esempio, nazioni più vicine; invece l'uva moldava viene proposta anche alla Gran Bretagna, che l'apprezza. Nuove zone di produzione, prezzi più convenienti e packaging accattivanti: un mix deleterio per l'uva nostrana. E vorrei poter dire che si tratta solo di un fuoco di paglia".

E per il futuro? "E' necessaria una rete di organizzazione, fatta di persone capaci sia nella vendita sia nella gestione. Cosa non facile, perché significa dare una collocazione all'uva, che risponda al suo effettivo valore. Perciò, prima che il clima faccia ulteriormente la differenza, prima che un compratore si sposti su altre nazioni fornitrici, come la Moldavia, bisogna organizzare bene il prodotto in entrata e modularsi di conseguenza".