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L'agroalimentare italiano vale il 6% dell'import del Regno Unito

Con un valore superiore ai 3 miliardi di euro, il Regno Unito rappresenta il quarto mercato per l'export agroalimentare italiano, ma il primo per Prosecco, pelati e polpe di pomodoro (20% dell'export a valore). Svalutazione della sterlina e tutela delle indicazioni geografiche rappresentano le grandi incognite collegate alla Brexit, alla luce della "sensibilità" delle nostre esportazioni al tasso di cambio e del fatto che quasi un terzo delle vendite di food&beverage "Made in Italy" sul mercato britannico riguardano prodotti DOP/IGP.

A sei mesi dalla data ufficiale del divorzio del Regno Unito dall'Unione Europea (29 marzo 2019) e ancora in mancanza di un accordo sulle modalità di uscita, al III Forum Agrifood Monitor di Nomisma e Crif si è fatto il punto sul ruolo che questo mercato detiene per il nostro sistema agroalimentare e sui rischi collegati ai potenziali effetti della Brexit. Oltre all'approfondimento tecnico-scientifico curato da Nomisma, il confronto è stato alimentato dai contributi sul tema delle tutele giuridiche di DOP/IGP forniti da Rebecca Halford-Harrison e Claudio Perrella degli studi legali Keystone Law e LS Lexjus Sinacta, dello stato dell'arte del negoziato da parte del vice ambasciatore britannico Ken O'Flaherty e dell'europarlamentare Paolo De Castro.

Con un valore vicino ai 56 miliardi di euro, Il Regno Unito rappresenta il sesto mercato al mondo per import di prodotti agroalimentari e il secondo per consumi a livello europeo (250 miliardi di euro nel 2017). Si tratta di un paese dove l'autosufficienza alimentare non supera il 50% e per tale motivo fortemente dipendente dalle importazioni, in particolare degli (ancora) partner europei, dato che il 70% delle forniture di prodotti alimentari proviene proprio da questi paesi.

In tale ambito, l'Italia figura come il sesto fornitore, con una quota a valore vicina al 6% dell'import britannico. Vista dall'altra sponda, la Gran Bretagna si configura come il nostro quarto mercato di export alimentare più importante, dopo Germania, Francia e Stati Uniti. Un mercato che nell'ultimo decennio ha aumentato i propri acquisti di prodotti del "Made in Italy" del 43%, ben più di quanto fatto nei confronti dei nostri concorrenti francesi o olandesi, ma meno rispetto a quelli spagnoli o tedeschi (+55%).

Nei mesi successivi alla dichiarazione di uscita dall'UE sancita con il referendum e con un sterlina svalutata di oltre il 10% rispetto all'euro, i tassi di crescita delle nostre vendite sul mercato britannico si sono ridotti per poi riprendersi nei primi sette mesi del 2018, quando l'import di prodotti alimentari dal nostro paese ha registrato un quasi +3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Tuttavia, se dal dato dell'export agroalimentare complessivo si passa a considerare quello delle singole produzioni, la rilevanza del Regno Unito assume ben altri contorni. 

Fonte: EFA News

Data di pubblicazione: