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Dal campo al mercato: disegnare un progetto per l'agrumicoltura innovativa nel Meridione d'Italia

In Italia si producono quasi 600mila tonnellate di clementine, con Calabria, Sicilia e Puglia che, da sole, rappresentano il 90,50% di questo volume, Per esplorare le possibilità che la sfida dell'Innovazione in questo segmento potrebbe aprire per il futuro dell'agrumicoltura meridionale, si è svolto a Turi, ieri 20 settembre 2018 presso la sede della OP Giuliano, un evento sul tema.

 Il tavolo dei relatori. Da sinistra: Giacomo Carreras, Antonio Giuliano, Nicola Giuliano, Maria Saponari, Rossella Gigli, Claudio Scalise, Francesco Perri, Vittorio Filì.

Dopo i saluti introduttivi di Antonio Giuliano, dei presidenti ARPTRA (Vittorio Filì) e Ordine dei Dottori Agronomi di Bari (Giacomo Carreras), i lavori hanno spaziato dalle strategie integrate per un'agricoltura innovativa e di qualità (a cura del dell'agronomo esperto in agrumicoltura Francesco Perri), alle problematiche fitosanitarie per l'agrumicoltura del Mediterraneo (per voce della d.ssa Maria Saponari del CNR di Bari), fino ad arrivare alle tendenze di mercato e ai nuovi stili di consumo all'interno dei quali il prodotto clementine potrebbe ritagliarsi un proprio spazio (quest'ultima reazione è stata presentata da Claudio Scalise, managing director della SGMarketing).

E' intervenuta subito dopo i saluti anche la bioeticista e poetessa Anna Lauria, ideatrice del primo Museo italiano del Clementine. Nell'occasione è stata proiettata una sua videopoesia.

Il ricco e dettagliato excursus su quanto accaduto nel panorama delle innovazioni agrumicole nel corso degli ultimi decenni, illustrato da Perri, ha evidenziato quanto il parco varietale si sia evoluto, con un ampliamento del calendario produttivo e commerciale tanto per il clementine, quanto per altre tipologie di agrumi. Nel frattempo, sono aumentati i brevetti: se le varietà protette di agrumi erano inesistenti nel 1972, sono diventate ben 139 nel 2014; in Spagna, uno tra i principali paesi produttori del mondo, la metà delle cultivar commercializzate sono brevettate.

Nadorcott a marchio Giuliano

Nel segmento del mandarino, sono particolarmente diffuse a livello internazionale tre varietà registrate: Nadorcott, Tango e Orri.

A fronte di superfici estese anche per migliaia di ettari in altri paesi, in Italia se ne contano poche centinaia, segno che c'è spazio per ripensare la produzione degli agrumi clementine-simili su altre basi.

Un'innovazione che non può però prescindere dalla competenza specialistica: serve più collegamento, per esempio, tra i responsabili alla produzione e quelli commerciali: "L'agronomo è come il preparatore atletico della frutta. Quando i frutti sono pronti per partecipare alle Olimpiadi, cioè quando sono pronti per essere raccolti e commercializzati, solo allora si dovrebbe procedere con l'avvio delle stagioni. Spesso, la fretta di vendere porta sui mercati frutta che non è ancora pronta", ha metaforicamente sottolineato Perri.

Francesco Perri

L'esperto ha ricordato infatti che la qualità dipende da svariati fattori: non soltanto dalla scelta varietale, le tecniche agronomiche e le condizioni pedoclimatiche, ma anche per l'appunto dai metodi e dalle tempistiche di raccolta, dalla selezione effettuata in magazzino, fino alla modalità di lavorazione, all'imballaggio o alle tecniche e ai tempi di trasporto.

Senza un preciso modello organizzativo che accompagni l'evoluzione genetica, aumentando il valore della produzione e riducendone al contempo i costi, non si va molto lontano. Francesco Perri ha evidenziato l'importanza di effettuare scelte varietali flessibili (in Spagna, per esempio, cambiano varietà più volte nella vita di un agrumeto, mediante la tecnica del reinnesto), di prevedere investimenti nella comunicazione e di creare reti di imprese al fine di accrescere capacità innovativa e competitività.

La sala dell'evento, ospitato presso la sede della OP Giuliano

In tema di malattie vegetali già diffuse o emergenti in agrumicoltura, è intervenuta Maria Saponari dell'Istituto per la protezione sostenibile delle piante del CNR di Bari. La normativa vigente mira a prevenire la possibilità di introduzione di organismi nocivi all'interno della UE. Ciononostante, la globalizzazione dei commerci e i cambiamenti climatici hanno determinato un incremento delle problematiche fitosanitarie.

Maria Saponari

La ricercatrice ha illustrato la diffusione geografica delle principali malattie e parassiti che interessano le produzioni agrumicole. Nonostante le misure restrittive sulla circolazione di materiale vegetale o di frutti, si rileva che il maggior numero di intercettazioni di organismi dannosi arriva soprattutto da frutta e verdura. Le normative andrebbero dunque affiancate da un efficace sistema di controllo e ispezioni, mediante il rafforzamento del Servizio Fitosanitario. Servirebbe una corretta informazione e comunicazione dei rischi, e un sistema di ricerca scientifica che si avvalga di collaborazioni internazionali, oltre a figure di esperti in grado di effettuare delle valutazioni del rischio. Infine, il ruolo degli stessi agricoltori risulta indispensabile, in quanto prime sentinelle in campo.

Venendo al mercato, che è stato esplorato nella relazione di Claudio Scalise, l'Italia è non soltanto il primo Paese produttore europeo di frutta e verdura (con 26,5 mln ton, pari al 25% del totale), ma è anche uno dei principali paesi consumatori (8,37 mln ton, per un valore di 13,8 mld di euro).
 
Dati Nielsen raccontano che i consumatori considerano valido un prodotto alimentare quando esso è sano (34% del campione), in grado di facilitare la vita (29%), comodo da usare (15%), eticamente sostenibile o ecologico (entrambi fattori indicati dal 28% del campione).
 
C'è inoltre da considerare la crescita non solo dei vegetariani (5 milioni stimati di persone in Italia, il che ne fa il primo paese al mondo per numero di vegetariani), ma soprattutto dei cosiddetti flexitariani (18 milioni di persone), cioè di coloro che hanno deciso di sostituire in tutto o in parte le proteine animali con quelle vegetali.
 
Claudio Scalise
 
Insomma, i prodotti ortofrutticoli hanno oggi più occasioni di essere preferiti nelle scelte di acquisto e, di fatto, i consumi stanno riprendendo quota (+12,6% dal 2013 al 2017). Vanno però considerati anche fattori quali la crescente tendenza a mangiare fuori casa, il restringimento e l'invecchiamento delle famiglie, la (ancora) scarsa disponibilità di spesa, i timori nei confronti della sanità degli alimenti, l'attenzione agli sprechi. Il desiderio di mangiare sano, inoltre, non significa che si voglia abbandonare il gusto del cibo e quindi la sua componente edonistica. 
 
Nel caso delle clementine, il mercato domestico in Italia rappresenta un giro d'affari di 380 mln di euro, per un volume di 275mila ton. La durata della campagna per questo agrume è però troppo breve (soltanto 4 mesi, con solo 4,7 atti di acquisto a famiglia). Emerge un indice di penetrazione (88%) inferiore alla media ortofrutta (96%) e un volume medio di acquisto per famiglia che indica la scelta di confezioni più grandi, ma a più basso valore. 
 
Nicola Giuliano ha ringraziato tutti gli intervenuti e ha ripercorso le tappe storiche dell'azienda.
 
In un contesto in cui nuovi competitor (Marocco, Egitto, Turchia) si stanno affacciando in questo segmento posizionandosi su cloni innovativi e con modelli di business più organizzati, la produzione italiana di clementine deve lavorare sui punti di forza: facile sbucciatura, assenza di semi, origine territoriale, salubrità, buon sapore, puntando su innovazione varietale (possibilmente anche con cultivar in esclusiva italiana), massa critica, sostenibilità ed eticità.