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Il pomodorino Piennolo del Vesuvio DOP cerca di valicare i confini del prodotto di nicchia

L'Azienda Agricola Casa Barone è la più grande azienda biologica del Parco nazionale del Vesuvio. Il principale corpo aziendale, di circa 11 ettari, è ubicato alle pendici del Monte Somma.

Le coltivazioni si estendono sui terreni attraversati dalle lave dell'eruzione del 1944, dando vita a un paesaggio suggestivo, in cui i segni del vulcano sono mitigati dalla ordinata bellezza delle coltivazioni rurali.



L'ordinamento colturale rispecchia il classico frutteto misto dell'agricoltura vesuviana: tra rocce affioranti, querce e ginestre, i vigneti di uva Catalanesca, Caprettone e Piedirosso si alternano a piante di albicocco, susino, gelso, sorbo, fico, noce, olivo, agrumi e azzeruolo, un frutto ormai molto raro che rappresenta il logo aziendale. Il Pomodorino del Piennolo e gli altri ortaggi vengono coltivati nei terreni dove il frutteto è più rado.

L'azienda è conosciuta in tutto il mondo per la produzione del caratteristico pomodorino vesuviano che deve il suo nome alla consuetudine dei contadini di intrecciare i grappoli dell'ortaggio intorno a uno spago legato a cerchio, fino a formare un grande grappolo, appunto il piennolo che, appeso in ambiente asciutto e ventilato, può essere conservato per tutto l'inverno.



"Casa Barone nasce ufficialmente nel marzo del 2000, anche se l'attività agricola comincerà un anno dopo", dichiara il dott. Giovanni Marino, Presidente del Consorzio di Tutela del Pomodorino del piennolo del Vesuvio Dop.



"Siamo molto soddisfatti perché il nostro brand ha contribuito a far conoscere e apprezzare in tutta Italia e all'estero il pomodorino del Vesuvio, che dal 2010 è diventato DOP", mentre il Consorzio di Tutela è stato riconosciuto dal Mipaaf nel 2013.

L'azienda ha una estensione di circa 23 ettari complessivi e un ordinamento colturale misto, tra vigneto, oliveto, frutteto misto e, per l'appunto, il pomodorino.


Il frutto è una bacca rossa a maturazione, con dei solchi laterali (coste) che, unitamente al cosiddetto "pizzo" alla estremità, gli conferiscono la caratteristica forma (da non confondersi con gli ibridi, che hanno il "pizzo" meno accentuato e assenza di coste). Ha una buccia abbastanza spessa e una polpa molto soda e compatta, con un basso tenore di acqua, che lo rendono quasi croccante al morso.

A distanza di 17 anni, casa Barone si è conquistata uno spazio di mercato e una fama riconosciuta a livello nazionale e internazionale, con esportazioni in Austria, Germania, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito, Scozia, Spagna, Svizzera, Svezia, Grecia, Cipro, Cina, Giappone, Russia, Singapore, USA.



L'azienda produce anche una gamma ampia di confetture e marmellate tipiche più volte insignite di importanti riconoscimenti dal mensile Gambero Rosso: tra questi, la prima classificata come migliore marmellata di arance italiana nel 2012 e seconda classificata per la confettura di albicocche nel 2013. Altro prodotto molto apprezzato dal mercato è il limoncello bio.

Ma il prodotto principale resta il pomodorino del piennolo del Vesuvio DOP che viene sia trasformato in conserve sia commercializzato in una originale confezione regalo da 1,5 kg sin dal 2001.


Negli ultimi tre anni, l'azienda ha anche intrapreso la coltivazione di un ecotipo di pomodorino vesuviano giallo, presentato all'ultimo Salone del Gusto di Torino, e che sta incontrando un grandissimo gradimento da parte degli operatori della ristorazione e dei consumatori.



"Siamo stati i primi a proporre sul mercato la conserva tradizionale di pomodoro, 'a pacchetelle', la tipica conserva che tradizionalmente gli agricoltori vesuviani preparavano a fine agosto, terminate le fatiche della raccolta".

Si ottiene tagliando a metà il pomodorino per poi invasettarlo a mano, senza succo se non quello che sprigiona naturalmente. Una metodologia che consente di poter fruire il prodotto fuori dalla stagionalità, con un sapore vivace e intenso, come appena raccolto.



Il pomodorino si trapianta ai primi di aprile e si raccoglie a partire da fine giugno/primi di luglio, sino alla metà di agosto. I pomodorini vengono coltivati esclusivamente in campo aperto. Laddove possibili sono ammessi solo i metodi di irrigazione localizzata o di micro distribuzione dell'acqua. Le piante devono svilupparsi in verticale fino ad un'altezza di 80 cm, adeguatamente sostenute da paletti che impediscono ai frutti di toccare il terreno.

Il pomodorino intrecciato a piennolo, oppure conservato a grappoli in cassette di legno, si conserva sino alla Pasqua successiva alla raccolta.


Consumato fresco, questo pomodorino ha un sapore vivace e intenso, risultato di una straordinaria concentrazione di zuccheri e acidi organici. La successiva conservazione "al piennolo" conferisce al Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP un retrogusto leggermente amaro.

La produzione di conserva avviene intorno al mese di luglio e può essere facilmente spedita in ogni parte del mondo, laddove invece il trasporto del pomodorino fresco presenta qualche difficoltà.

Si tratta di un prodotto che sta definitivamente uscendo dalla sua nicchia di mercato locale, ed è sempre più apprezzato in Italia e all'estero. Il principale canale commerciale è rappresentato da pizzerie, ristoranti e piccola distribuzione di qualità, ma non mancano aziende e commercianti che lavorano con la Gdo.



Dal 2011 a oggi, le superfici iscritte alla DOP sono quadruplicate, per un totale di circa cinquanta ettari di terreni. Sono numeri piccoli in termini assoluti se paragonati a quelli di altre DOP, ma molto significativi se si tiene conto della limitatezza dell'areale di produzione, quasi tutto all'interno del Parco nazionale del Vesuvio.

La maggior parte della produzione, tuttavia, ad opera di piccoli e piccolissimi produttori, è ancora al di fuori della Dop e l'impegno di Giovanni Marino, in qualità di presidente del Consorzio di Tutela, è anche quello di convincere questi agricoltori a iscriversi al Consorzio.

Casa Barone esporta (soltanto conserve) in Giappone, USA, Hong Kong e nei paesi extra UE. Nei paesi europei si esportano sia le conserve sia il prodotto "al piennolo". L'export copre poco più del 30% del fatturato aziendale; quindi un percentuale importante.

"Al di la dell'aspetto commerciale, il fatto che a Stoccolma, per fare un esempio, si possa trovare 'il piennolo' ci riempie di orgoglio. Dopo l'annus horribilis del 2014 - sottolinea Marino - a causa di una tempesta di grandine che, a pochi giorni dalla raccolta, falcidiò le coltivazioni, nel 2015 è seguita un'annata di siccità e quindi il raccolto è stato scarso. Si tenga sempre presente che il pomodorino del piennolo si coltiva in campo aperto, per lo più a quote altimetriche dove non esiste la possibilità di irrigare. Quindi l'unica acqua di cui dispone per crescere è quella piovana ossia quella che si può raccogliere nelle antiche vasche di raccolta, utile per irrigare il pomodorino all'atto del trapianto delle piantine in campo, cioè tra fine marzo e inizio aprile, e al massimo per una o due irrigazioni di soccorso. Nel 2016, fortunatamente, abbiamo avuto condizioni climatiche nella norma e quindi una produzione adeguata per quantità, oltre che per qualità".

La zona di produzione, mediamente compresa tra i 150 e i 450 metri s.l.m. è caratterizzata da elevate escursioni termiche tra il giorno e la notte, fatto che favorisce la lunga e naturale conservazione, conferendo maggiore consistenza alla buccia ed elevata sapidità alle bacche.

Il prodotto è immesso in commercio come Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP nelle tipologie:
1) Fresco, venduto in bacche o grappoli posti in idonei contenitori sigillati del peso massimo di 10 kg;
2) Conservato "al piennolo", venduto in piennoli singoli del peso massimo di 5 kg posti in vendita o singolarmente con il logo identificativo della DOP o in idonei contenitori sigillati;
3) Conservato allo stato di bacche o di grappoli, venduto in idonei contenitori sigillati del peso massimo di 10 kg.



"Allo stato dell'arte – conclude Marino - la scommessa è ritornare sul piennolo in quanto tale, senza naturalmente abbandonare le conserve, per cercare riequilibrare il gap tra fresco e trasformato. Attualmente circa il 70% del prodotto Dop è destinato al settore conserviero e solo il 30% al piennolo fresco".



"La scommessa della mia azienda è sicuramente quella di incrementare la vendita del prodotto a grappolo, superando le difficoltà logistiche e distributive esistenti: si pensi che parliamo di un prodotto delicato, che non deve viaggiare in camion refrigerati, ma a temperatura ambiente o controllata. Sia perché sul piennolo abbiamo più margini di guadagno, sia perché è esso stesso, in quanto tale, il nostro vero ambasciatore in tutto il mondo".

Per info: www.casabarone.it