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Solo la scienza applicata al mondo vegetale potra' garantire cibo di qualita' a tutti

"La genetica del futuro non può basarsi sul metodo di quella del passato: aumentavamo la produzione e crescevamo l'input di prodotti di sintesi. Non era e non è sostenibile, significa che sprechiamo molta energia e inquiniamo l'ambiente. A questo punto si è trovato un sistema genetico per ridurre gli apporti di sintesi: per esempio, come in un dialogo con la pianta, dobbiamo poterle dire: ti do un grammo di azoto, quanti grammi di chicchi, quante mele mi dai in cambio? Questa è la domanda e la rotta per il futuro".



Così il Vicepresidente dei Georgofili prof. Antonio Michele Stanca, nonché presidente dell'Unasa (l'Unione Italiana delle Accademie per le Scienze Applicate allo Sviluppo dell'Agricoltura, alla Sicurezza Alimentare e alla Tutela Ambientale), in uno dei punti salienti del suo intervento avvenuto a Roma, nella Sala Cinema del Palazzo delle esposizioni. Un incontro dal titolo "La scienza nel mondo vegetale per garantire cibo di qualità a tutti", nell'ambito della mostra "DNA. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica" (10 febbraio - 18 giugno 2017, sempre al Palazzo delle Esposizioni). Conferenza organizzata dall'Accademia dei Georgofili, dall'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e dalla stessa Unasa.



Serve un cambio di strategia che non permetta più di moltiplicare lo sfruttamento di altro prezioso terreno per sfamare una popolazione in continua crescita: abitanti della Terra che fra circa quarant'anni dovrebbero raggiungere quota 10 miliardi. Lo studio scientifico del mondo vegetale e la Genomica stanno praticamente tirando fuori il modello di pianta capace di produrre di più nella piena sostenibilità ambientale.

"Bisogna fidarsi prima di tutto della tecnologia che emerge dalla scienza e non dalla fantasia – sottolinea il professore Stanca – Chi discute di scienza in agricoltura deve essere un competente. Chi parla di Botanica, di questa deve avere conoscenza, chi parla di Genetica, allo stesso modo. Nessuno si può improvvisare in nulla, altrimenti è solo opinione, non è verità scientifica".

"Oggi c'è un grande fermento nei laboratori grazie a queste nuove generazioni di ricercatori che si sono caricate di grandi responsabilità per il fatto che dobbiamo produrre non solo in grandi quantità. Ci sono due momenti fondamentali che devono viaggiare insieme, qualità e quantità. Se noi Italiani dovessimo dire, 'Ma no, la quantità non ci interessa, vogliamo solo la qualità', possiamo già stare sicuri che i Tedeschi stanno già attuando la doppia rotta qualità-quantità e ci supererebbero per l'ennesima volta. Comunque ce la faremo a sfamare anche i nuovi 3 miliardi di persone che abiteranno il pianeta, ne sono matematicamente sicuro".



"Dal Neolitico, la produzione agricola è andata crescendo sempre più e con l'Antica Roma ha raggiunto un picco grazie anche all'invenzione di una tecnologia per la lavorazione dei terreni che abbiamo utilizzato fino a oggi – ha raccontato Stanca – Dal periodo romano a Mendel (ndR: precursore della moderna genetica), quindi in pieno 1800, l'unità di superficie dei terreni non è stata capace di produrre un solo grammo in più. Non c'è stata evoluzione produttiva per 2000 anni circa".

"I nostri avi hanno quindi distrutto l'ambiente per ricavare nuove superfici utili alle colture e per sfamare nei secoli la nuova popolazione", ha descritto Stanca.

"Oggi, grazie al lavoro iniziato da Mendel, siamo in grado di non consumare altra terra – ha rimarcato l'accademico – Noi in Biologia Vegetale ci siamo posti il problema decidendo di recuperare i famosi biotoni, le energie e condizioni ambientali, anche se, allo stesso tempo, dobbiamo dare da mangiare a tanta gente: fra 40 anni saremo 3 miliardi di più. Altrimenti dobbiamo avere già oggi il coraggio di affermare che un miliardo di bambini dovranno morire".

"A me quest'ultima conclusione non piace, non la voglio – ribadisce – Così, se potessi parlare al metro quadrato di terra io gli direi, 'Oggi nel tuo spazio produco 20.000 semi. Se riuscissi a trovare una nuova pianta che mi dia 30.000 semi, tu me la ospiteresti?'. Lui mi risponderebbe, 'Sì, purché non mi insulti'. In breve, dobbiamo lavorare per produrre di più, ma senza avvelenare l'ambiente.



"La sfida che abbiamo dato ai nostri allievi nei laboratori – sottolinea il professore – è quella di arrivare a produrre per miliardi di persone lasciando l'ambiente così come l'abbiamo trovato o di migliorarlo. Non è un compito facile. Per dare da mangiare a dieci miliardi di persone abbiamo bisogno di nuovi genotipi e, in particolare, genotipi di cereali. A tutto questo si aggiunge il problema dello stress vegetale. Sulla Terra, solo il 10 per cento della superficie coltivata è esente da stress. Nel restante 90 per cento la pianta subisce elementi contrari, deve affrontare caldo, siccità, salinità, cambiamenti climatici, vento. Come ridurre l'effetto di questi elementi? Bisogna trovare piante che possano sopportare queste condizioni. La più grande sfida è quella di avere una pianta capace di "mangiare" una molecola d'acqua per convertire e catturare il più alto numero possibile di molecole di anidride carbonica, perché tutti gli zuccheri derivano proprio da questo elemento che alla stessa pianta serve, in un primo momento, per costruire il suo scheletro".



"Oggi la nuova arma è lo studio del genoma – ha continuato il professore – In questi ultimi anni siamo stati capaci di svolgere il complesso gomitolo del Dna, ne abbiamo individuato il dizionario, ma dei 'vocaboli' lì contenuti solo di pochi conosciamo il significato. Molti esperimenti sono stati fatti. Un esempio molto semplice: volevamo studiare l'effetto dei cambiamenti climatici su vegetali. Portammo subito delle piante di orzo da una temperatura di 20 gradi a una di -9. Le piante morirono tutte. Allora procedemmo diversamente. Dal punto di partenza portammo le piante a 4 gradi centigradi per una settimana. Solo dopo le trasferimmo in un ambiente a -9 gradi. Questa seconda volta le piante sopravvissero egregiamente. Il passaggio intermedio attivò un meccanismo dovuto a un gene che in condizioni normali è dormiente".



"L'azione di questo gene è protagonista del processo di acclimatamento, simile a quello dell'uomo quando passa fra ambienti del tutto diversi per temperatura e condizioni climatiche – ha raccontato lo scienziato – Da lì, capito quale era il gene, ne abbiamo cercato e trovato la posizione nel Dna. Sembra facile, a dirlo così, ma il procedimento fu veramente complesso e faticoso, oltre che lungo. Trovato il gene di resistenza a una condizione ambientale, come quello di resistenza a una malattia, si può usarlo. E' quindi possibile inserirlo in una pianta molto produttiva ma cagionevole, in modo da renderla forte. Marker Assisted Selection (MAS), questo il procedimento di selezione".



In breve, è una tecnica di selezione genetica applicata anche alle piante, procedimento che permette di migliorare caratteri d'interesse come produttività, resistenza a stress abiotici e biotici, grazie all'impiego di marcatori molecolari che identificano i geni responsabili di determinate caratteristiche.

"Non ci accontentammo solo di questo episodio naturalmente – ha detto il professore – Un gene per volta non ci bastava. Prendemmo otto genotipi con otto geni particolari. Abbiamo fatto un esperimento riunendo tutti questi geni in un unico genotipo. Fu un grande successo, portato avanti al Sant'Anna di Pisa".

Da qui i primi esempi di costruzione di essenze vegetali con caratteristiche di resistenza e produttività adatte alle esigenze del futuro.



"I geni parlano fra loro e interagiscono con le condizioni esterne – ha concluso Antonio Michele Stanca - Un esempio fra i tanti possibili: come mai in Emilia l'uva Sangiovese produce vino Sangiovese, mentre in Toscana produce il Brunello di Montalcino? Ebbene, un caro amico grazie a uno studio attento, ha individuato 1.500 geni che interagiscono, che caratterizzano quelle uve e, di conseguenza, il prodotto finale: il tutto come risposta alla vita della pianta in luogo piuttosto che in un altro. I geni sono responsabili della differenza fra i due vini. I marcatori, chiedetelo ai famosi venditori di cibo, ci possono dire tutto su quello che acquistiamo e mangiamo. Abbiamo marcatori capaci di rivelare se uno spaghetto è stato fatto con frumento tenero o duro, se una mozzarella è di bufala o di vacca, con quali grani è stato fatto un pane, le origini dei prodotti dell'ortofrutta. La genetica svela tutto".

Autore: G.G. per FreshPlaza
Data di pubblicazione: