Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber

Il perche' della moria del kiwi nel Vercellese

Venerdì 17 febbraio 2017, presso il salone polifunzionale del Comune di Borgo d'Ale si è tenuto un incontro sulla moria del kiwi finalizzato a fornire alcune prime indicazioni ai produttori per evitare il verificarsi di determinate condizioni favorevoli alla moria delle piante.


Da sinistra: Andorno Pier Mauro (sindaco di Borgo d'Ale) e Bondonno Luigi (sindaco di Alice Castello)

Il sindaco di Borgo d'Ale ha moderato l'incontro e, insieme al sindaco di Alice Castello, ha sottolineato l'importanza di lavorare insieme per combattere questa nuova minaccia per il kiwi dopo la batteriosi (causa dell'agente Psa-Pseudomonas syringae pv. actinidiae).

Le stagioni estive 2015 e 2016 hanno fatto registrare temperature elevate e prolungate come non accadeva da decenni. Alcuni impianti di actinidia hanno iniziato a manifestare sintomi di disseccamento su alcune piante, prima in alcune aree del frutteto, per poi interessare l'intero appezzamento. Le zone più colpite in Piemonte sono state inizialmente quelle del Vercellese, Alice Castello e Borgo d'Ale in particolare, ma successivamente anche le zone fra Saluzzo e Pinerolo hanno evidenziato impianti completamente collassati. Il bilancio a fine 2016 era preoccupante: 120 ettari distrutti ad Alice Castello e Borgo d'Ale e poco meno nel Saluzzese. Allarma la continua crescita del fenomeno.


Da sinistra: Gianni Fiuscello e Giacomo Ballari.

Gianni Fiuscello, presidente della cooperativa Borgo Frutta, ha infatti ribadito la questione sul cambiamento climatico: "Noi agricoltori, diversamente da chi sta in ufficio, lavoriamo all'aria aperta; questo significa che siamo quelli che dovremo fare maggiormente i conti con questi cambiamenti, per cui dobbiamo prepararci a questi sbalzi termici repentini in tutte le stagioni, o piogge abbondanti concentrate in breve tempo".

Giacomo Ballari, presidente della Fondazione piemontese Agrion, ha illustrato il lavoro della fondazione: "I ricercatori di Agrion, supportati dal servizio fitosanitario regionale, hanno cercato di definire il quadro della situazione per provare a venire a capo del problema. Il fenomeno è analogo a quanto si è verificato nel Veronese a partire dal 2012, dove oltre 1.200 ettari sono stati colpiti e in buona parte estirpati. Nel 2016 sono state diffuse le prime note tecniche, che mettono in luce alcune cause più importanti e gli interventi agronomici da adottare. Si è formato un gruppo di lavoro, che vede la collaborazione di Agrion con il Settore Fitosanitario, il Crea e l'Università di Torino".

Secondo i relatori, è fondamentale comprendere il problema, che non è una patologia, e non cadere ai richiami di coloro che vogliono a tutti i costi propinare prodotti che non servono!



In Piemonte sono stati condotti i rilievi patologici e le analisi di laboratorio presso il Settore fitosanitario della Regione Piemonte hanno escluso la presenza di agenti patogeni specifici. Si tratta purtroppo di un problema fisiologico, su cui intervengono diverse cause: terreni compattati, temperature elevate che fanno traspirare molta acqua dalle grandi e tenere foglie dell'actinidia, mentre le radici in asfissia non riescono ad assorbire acqua e nutrienti. Bisogna restituire benessere all'apparato radicale, creando le condizioni di un terreno strutturato e drenato, dove le radici si sviluppino in simbiosi con consorzi microbici e micorrizici che ne favoriscano le funzioni. Infine, una irrigazione "non una goccia di più".

Gianfranco Antonietta, tecnico della zona, ha elencato le cause favorevoli alla moria nel vercellese: "I periodi molto piovosi, alternati a grande siccità e a inverno senza gelo; il costipamento del terreno dovuto alle non lavorazioni e al ripetuto passaggio con i mezzi meccanici; volumi irrigui somministrati superiori agli effettivi consumi colturali; piante stressate da presenza di Psa negli anni precedenti; sbilanciamento tra potenzialità produttive dovute a una potatura blanda (per paura di batteriosi) e successivo trattamento con stimolanti della crescita. Tutte queste cause si sommano alle caratteristiche pedologiche dei terreni che, essendo di origine morenica, sono molto diversi: da terreni molto ciottolosi a terreni significativamente limosi, per cui la gestione dell'irrigazione si complica."

I metodi di irrigazioni più utilizzati nel vercellese sono:
  1. irrigazione per sommersione con turnazione settimanale e con 200 litri/sec per 2 ore per ettaro nell'area a valle del Canale d'Ivrea;
  2. irrigazione localizzata tramite impianto consortile di Cigliano- Borgo d'Ale- Villareggia- Moncrivello con una distribuzione di 12-16 litri/pianta in otto ore per 3-5 giorni a settimana.
"Le zone maggiormente colpite sono quelle che si trovano tra il Canale d'Ivrea e il Canale Depretis: l'area interessata si estende dalla zona al limite con il comune di Cigliano a tutto il comune di Alice Castello. Nelle nostre zone, come nelle altre zone d'Italia dove si è manifestato il problema, si è notata una stretta correlazione tra lo sviluppo della malattia e l'uso sconsiderato dell'acqua".

Luca Nari di Agrion ha illustrato alcuni casi nell'areale frutticolo cuneese: "La situazione della moria del kiwi in Piemonte è preoccupante. Dopo le analisi effettuate dal Servizio fitosanitario, possiamo confermare che non vi sono patogeni principali responsabili, ma si tratta di un problema di asfissia radicale a livello del suolo, dove la gestione dell'irrigazione rappresenta il fattore determinante." Dalla relazione di Nari è emerso che, nei casi più critici, i volumi di irrigazione per ettaro erano il doppio di quelli suggeriti.

"L'actinidia, più di altre piante, è esigente in ossigeno per la struttura radicale e la meno capace a sopperire alla richiesta traspirativa – spiega Chiara Morone del Servizio Fitosanitario della Regione Piemonte - per cui non si può più fare come si è sempre fatto. La Morone ha spiegato la fisiologia della pianta e gli ormoni coinvolti in condizioni di stress, dovuti a carenza o a eccesso di acqua a livello dell'apparato radicale. Il clima cambia aumentando gli stress, alcune cognizioni di fisiologia del kiwi dovete impararle anche se siete agricoltori, in quanto poter acquisire alcuni elementi sulla fisiologia della pianta che vi permettono di valutare la bontà di una strategia rispetto ad un'altra".

Graziano Vittone, tecnico di Arion, ha spiegato le pratiche colturali da seguire in caso di impianti nuovi e in atto. In un impianto nuovo, è fondamentale la preparazione del terreno con apporti di sostanza organica, sovescio e baulature; l'impianto di irrigazione deve essere pensato per soddisfare il fabbisogno idrico della coltura in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno; disporre tensiometri nel terreno per verificare l'effettivo stato idrico del terreno, in quanto i sintomi della moria sono simili a quelli delle piante in condizioni di siccità. In un impianto in atto con presenza diffusa di piante collassate è inutile utilizzare prodotti biostimolanti, induttori di resistenza e sostituire le piante colpite. Sicuramente, per prima cosa bisogna fare una valutazione ponderata dei volumi irrigui ed esaminare le condizioni dell'apparato radicale, poi occorre intervenire con erpicatura dell'interfila e assolcatura centrale, mantenere un numero adeguato di rami in rapporto all'effettiva attività potenziale delle radici ed eventualmente impiegare con cautela prodotti fitoregolatori per ripristinare la fisiologia della pianta.



Ballari conclude: "Abbiamo capito che dobbiamo lavorare sull'irrigazione dell'actinidia, tuttavia siamo altrettanto consapevoli che non possiamo passare dall'oggi al domani da un'irrigazione a scorrimento a una localizzata, ma intanto possiamo iniziare a capire quali sono i fabbisogni idrici della pianta in relazione alle caratteristiche del suolo e ragionare su quali accorgimenti adottare, per esempio partendo dai turni irrigui".