Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber

Metaboliti specifici per classificare le mele Granny Smith con diversa gravita' di riscaldo superficiale

Il riscaldo superficiale delle mele è il principale disturbo fisiologico che si sviluppa dopo la conservazione a lungo termine nelle celle frigorifere ed è associato alla rottura dei tessuti immediatamente sotto l'epidermide del frutto. Fattori, quali la cultivar, la stagionalità, la maturità e la durata della conservazione refrigerata, influenzano significativamente il riscaldo superficiale; e alcune cultivar come Granny Smith e Law Rome sono più sensibili di altre, mentre le cultivar Golden Delicious e Royal Gala sono resistenti a questa fisiopatia.

Ricercatori della Stellenbosch University hanno studiato il rapporto fra gravità del riscaldo superficiale e i cambiamenti metabolici all'interno delle mele Granny Smith.


Mele Granny Smith con diversa gravità di riscaldo superficiale.
0= riscaldo superficiale 0%; 1= riscaldo superficiale da 1 a 25%; 2= riscaldo superficiale da 26 a 50%; 3= riscaldo superficiale da 51 a 75%; 4= riscaldo superficiale da 76 a 100%.


Per studiare i cambiamenti metabolici nelle mele Granny Smith con diversi livelli di gravità di riscaldo superficiale, le mele sono state conservate prima all'aria refrigerata normale (0°C, 95% UR) per 12 settimane e poi 7 giorni a temperatura ambiente (20°C, 65% UR). Dopo la conservazione, le mele sono state suddivise in 5 gruppi in base alla gravità del riscaldo superficiale e sono state analizzate per i livelli di etilene, α-farnesene e 6-metil-5-eptene-2-one (MHO).


Scansione laser della buccia di mele Granny Smith con diversa incidenza di riscaldo superficiale.

I livelli delle specie reattive dell'ossigeno (ROS) sono stati misurati mediante microscopio confocale a scansione laser sulla buccia di mela trattata con sonda fluorescente DCFH-DA (2',7'- dichlorodihydrofluorescein diacetate).

"Il tasso di produzione di etilene, i livelli di α-farnesene e di MHO, l'intensità di ROS aumentano all'aumentare del riscaldo superficiale per poi diminuire quando il frutto è gravemente compromesso - spiegano i ricercatori - La concentrazione di malondialdeide (MDA) nella buccia, che è un indicatore del danno della membrana, aumenta linearmente all'aumentare della gravità del riscaldo superficiale".

"Questo studio ha dimostrato che la gravità del riscaldo superficiale non è direttamente correlato ad alcuni metaboliti, associati alla fisiopatia nelle mele Granny smith. Mentre gli aumenti della produzione di etilene, α-farnesene e MHO corrispondono all'insorgenza e alla progressione della gravità, questa relazione non si mantiene nei frutti gravemente danneggiati - continuano i ricercatori - Tuttavia, l'accumulo di ROS, come conseguenza della perdita di integrità della membrana, corrisponde significativamente al livello di gravità del riscaldo con eccezione per le mele gravemente colpite che hanno bassi livelli di ROS.

In generale, l'accumulo di ROS, la produzione di etilene e i livelli di MDA sono i tre attributi che consentono di classificare le mele in 5 gruppi in base alla gravità di riscaldo superficiale.

Fonte: Asanda Mditshwa, Olaniyi A. Fawole, Filicity Vries, Kobus Van Der Merwe, Elke Crouch, Umezuruike Linus Opara, 'Classification of 'Granny Smith' apples with different levels of superficial scald severity based on targeted metabolites and discriminant analysis', 2016, Journal of Applied Botany and Food Quality, Vol. 89, pag. 49 – 55. DOI:10.5073/JABFQ.2016.089.006