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Nuovo attacco di Legambiente all'ortofrutta nazionale

Residui: essere in regola al 98,8 per cento non basta?

"L'agricoltura convenzionale deve fare dei passi avanti per ridurre l'uso della chimica". L'affermazione viene da Lucio Cavazzoni, presidente di Alce Nero, e si accoda agli appelli di Legambiente che ha redatto il dossier stop pesticidi 2017. In pratica, Legambiente dice che frutta e verdura italiana sono in regola per il 98,8% (dati 2015), ma eludendo l'effetto sommatorio.

In altre parole, viene contestato il fatto che su frutta e verdura possano esserci come residui in regola più molecole e queste, sommandosi, andranno a dare problemi di salute. La presidente di Legambiente, Rossella Muroni, ha posto l'accento sugli (eventuali) effetti dannosi di questa sommatoria (cfr. FreshPlaza del 01/02/2017).



Il viceministro Andrea Olivero s'è accodato a queste teorie (guarda il video) affermando che "dobbiamo far crescere cultura sia nel mondo agricolo, sia fra i consumatori. Il mondo agricolo deve sapere che ci sono possibilità alternative a un utilizzo indiscriminato della chimica e c'è la possibilità, oggi, per diventare un partner forte per una natura pulita".

Vada per la presidente di Legambiente, che fa il suo lavoro, vada per il presidente di Alce Nero che porta avanti il biologico, ma da un viceministro ci si aspetterebbe un po' più di correttezza (tecnica, no personale, ovviamente, sulla quale non abbiamo il minimo dubbio).

Il problema è che gli agricoltori non usano fitofarmaci in maniera indiscriminata, anzi, ne usano pochissimi. Non a caso, solo l'1,2% dei campioni è risultato fuori norma. I controlli sono tanti, ma ancor più dei controlli sono i costi a frenare "l'uso indiscriminato". Quale agricoltore ha gusto a spendere tempo e denaro, in gasolio e prodotti, se non in estrema ratio e nelle dosi minime stabilite? Senza dimenticare che l'agricoltore sarebbe due volte vittima di un uso indiscriminato, prima come utilizzatore e poi come consumatore (sì, perché, si sappia, anche gli agricoltori mangiano frutta e verdura, e, in genere, la loro).



Ai vari presidenti di Legambiente, agli operatori del bio, al viceministro, chiediamo allora di educare il consumatore ad accettare prodotti non perfetti, che si mantengono poco, eventualmente colpiti da funghi e insetti e a pagarli allo stesso prezzo, (senza rifiutarli come scarto come avviene oggi). Se riusciranno in questo, non vi saranno più multiresidui, gli agricoltori avranno la giusta remunerazione, risparmieranno tempo, non dovranno più sostenere estenuanti corsi di formazione. Ma i consumatori saranno poi altrettanto contenti?