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L'avvocato Gualtiero Roveda ritiene indispensabile chiarirne alcuni aspetti

Caporalato: fatta la legge, e' ora di rivederla

La legge sul caporalato, approvata l'agosto scorso, ha suscitato molta preoccupazione tra gli imprenditori. Il tema è stato oggetto di approfondimento nel corso della recente Assemblea di Fruitimprese Veneto (cfr. articolo su FreshPlaza del 15/12/2016), nonché di un convegno a Rutigliano (cfr. notizia correlata).

Nell'occasione dell'incontro in Veneto è stato fermamente ribadito, a scanso di equivoci, che non si critica l'intendimento etico-politico del legislatore di perseguire il lavoro nero e lo sfruttamento dei lavoratori. Il fenomeno è di dimensioni troppo estese per poter essere ignorato. La civiltà giuridica e la sensibilità sociale, maturate nel nostro Paese, impongono di difendere con risolutezza la dignità dei lavoratori e delle persone che più sono esposte a forme odiose di sfruttamento.


L'avvocato Gualtiero Roveda

Ciò che non convince è il testo normativo che modifica in maniera sostanziale l'articolo 603 bis del codice penale (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), riformulando il reato di caporalato e allargando le maglie della responsabilità al datore di lavoro. Secondo insigni giuslavoristi, infatti, la tecnica legislativa utilizzata è caratterizzata da un'eccessiva genericità, non ammissibile per una disposizione di carattere penale.

Chiediamo all'avvocato Gualtiero Roveda, relatore al convegno di Fruitimprese, di chiarire gli aspetti della nuova normativa che più impensieriscono gli operatori.

"La norma - dice Roveda - punisce chi "sottopone i lavoratori a condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno". Il concetto è generico. E' vero che nel testo normativo sono anche individuati degli "indici" di sfruttamento destinati a rendere la definizione meglio determinata, quali retribuzione, condizioni di lavoro, condizioni abitative".

 

"Tuttavia questi elementi sono indicati come non necessari affinché si configuri il reato, ma solo come tratti descrittivi, la cui presenza nel caso concreto può contribuire al configurarsi del reato, ma non è indispensabile".

"Questa tecnica definitoria della norma - continua Roveda - determina difficoltà operative tra gli organi di vigilanza competenti che debbono segnalare le notizie di reato alla procura della Repubblica e lascia al giudice un'ampia discrezionalità nella valutazione, con l'incertezza che inevitabilmente ne consegue. Anche il riferimento allo stato di bisogno del lavoratore sfruttato non è un elemento cui possa attribuirsi una valenza definitoria apprezzabile, dal momento che quasi tutti i lavoratori hanno bisogno di lavorare per vivere".

FreshPlaza (FP): Pare di capire che la critica mossa al provvedimento normativo è quella di avere elementi di incertezza in apparente contrasto con i principi fondanti dello Stato liberale.
Gualtiero Roveda (GR): E' corretto. La legge è concepita negli ordinamenti moderni come un atto normativo, contenente esclusivamente enunciati prescrittivi generali, astratti e caratterizzati da un contenuto non generico.

FP: La preoccupazione degli imprenditori è, pertanto, giustificata?

GR: A mio giudizio vi è la necessità di riformare il provvedimento declinandolo in una forma più corretta sul piano costituzionale. Ciò nonostante mi sento di rassicurare gli operatori circa le possibilità di difesa da errori o arbitri nell'applicazione della legge in questione.

FP: Sulla base di quali elementi?
GR: Facendo ricorso ai principi generali del nostro Ordinamento. Quando il senso letterale delle parole di una legge non è preciso e dà luogo a dubbi interpretativi, come nel caso in esame, l'interpretazione letterale deve essere integrata dall'interpretazione logica che deve prendere in considerazione l'intenzione del legislatore.

Nei lavori preparatori della Camera dei Deputati, messi a disposizione da Fruitimprese, si legge testualmente nell'Ordine del giorno della seduta del 18 ottobre 2016, a firma Walter Verdini che "la nozione di sfruttamento implica concettualmente una compressione, meglio: una violazione, temporalmente apprezzabile dei beni interessi tutelati. Non si sfrutta il lavoratore con un unico singolo atto, ma attraverso condotte che ne conculcano per una durata significativa i diritti fondamentali che vengono in gioco nel momento in cui viene prestata all'attività lavorativa. Occorre che la condotta del datore di lavoro si sviluppi nel tempo, che integri, appunto, una situazione di fatto duratura."

In ordine allo stato di bisogno è stato evidenziato che "specularmente alla nozione di sfruttamento, quella di stato di bisogno non si identifica, secondo l'interpretazione offerta anche dalla giurisprudenza, in particolare con riferimento alla circostanza aggravante del delitto di usura, con il bisogno di lavorare per vivere, ma presuppone uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile che, pur non annientando in modo assoluto qualunque libertà di scelta, comporta un impellente assillo, tale da compromettere fortemente la libertà contrattuale della persona".

Per quanto riguarda l'elencazione degli indici di sfruttamento è stato altresì specificato che "essa è diretta ad agevolare i compiti ricostruttivi del giudice orientando l'indagine e l'accertamento in quei settori che rappresentano gli ambiti privilegiati di emersione di condotte di sfruttamento e di approfittamento, senza tuttavia tradursi in elementi costitutivi della condotta, come invece lo è lo sfruttamento".

In ragione di quanto evidenziato la Camera dei Deputati con l'ordine del giorno in esame ha impegnato il Governo "ad adottare tutte le misure necessarie affinché siano previste linee guida volte a indicare, per tutto il territorio nazionale, criteri obiettivi ed omogenei in base ai quali gli organi di vigilanza competenti sono chiamati ad accertare le violazioni al nuovo articolo 603 bis del codice penale".