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Le decisioni prese a Bruxelles hanno penalizzato i prodotti italiani?

Ragusano, agricoltori delusi e arrabbiati: l'oro rosso ormai svalutato

"E' tutto abbandonato: non stiamo raccogliendo perché non c'è un riscontro di mercato e non effettuiamo neanche le operazioni necessarie per portare le piante a produzione". E' cominciato con il commento di un produttore di pomodori dell'area di Marina di Ragusa il servizio di "Dalla vostra parte", il programma di approfondimento del Tg4, andato in onda lo scorso 17 giugno.

E' da inizio anno che FreshPlaza tratta la questione (cfr. FreshPlaza del 08/02/2016). Prodotto emblematico della crisi di redditività è il pomodoro, ma anche le altre principali colture orticole, per via di prezzi di vendita inferiori agli effettivi costi di produzione.



Con l'apertura dei mercati ai prodotti nordafricani e quindi l'abolizione dei relativi dazi, le produzioni estere sono state vendute a prezzi stracciati, e ai produttori siciliani non è rimasto che bloccare il lavoro di una vita. "La stessa merce che viene importata da altri Paesi noi l'abbiamo già, ma non riusciamo a venderla. Per produrre i nostri pomodori abbiamo bisogno di circa un euro; in media, nel corso di quest'annata, abbiamo commercializzato il prodotto a 0,40-0,50 euro/kg, con punte minime anche di 0,30 euro/kg. Vorremmo un'Europa equa e che desse a tutti le stesse possibilità".

"E' davvero triste - ha lamentato un altro produttore - Lavoriamo con amore e passione e, alla fine, le nostre produzioni non vengono valorizzate".

Nel Ragusano, circa 4.000 aziende producono pomodori per 11 mesi l'anno. O almeno producevano. Perché molte aziende sono a rischio chiusura. "Arriveremo sicuramente al punto di chiudere la nostra partita Iva e lavorare in nero. Quello che conta è sopravvivere. L'Europa doveva darci una spinta in più e invece ormai non raccogliamo più. Vediamo i nostri pomodori e peperoni, le nostre melanzane e zucchine marcire a terra".



Le politiche europee starebbero quindi mettendo in ginocchio i produttori. E i politici nazionali si rimpallano le colpe a destra e a sinistra, facendo una figura barbina, a detta degli ascoltatori.

Intervenendo, Gianfranco Librandi (nella foto sotto a destra) ha dichiarato: "Da quando siamo entrati nell'Euro, sono stati risparmiati 600 miliardi sugli interessi sui titoli di Stato, quindi l'Europa rappresenta l'unica strada per avere serenità sui mercati. Per quanto riguarda l'agricoltura, il problema sussiste, ma la Comunità europea può solo aiutare i nostri coltivatori a riconvertire le produzioni e a differenziarle".

"Con quali soldi?" è la domanda scaturita spontanea da parte dei presenti.

"Il mercato agricolo è quello più aiutato - ha incalzato l'esponente politico al governo - Alla concorrenza bisogna reagire. Gli agricoltori e gli imprenditori devono trovare insieme ai politici una maniera per reagire". E in merito all'abolizione dei dazi sui prodotti nordafricani, Librandi ha commentato: "A me risulta che la principale concorrenza arrivi dalle produzioni europee, Spagna e Grecia in primis".



"C'è una precisa scelta del governo italiano di massacrare l'agricoltura nazionale - ha sostenuto invece Matteo Salvini (a sinistra nella foto in alto) - che era e può tornare a essere una delle migliori del mondo. Innanzitutto, dovremmo difendere il Made in Italy con la reintroduzione di dazi atti a proteggere i nostri prodotti agricoli, per via della concorrenza sleale. Secondo punto: cooperative e supermercati strangolano gli agricoltori, imponendo i prezzi. Un Ministro dell'Agricoltura normale convocherebbe domani stesso la Grande distribuzione per far sì che gli agricoltori vengano pagati un minimo, in modo da rientrare nei costi. Terzo ragionamento: l'anno scorso i tre Paesi che sono cresciuti più di tutti sono stati Gran Bretagna, Polonia e Ungheria, guarda caso proprio tre nazioni che non hanno l'Euro. Non è che l'UE aiuta pochi e massacra molti?".



La parola è toccata infine ai produttori: "Il problema non sono i dazi, perché ci rendiamo conto che siamo in un Mercato Unico. Non c'è dubbio, però, che dobbiamo essere messi sullo stesso piano. Gli accordi euro-mediterranei sono stati siglati senza tenere conto dell'impatto economico sulle nostre aziende. Quindi il governo deve invocare le norme di salvaguardia e applicarle. Inoltre chiediamo reciprocità nei rapporti: non è possibile che la merce in arrivo da Paesi extra-UE non abbia gli stessi controlli a tutti i livelli, in particolare fitosanitari, o non debba adeguarsi a rigidi disciplinari, cui invece noi siamo sottoposti, come è giusto che sia".