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Di Rossella Gigli

Stretta tra l'incudine e il martello, l'ortofrutta italiana ha una sola strada da percorrere

Dobbiamo prenderne atto: il tempo in cui le produzioni ortofrutticole italiane arrivavano in mezzo mondo, attese e remunerate come delizie preziose e incomparabili, è ormai tramontato. L'offerta si è ampliata nel corso dei decenni, gli attori presenti sul mercato si sono moltiplicati e quello che un tempo era unico, oggi è ovunque replicato e "massificato".

Le conseguenze sono ben note: tranne momenti di minore disponibilità di taluni prodotti, le principali tipicità ortofrutticole italiane incontrano difficoltà crescenti a spuntare un'adeguata remunerazione. La "commodizzazione", cioè l'appiattimento verso il basso di un'offerta ortofrutticola standardizzata e indistinguibile, appare un fenomeno quasi irreversibile.

All'orizzonte, poi, si staglia una nuova prospettiva - ancora solo agli albori - nei confronti della quale il nostro Paese si troverà del tutto impreparato: quella di produzioni ortofrutticole ad elevatissimo contenuto bio-tecnologico, cioè dotate di tratti genetici superiori e finora solo accennati dalle nuove proposte di mele o patate che non imbruniscono, di colture resistenti a stress idrici e fitopatie, di frutti e ortaggi trasformati in super-food con proprietà nutraceutiche e perfino medicinali.

Si intuisce fin d'ora che, calato dall'alto di una ricerca scientifica che noi abbiamo ideologicamente rifiutato, questo sviluppo futuro potrebbe costituire il martello che colpirà ancor più l'offerta italiana, già schiacciata sull'incudine della massificazione.

La strada percorribile appare dunque una soltanto, quella virtuosa. Cioè quella che porta a collegare le produzioni ortofrutticole italiane a valori forse apparentemente immateriali e intangibili, ma che hanno invece ricadute concrete, riconoscibili, distintive e con una portata ad ampio spettro, anche nel percepito del consumatore.

Collegare la produzione di frutta e verdura al nostro patrimonio ambientale e artistico, per esempio, oppure agli aspetti etici e sociali, come nelle storie che raccontiamo anche su FreshPlaza e che parlano di sostenibilità, solidarietà, aiuto concreto alla collettività, benessere delle persone e tutela della natura (si chiami essa agricoltura biologica o biodiversità).

Un quadro in cui non c'è spazio per sotterfugi e irregolarità, per scorciatoie o scarsa trasparenza, perché se perderemo anche questa occasione per fare la differenza, il mercato - e la Storia - non ci perdoneranno. E allora, almeno facciamo di necessità virtù.