Smarcarsi dal caporale prima che sia troppo tardi: il caso del pomodoro da industria
Lo abbiamo già scritto lo scorso dicembre 2015: importatori e distributori stranieri attribuiscono una grande importanza alla responsabilità etica delle imprese; lo sfruttamento della manodopera migrante in Italia potrebbe dunque farci perdere ingentissime commesse all'estero.
In gioco ci sono, solo verso Norvegia, Danimarca e Gran Bretagna - paesi importatori con i quali la filiera del trasformato aveva avviato il progetto "Pomodori dall'Italia" (cfr. FreshPlaza del 15/12/2015) - 347 milioni di dollari (dati 2014), il 17,5% dell'export italiano di pomodoro. E gli effetti si sono visti anche nelle recenti deliberazioni anti-dumping da parte delle autorità australiane (cfr. FreshPlaza del 15/02/2016).
In quest'ultimo caso, oltre alle ragioni di tipo "protezionistico", hanno giocato proprio le questioni etiche. Reg Weine, l'amministratore delegato della SPC Ardmona, il produttore di alimenti trasformati che si è appellato al Governo australiano contro i pomodori in scatola italiani, ha rilasciato pesanti dichiarazioni: "(L'applicazione delle misure anti-dumping) è una vittoria per i nostri produttori e per l'industria australiana, che deve fronteggiare la pressione giornaliera da parte di importazioni a basso costo fatte da chi prende scorciatoie e mette la schiavitù dentro un barattolo - ha detto, rimarcando - I recenti rapporti sullo sfruttamento della manodopera impiegata nel settore italiano del pomodoro da industria e il coinvolgimento della mafia sono scioccanti. Gli Australiani hanno bisogno di sapere da dove proviene il loro cibo e se sia prodotto in modo etico".
Una completa strumentalizzazione, insomma, a danno delle imprese italiane: ma non si dovrebbe dare a nessuno la possibilità di dire cose simili nei confronti del nostro Paese.
Quanto tutte queste diffidenze e queste penalizzazioni nei confronti del prodotto italiano da parte di importanti mercati esteri si siano riflesse anche nelle attuali, faticose trattative nazionali sui prezzi del pomodoro da industria, non è dato sapere. Quei centesimi che non tornano negli accordi potrebbero tuttavia rappresentare il riflesso di ben altre difficoltà.
Bene, dunque, l'appello odierno dell'ANICAV sulla necessità di una filiera etica e sostenibile tra le azioni proposte per un progetto organico di sviluppo e valorizzazione del settore italiano del pomodoro da industria (vedi articolo correlato).