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Da qui al 2100 assisteremo a una 'rivoluzione' delle terre coltivabili: saranno di piu', ma meno fertili

Il riscaldamento globale crescera' piu' velocemente del previsto: lo rivela una ricerca svedese

Mentre a Parigi è in corso COP21, la conferenza mondiale sul clima, sul tavolo mondiale cala una carta di quelle pesanti: come riporta Science Daily infatti siamo di fatto entrati in una spirale tale, per cui il riscaldamento globale crescerà più velocemente delle aspettative.

La produzione dei gas serra, quelli responsabili in buona sostanza dell'aumento globale delle temperature, proviene sì dall'uomo, ma anche dalla natura stessa, attraverso emissioni naturali di metano. Non è certo una novità, ma un recente studio condotto dall'Università di Linkoping (Svezia) dimostra che la produzione naturale di gas serra è in aumento, e che quest'ultimo è da collegare allo stesso aumento delle temperature.

I ricercatori hanno monitorato le emissioni di gas provenienti da tre laghi diversi, rilevando come l'aumento delle temperature, registrato da 15 a 20 gradi Centigradi, abbia portato al raddoppio delle emissioni.


Seguendo il trend attuale, da qui al 2050 le emissioni in atmosfera di gas serra da parte dell'agricoltura, della silvicolture e della pesca aumenteranno del 30% (Fonte FAO)

Questo dato delinea un futuro ancora più a tinte fosche, perché se finora era chiaro e prevedibile l'impatto dell'Uomo sulle produzioni di gas serra (una recente infografica della FAO segnala come dal 1965 a oggi la produzione di questi gas dall'agricoltura, dalla silvicoltura e dalla pesca, sia raddoppiata, mentre da qui al 2050 aumenterà di un altro 30%), così non era per quello della Natura.

A voler guardare per forza il bicchiere mezzo pieno, una buona notizia nella ricerca dell'Università svedese la possiamo trovare. Limitare la produzione umana di gas serra avrebbe un doppio effetto benefico: per prima cosa diminuirebbe l'immissione diretta in atmosfera di questi gas, ma pure, secondo, si invertirebbe (o quantomeno si attenuerebbe) l'aumento della produzione di gas serra naturali.

Tra le azioni che si possono intraprendere per abbattere la produzione umana di gas serra e intervenire sul climate change, la FAO punta anche su una migliore gestione del suolo agricolo: "Se il suolo è gestito male o coltivato usando tecniche agricole insostenibili - riporta l'organismo delle Nazioni Unite - il carbonio presente può essere rilasciato in atmosfera sotto forma di anidride carbonica, la quale può contribuire al cambiamento climatico". Questo al netto dell'impoverimento che si regista nella terra, come denunciato da più parti, tanto che il 2015 è stato dichiarato Anno Internazionale del Suolo.

"Quando gestito invece in maniera sostenibile - continua la FAO - il suolo può giocare un ruolo importante nella mitigazione del cambiamento climatico attraverso il sequestro di carbonio e riducendo l'emissione di gas serra in atmosfera. Ripristinando suoli degradati e adottando pratiche di conservazione c'è una maggiore possibilità di ridurre le emissioni di gas serra da parte dell'agricoltura, di accrescere il sequestro di carbonio e di costruire una resistenza ai cambiamenti climatici".

Se (e giustamente) la FAO parla delle pratiche per ridurre il cambiamento climatico, la domanda viene quasi spontanea: cosa accadrebbe se l'attuale tendenza non venisse invertita o quantomeno ridotta? Una possibile risposta tenta di darla How We Get To Next, un sito d'informazione specializzato 'nel mondo che sarà' e supportato anche dalla Gates Foundation. Nei giorni scorsi il sito ha infatti pubblicato una mappa (vedi sotto) basata sul lavoro portato avanti da Wolfram Mauser e dal suo team alla Ludwig-Maximilian's University di Monaco (Germania), nel 2014.



La mappa che, al netto dell'attuale cambiamento climatico, descrive il mondo nel 2100 tra nuove aree coltivabili e aree che oggi lo sono e ma che non lo saranno più. Clicca qui per consultare la mappa a dimensioni maggiori (Fonte foto How We Get To Next)

La mappa è una rappresentazione di come sarà la Terra nel 2100, individuando quelle che diventeranno, a seguito appunto dei cambiamenti climatici, le nuove aree coltivabili e quelle che invece non lo saranno più. Interessante notare come, nella rappresentazione, una buona parte dell'area mediterranea non sarà più coltivabile, Italia, Spagna, Francia e Grecia comprese. Se le previsioni di Mauser e colleghi dovessero rivelarsi corrette il risultato sarà, come riporta How We Get To Next, una superficie di terra coltivabile (tra nuove aree coltivabili e quelle che lo sono rimaste da qui al 2100) maggiore di quella attuale, ma meno produttiva perché meno fertile.

Rielaborazione FreshPlaza su varie fonti.