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Di Rossella Gigli

I contadini non dovrebbero fallire, anzi dovrebbero guadagnare molto di piu'

Due articoli apparsi quest'estate innescano interessanti riflessioni sul valore del lavoro agricolo primario, sul suo ruolo globale e sulla necessità di difenderlo anche economicamente.

Un primo approfondimento (dal titolo "Ciro Lenti ci spiega i debiti dei contadini") è apparso a firma di Massimo Massari sul notiziario opinione.it. Il giornalista ha intervistato il Prof. Ciro Lenti, presidente di Sicea, società che opera nel campo della mediazione per la risoluzione delle controversie civili e commerciali con modalità alternative a quelle della giustizia ordinaria.

Nell'intervista si sottolinea come le indagini di varie associazioni dimostrino che più del 90% degli imprenditori italiani meriterebbero di non fallire, e che il loro debito potrebbe essere reso più sopportabile. Il settore che meno merita di finire nelle sezioni fallimentari è proprio quello agricolo. E ciò è stato dimostrato, dati alla mano, durante il convegno romano del 16 luglio 2015, patrocinato dalla Cia (Confederazione italiana degli agricoltori).

Purtroppo, recenti statistiche, come quelle dello Svimez, dipingono un quadro assai più sconfortante rispetto alla teoria: emerge per esempio che nel Sud la piccola proprietà contadina starebbe morendo, anzi starebbe messa peggio di quanto non accada in Grecia.

La questione dei debiti
Il contadino italiano è spesso ingiustamente accusato di non pagare le multe comminate da consorzi di bonifica o enti locali, di operare furbescamente con i contributi, di essere un malpagatore cronico: tutte storie degli ultimi anni, perché non possiamo dimenticare quanto il risparmio della famiglia contadina abbia contribuito alla crescita dell'Italia.

L'articolo intende ricordare quali strumenti giuridici sussistono per scongiurare la tragedia del fallimento: andrebbe perlomeno risolta la scarsa informazione istituzionale circa l'applicazione della legge 3 del 2012 (quella sulla riduzione del debito degli imprenditori meritevoli di non fallire, cosiddetta "salva-suicidi").

Sconosciuta alla stragrande maggioranza degli Italiani, la "salva-suicidi" concede ai privati (artigiani, agricoltori, commercianti, ecc.) in situazione di effettiva difficoltà economica (che quindi non sono in grado di ripagare i propri debiti nei confronti sia di Equitalia che delle banche) la possibilità di rivolgersi al Tribunale.

Quest'ultimo, una volta accettata la proposta del debitore, nominerà un esperto contabile che analizzerà i conti (debiti e averi) del cittadino o del singolo imprenditore e lo aiuterà a mettere in atto un "piano di rientro" creditizio.

I creditori, dall'altra parte, non riceveranno l'intera somma cui hanno diritto, ma solo la parte che realisticamente il debitore può permettersi di pagare. Condizione perché il piano di rientro venga avviato è che esso venga accettato da almeno il 60% di chi deve ricevere i soldi.

Successivamente, la norma ha integrato la possibilità, anche per i privati cittadini, di dichiarare fallimento.

La questione dei redditi
A firma di Armando Mombelli è apparsa invece sul notiziario swissinfo.ch un'intervista (dal titolo "Perché un contadino non guadagna più di un avvocato?") al presidente della fondazione Biovision e del Millennium Institute di Washington, l'entomologo e biologo svizzero Hans Rudolf Herren, il quale ha partecipato a varie conferenze in occasione di Expo 2015.

Egli si è detto ottimista sulla possibilità di nutrire il pianeta nei prossimi decenni, sottolineando che già oggi c'è cibo a sufficienza per nutrire anche 10 o 12 miliardi di persone. Il problema semmai risiede nella scarsa valorizzazione del lavoro dei piccoli contadini. Soprattutto nei paesi del Sud del mondo, infatti, il potenziale produttivo non è pienamente espresso. Ciò spiega perché ancora 800 milioni di persone patiscano la fame, mentre oltre 1 miliardo e mezzo sono obese; si tratta innanzitutto di riequilibrare il sistema agroalimentare ed economico mondiale.

Secondo Herren: "Ciò di cui abbiamo bisogno è una maggiore complessità a livello agroalimentare. Dobbiamo sostenere un'agricoltura su piccola scala, biologica e diversificata, con una maggiore produzione di legumi e di frutta. Per fare questo, soprattutto nei paesi del Sud, bisogna compiere gli sforzi necessari per dare ai contadini una formazione, i mezzi di produzione, l'accesso alla terra e al mercato".

"E poi bisogna valorizzare il loro lavoro, affinché possano uscire dalla povertà. E questo non solo nei paesi del Sud. Anche in Svizzera, per esempio, molti contadini stentano a tirare avanti e abbandonano le loro aziende agricole. I prezzi attuali dei prodotti alimentari non corrispondono al loro valore reale. Dato che il cibo è vitale per tutti noi, perché un contadino non dovrebbe guadagnare più di un avvocato o un ingegnere? Il contadino svolge un lavoro sicuramente più importante".