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Coldiretti Forli'-Cesena: in 15 anni dimezzati gli ettari coltivati a frutteto

In 15 anni gli ettari coltivati a frutteto in provincia di Forlì-Cesena sono quasi dimezzati passando dagli oltre 13.000 del 2000 agli attuali 7.800. In particolare, sulla base dei dati Istat, salta all'occhio la scomparsa di oltre 2.000 ettari di superficie investita a pesco (dai 4.757 del 2000 agli attuali 2.323). In calo anche le coltivazioni di albicocche (da 1.518 a 1.167 ettari), nettarine (2.058 contro i 3.315 ettari del 2000), pere (da 508 a 314) e mele (da 556 a 291) e kiwi (da 676 a 617).

"Dati allarmanti che - sottolinea Coldiretti Forlì-Cesena - non si distaccano dall'andamento nazionale con il frutteto italiano diminuito di un terzo (-33%) negli ultimi quindici anni (scomparsi oltre 140 mila ettari di piante di pesche, albicocche, mele, pere, e altri frutti - cfr. FreshPlaza del 21/05/2015). L'Italia, dunque, rischia di perdere il primato europeo nella produzione di una delle componenti base della dieta mediterranea. Le cause del 'disboscamento' del frutteto italiano e locale sono molteplici. In primis il crollo dei prezzi pagati agli agricoltori che non riescono più a coprire neanche i costi di produzione. I tagli più consistenti -hanno interessato pere (-41%), pesche e nettarine (-39%), mele (-27%)".

Poi c'è un altro fattore che pesa e parecchio, ossia il crollo dei consumi a livello familiare, con l'acquisto medio di frutta per famiglia acquirente che è passato in Italia da 244 chili annui del 2000 a circa 178 chili del 2014, con un taglio del 27%: "Occorre intervenire per promuovere i consumi sul mercato interno e per sostenere le esportazioni, che in quantità sono rimaste pressoché le stesse di quindici anni fa. Ci sono infatti segnali positivi di ripresa dell'economia che - sottolinea Tramonti - non vanno sottovalutati, come l'inversione di tendenza nei consumi di frutta in Italia del 4% nella grande distribuzione organizzata nel primo trimestre del 2015, che non si registrava dall'inizio della crisi, mentre opportunità possono venire anche dall'estero per il tasso di cambio favorevole".

"Serve però - conclude Tramonti - anche rimuovere gli ostacoli strutturali che determinano uno svantaggio competitivo per le nostre imprese, con regole armonizzate sulle importazioni dall'estero dove spesso vengono utilizzati prodotti chimici vietati in Italia, controlli qualitativi più stringenti anche sulla reale provenienza della frutta posta in vendita".
Data di pubblicazione: