Secondo il World Resources Institute, già per nutrire 9 miliardi di persone (sono queste le cifre stimate per il 2050), sarà necessario un aumento del 60% della produzione di cibo.
Per riuscirci si potrebbe partire, così come sostiene uno studio condotto nel 2014 dall'Istituto per l'Ambiente presso l'Università del Minnesota, da regioni specifiche. L'idea è quella di concentrarsi su 17 colture chiave che complessivamente possano produrre l'86% dell’intero fabbisogno calorico mondiale.
Il rapporto mostra anche come la collaborazione tra Fondazioni, Governi e imprese possa aiutare gli agricoltori ad aumentare la produttività e, allo stesso tempo, proteggere l'ambiente, in particolare dall'azoto che danneggia le falde acquifere di acqua dolce.
Secondo il rapporto, Cina, India, Stati Uniti d'America, Brasile, Indonesia, Pakistan ed Europa sono i luoghi su cui si deve lavorare di più.
Tra le priorità d'azione, per prima cosa si deve rendere l'agricoltura più efficiente. Si potrebbe iniziare cercando di ridurre gli impatti negativi derivanti dalle condizioni climatiche e proseguire migliorando i sistemi di concimazione e irrigazione delle colture.
In base al suddetto rapporto, l'agricoltura è responsabile dal 20 al 35% delle emissioni di gas a effetto serra e, a livello globale; inoltre, ben il 60% dei trattamenti a base di azoto e il 50% delle pratiche di fertilizzazione con utilizzo di fosforo non sono necessarie.
Cina, India e Stati Uniti d'America sono responsabili del 66% dell'azoto e del fosforo in eccesso. Sembra inoltre possibile ridurre l'utilizzo dell'acqua senza andare a compromettere la produzione alimentare. Al momento, la maggior perdita di acqua vine registrata in India e in Cina.
Un altro importante aspetto su cui sarebbe possibile puntare riguarda la riduzione dei rifiuti. Per rendersi conto dell'enorme spreco in atto basta guardare all'India che, a causa della mancanza di idonei impianti di refrigerazione, perde ben il 40% di frutta e verdura coltivati prima ancora che il prodotto arrivi ad essere venduto. Il Pakistan perde, invece, il 16% delle produzioni a causa delle massicce infestazioni di roditori. E' difficile crederlo, ma ben il 25% del cibo prodotto in tutto il mondo viene perduto e sprecato.
Per evitare ciò bisognerebbe:
- Migliorare gli impianti di stoccaggio nelle aziende agricole africane e asiatiche. Ad esempio, mettendo semplicemente i prodotti all'interno di sacchetti di plastica, si riuscirebbe a mantenere lontani i parassiti.
- Rivedere le date di scadenza degli alimenti confezionati utilizzate nei Paesi sviluppati.
- Mangiare il cibo anche se esteticamente appare "brutto" e poco attraente. Nel mese di marzo, per esempio, la catena di supermercati canadese Loblaw ha iniziato a vendere le cosiddette patate e mele "brutte" con uno sconto del 30% per frenare lo spreco alimentare che nel Paese raggiunge i 30 miliardi di dollari l'anno.
- Affrontare la spesa derivante dallo spreco dei rifiuti alimentari che ogni anno raggiunge 32 milioni di tonnellate con un costo, per i Governi locali, di 1,5 miliardi di dollari l'anno.
Oggi l'agricoltura è in realtà molto più high-tech di quanto la maggior parte di noi possa pensare. Gli agricoltori di oggi sono dotati di sensori, droni, immagini aeree, applicazioni mobili, telematiche e analisi in tempo reale. Sarebbe necessario lavorare al fine di espandere queste tecnologie e gestire i cosiddetti Big Data creando delle enormi banche dati di informazioni cui tutti gli addetti del settore possano aver accesso. Solo così sarà possibile rendere l'agricoltura più efficiente.
Rielaborazione FreshPlaza su fonte: www.huffingtonpost.com